A rinvigorire la querelle giudiziaria e non, stavolta, è l'avvio dei lavori nel vano scala dell'edificio di cui la ditta di costruzioni ha acquisito metà degli appartamenti crollati. «Cantiere non autorizzato», attaccano gli inquilini. Arriva la precisazione della ditta
Via Castromarino, i residenti presentano esposto alla procura «Un altro atteggiamento scorretto della ditta di costruzioni»
Il ricordo della notte a cavallo tra il 19 e il 20 gennaio 2020 ritorna prepotentemente nella mente degli sfollati di via Castromarino, costretti ad abbandonare le proprie abitazioni per il crollo degli edifici dovuto alla escavazione realizzata dall’azienda Cmc di Ravenna e finalizzata alla realizzazione del tratto di metropolitana Stesicoro-Aeroporto. Da allora per i residenti delle abitazioni tra via Castromarino e via Plebiscito è cominciato il calvario. Prima costretti a farsi ospitare da amici e parenti, poi la lunga trafila per ottenere il bonus affitto, e ancora i risvolti del giudizio civile tra la ditta e i residenti terminato con l’affermazione del nesso di causalità tra il crollo delle palazzine e i lavori di escavazione. Successivamente la querelle è stata affrontata in via stragiudiziale con l’acquisto da parte della Cmc di metà degli immobili crollati e il prosieguo del cantiere che ha permesso all’azienda di diventare un condomino a tutti gli effetti. Ed è proprio in questo momento che i residenti hanno capito che il calvario non era finito.
La battaglia nelle aule giudiziarie continua, stavolta, con un esposto presentato dai residenti al procuratore della Repubblica e al comandante della stazione dei carabinieri di piazza Dante. «È accaduto che, all’indomani dell’acquisto di parte dello stabile crollato (4 appartamenti su 8, ndr) – si legge nella nota diramata dai residenti – la Cmc ha impedito, agli altri proprietari degli appartamenti, incomprensibilmente esclusi dalle trattative sebbene coinvolti dal crollo, di poter accedere ai propri appartamenti». Una circostanza preclusiva che deriverebbe dall’effettuazione dei lavori ad opera della stessa ditta nel vano scala. «Questo è stato arbitrariamente sottoposto da Cmc a lavori mai autorizzati, di cui si sconoscono natura, qualità e finalità – è l’attacco dei residenti – sebbene quest’ultima nemmeno possieda la maggioranza delle quote millesimali dello stabile».
Una condotta, quella tenuta dall’azienda, che i residenti giudicano «assolutamente spregiudicata e molesta, che integra il reato di violenza privata, oltre che l’ennesimo schiaffo in faccia a dei poveri sfollati, i quali, evidentemente, non meritano neanche di essere consultati dei lavori che si intendono eseguire in casa propria». Sulla questione si è espresso il direttore di Fce Salvatore Fiore. Anche lui nel mirino dei residenti per avere dichiarato al Quotidiano di Sicilia che «la scala appartiene al palazzo». Un’affermazione che i residenti considerano «falsa e rilasciata con il chiaro e lucido intento di screditare e minimizzare le nostre legittime rimostranze – si legge nell’esposto -, per questo chiediamo la punizione di chiunque sarà ritenuto colpevole alle pene di legge.
Chiediamo, altresì, di essere avvisati, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 408 del codice di procedura penale dell’eventuale richiesta di archiviazione del relativo procedimento e dichiariamo sin
d’ora di opporci alla definizione dello stesso mediante decreto penale di condanna».
Aggiornamento del 17/05/2022 delle ore 16,45
Dopo l’esposto presentato dai residenti, arriva la nota di precisazione da parte della ditta Cmc di Rvenna:
La ditta esecutrice dei lavori tiene a precisare che nella vicenda del crollo della palazzina è sempre stata pronta a venire incontro alle esigenze dei residenti e della cittadinanza al fine di risolvere, per quanto nelle sue possibilità i disagi venutisi a generare, in un contesto di grande difficoltà, attribuendosi anche e soprattutto l’onere di anticipare i costi acquistando tutti gli appartenenti della palazzina interessata dal crollo del gennaio 2020, pur ritenendo di non avere alcun tipo di responsabilità e di conseguenza non avere alcun obbligo risarcitorio. È importante ricordare e sottolineare che la palazzina acquistata da CMC comprende solo gli appartamenti risultati inagibili e materialmente interessati dal crollo.
Per correttezza è importante dire che, tre appartamenti al numero civico 11 di via Castromarino – per altro integri e agibili, ancorché non interessati dal crollo, a suo tempo erano stati dichiarati inagibili in quanto serviti dalla scala di accesso della unità crollata e posta sotto sequestro prima giudiziale e successivamente sottoposta a sequestro da parte del comune di Catania a seguito di specifica ordinanza. Per quanto riguarda la vicenda denunciata da alcuni dei Proprietari degli appartamenti di cui al nr. 11, in quanto lamentano che CMC gli avrebbe impedito di poter accedere ai propri appartamenti, non solo si sottolinea l’infondatezza della notizia, ma ancor più pretestuoso è accusare la CMC quale ditta esecutrice dei lavori: infatti questa non avrebbe alcun titolo per vietare l’accesso negli appartamenti. Il divieto per ragioni di sicurezza deriva da un’apposita disposizione delle autorità competenti.
Le attività di messa in sicurezza della zona antistante il vano scala e gli spazi degli alloggi acquistati alla fine del 2021, che la cooperativa sta eseguendo, sono state autorizzate come ultimo atto nel mese in corso, dal Comune di Catania, quali attività di cantiere finalizzate alla messa in sicurezza dell’area e che a conclusione delle stesse potranno determinare la revoca dell’ordinanza da parte dell’autorità competente, rendendo di fatto così nuovamente accessibile la stessa consentendo la fruizione ai proprietari dei tre alloggi di via Castromarino n. 11. Le attività della C.M.C. e le azioni fin qui svolte sono state condivise dal Committente e dalle Istituzioni del territorio che attendono la risoluzione dei problemi per avviare le fasi conclusive dell’opera.