Luigi dormiva nella sua stanza al terzo piano di uno dei due stabili quando la sua camera «si aprì come un libro». Di quella notte, in cui persero la vita quattro persone, ricorda tutto. La sua famiglia stenta a trovare pace, tra un mutuo e la sensazione di abbandono
Via Bagolino sette anni dopo il crollo delle palazzine «Siamo perseguitati dai debiti, ci sentiamo dimenticati»
«Avevo 19 anni. Di quella sera ricordo tutto». Luigi è uno dei superstiti del crollo delle due palazzine di via Bagolino, una delle tragedie più grandi nel recente passato di Palermo di cui proprio ieri cadeva il settimo anniversario. Era la notte tra il 16 e il 17 dicembre del 2012 quando uno dei due stabili nei pressi di via dei Cantieri franò sull’altro sgretolandosi come un castello di sabbia. Un fatto drammatico che ha tenuto tutta la città col fiato sospeso durante le ricerche delle tante persone che non erano riuscite a venire fuori dalle macerie. Alla fine il bilancio fu di quattro morti. «Preghiamo per la nostra amata e condannata città, per i più deboli, per i lavoratori» aveva detto il sindaco Leoluca Orlando, che era stato presente sul luogo del disastro fin dalle prime ore, durante i funerali nella chiesa di Santa Maria della Consolazione. Dopo sette anni, tuttavia, la situazione di molte di quelle famiglie a cui quella notte ha cambiato la vita per sempre è ancora precaria e qualcuno si sente abbandonato, anche dalle istituzioni.
«Stavo dormendo con mia sorella che aveva sette anni allora – continua Luigi, che abitava al terzo piano della palazzina crollata – In camera mia c’era un controsoffitto e ogni volta che c’era brutto tempo lo avvertivo subito per il rumore. Quella notte mi sono svegliato di colpo convinto che fosse il vento. Dopo un po’ ho visto la mia stanza aprirsi come un libro, mi sono sentito risucchiare un vortice e poi ho visto tutto buio. Avevo una tettoia addosso, riuscivo a vedere solo polvere, credevo che fosse finito il mondo. Solo dopo essermi liberato della tettoia ho visto la luce dei palazzi e dell’insegna di MotoOne, c’erano gli altri che mi guardavano dalle finestre e ho capito che non era finito il mondo, era crollata casa mia. Ho perso la testa, cercavo mia sorella che dormiva nel mio stesso letto. Non so cosa sia stato, una sensazione, ho sentito che lei si trovava in un punto in particolare, era anche lei sotto la tettoia, era sotterrata e piena di sangue, ho pensato al peggio. Invece proprio quella tettoia e il materasso hanno salvato la vita di entrambi, parandoci dalle pietre e dalle cose che cadevano».
Il peggio per Luigi e la sua famiglia sembrava passato, non si aspettavano che sarebbe stato solo l’inizio di un calvario che ancora non ha trovato conclusione. Anche loro, come le altre famiglie, infatti, sono stati sistemati temporaneamente in albergo, ma visto che il capofamiglia, il padre di Luigi, aveva una professione stabile, imbarcato in mare sulle navi della Grimaldi, il loro soggiorno in hotel fu molto breve. «Siamo rimasti lì per una quindicina di giorni, poi, per capodanno ci hanno buttati fuori. Chi lavora onestamente non merita un sussidio, un alloggio, mentre le altre famiglie, anche quelle che non avevano un contratto regolare, sono rimaste lì. Ci siamo appellati al sindaco e la convenzione è stata prolungata di qualche giorno, poi siamo dovuti andare via». Di lì a poco la famiglia di Luigi si trasferirà in un’altra casa, presa in affitto, ma quella spesa si è sommata a quella del mutuo per la casa crollata, che ancora oggi, a sette anni di distanza, non è ancora stato estinto. «Oggi sarei potuto essere un ragazzo che vive in maniere tranquilla – racconta ancora Luigi – Invece mio padre è perseguitato dalle banche. Delle persone che hanno subito il crollo qualcuno ha deciso di occupato un asilo vicino via Montalbo. Noi abbiamo deciso di pagare un altro affitto. Poi dopo un paio di mesi mio padre non ce l’ha fatta più e ha smesso di pagare il mutuo. Oggi siamo debitori, tra more e interessi, di oltre 200mila euro. Anche la casa in cui vivo al momento, un piccolo appartamento di 30 metri quadri di proprietà di mio padre, è stato sequestrato e non so quando mi manderanno via».
Di via Bagolino, oggi restano ancora le macerie sull’area posta sotto sigilli e un procedimento giudiziario che va avanti dal 2016. E se le responsabilità sono state attribuite all’abusivismo edilizio che ha finito con l’appesantire oltremodo le strutture, nessuno ha ancora pagato per quanto successo, sia in sede civile che penale. E anche questo non dà pace a Luigi, che lamenta anche l’abbandono da parte del Comune. «La stessa persona che prometteva case ha portato un mazzo di fiori – dice riferendosi a Orlando, che rese omaggio alle vittime nel primo anniversario della tragedia – Mi piacerebbe incontrare il sindaco, aveva promesso di non abbandonarci. Capisco che ci sia stato qualcuno che ha fatto cose illecite e che lui si sia potuto voler indietro per questo motivo, ma noi eravamo in regola. Ci sono altre famiglie che come hanno messo i piedi per terra e sono andate avanti. Ci piacerebbe che si ricordassero di noi».