Via Castromarino, rabbia degli sfollati non risarciti «Situazione assurda». Silenzio da parte della ditta

«Siamo davanti a una situazione veramente assurda. I miei vicini sono stati risarciti, mentre noi del palazzo di fronte a quello crollato siamo ancora esclusi». Sono passati due anni dal crollo di via Castromarino, nello storico quartiere Antico corso. Il 20 gennaio del 2020 si era formata una voragine in prossimità del cantiere per la linea della metropolitana Plebiscito-Fontanarossa. Un burrone che ancora oggi non è stato sanato. Insieme alla voragine sono rimaste le istanze sollevate da alcuni residenti che, dopo il risarcimento dello scorso dicembre da parte della Cmc di Ravenna che esegue i lavori per  la metropolitana, sono rimasti fuori dalla trattativa pur avendo subito ripercussioni alle loro abitazioni. La ditta, dopo alcune vicende finite in tribunale, ha deciso di acquistare il palazzo crollato di via Castromarino per poi abbatterlo completamente e proseguire i lavori. Dall’altro lato, parte degli inquilini delle case interessate dal crollo si ritrovano senza casa e non coinvolti nella trattativa. «Ci sono famiglie con anziani e minori. C’è gente che oltre al mutuo per queste case, attualmente inagibili, è costretta a pagare altri affitti – afferma Oriana Caraleso, una delle residenti – Per mesi abbiamo dormito nei sacchi a pelo. Il palazzo in cui abitavo è il prosieguo di quello crollato, su via Plebiscito ci sono tre edifici che sporgono sul burrone, ma per la ditta evidentemente possono restare così come sono. I miei vicini sono stati risarciti, noi no. Nel frattempo dobbiamo difenderci dai possibili furti, ma non possiamo entrare negli appartamenti perché ci è vietato. In tutto ciò i vicini sono stati risarciti e noi invece no».

Dopo aver portato avanti il risarcimento, la Cmc di Ravenna avrebbe già ripreso le operazioni nel cantiere. E, sempre da quanto affermato dai residenti, proprio negli ultimi giorni alcuni di loro che erano andati a sincerarsi delle condizioni degli immobili sarebbero stati allontanati bruscamente da qualche addetto ai lavori. Intanto, se da un lato il cantiere sembra riprendere a due anni dal crollo, dall’altro lato ci sono le vicende giudiziarie. A poche settimane dall’evento, dopo una prima consulenza tecnica da parte del tribunale, arriva anche quella richiesta dalla stessa ditta che chiede un accertamento tecnico d’ufficio. Dopo gli esami e l’istanza presentata dai legali dei residenti alla corte suprema compaiono nel registro degli indagati Giampiero Pavoni e Antonino Pulejo, rispettivamente direttore tecnico della società concessionaria dei lavori e il responsabile di Cmc. Ma, con il dissequestro dell’area, il 23 ottobre 2021 arriva la richiesta di archiviazione del procedimento. «Ci siamo opposti all’archiviazione – afferma il legale Giuseppe Lipera, che assiste i residenti – il prossimo 25 gennaio saremo davanti al gip, sperando che si faccia un passo indietro e venga fatta giustizia. Nelle condizioni in cui versa l’area, inoltre, è impossibile far ripartire il cantiere». La zona di via Antico Corso, dove si trovano gli immobili, sarebbe una zona idrogeologicamente delicata: oltre a esserci delle cave di sabbia, nel sottosuolo scorre il fiume Amenano. 

Adesso i residenti chiedono giustizia e attendono i prossimi passaggi giuridici, nel frattempo la Cmc, contattata da questo giornale per una replica, preferisce non rilasciare di dichiarazioni. «Noi abbiamo trascorso un Natale in condizioni disperate. Davanti a tutto questo il sindaco ci ha detto che per rendere agibili gli immobili dovevamo intervenire a nostre spese – conclude la residente – Da un lato la Cmc risarcisce alcuni di noi, dall’altro afferma di non avere nessuna colpa dell’accaduto e che la questione di noi esclusi non li riguarda, perché a loro interessa solo continuare questi lavori».


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