Il processo per peculato nei confronti del sindaco Salvo Pogliese sta per terminare. Un’udienza il 14 novembre, forse l’ultima e poi la sentenza di primo grado, sulle presunte spese pazze all’Assemblea regionale siciliana. Storia vecchia di cinque anni, ma oggi più che mai attuale. Tanto più che colui che un tempo era deputato regionale adesso è primo cittadino di Catania. E la legge Severino parla chiaro: qualora venisse ritenuto colpevole, andrebbe incontro alla «sospensione dalla carica» per almeno 18 mesi. Un anno e mezzo di tempo durante il quale Pogliese sindaco non potrebbe fare il sindaco. La città sarebbe gestita, dunque, dal suo vice. Ma non è scontato che sia quello attualmente in carica.
Le spese pazze sono uno di quei casi in cui i tempi della giustizia si scontrano con quelli della politica. Nel 2014 un’inchiesta della procura di Palermo ha scosso l’Ars. La tesi dei magistrati era che con i soldi dei gruppi parlamentari i deputati regionali pagassero cose che, in realtà, niente avevano a che vedere con l’attività politica. Su un’ottantina di indagati, due sono stati condannati con il rito abbreviato, altri hanno patteggiato e la maggior parte sono stati archiviati o prosciolti. Pogliese è stato tra i politici a scegliere di volere affrontare un processo ordinario. Per lui i magistrati hanno chiesto la condanna a quattro anni e tre mesi.
«Io sono assolutamente sereno – dichiara il primo cittadino a MeridioNews – altrimenti non mi sarei dimesso dalla carica di europarlamentare che non sarebbe stata messa in dubbio da nessuna sentenza. In quasi tre anni di dibattimento ritengo di avere dimostrato di avere anticipato decine di migliaia di euro al mio gruppo parlamentare, caso unico, e di avere solo preso dei rimborsi». Negli anni del dibattimento, di cose nella vita politica di Pogliese ne sono cambiate tante. Da Bruxelles è tornato a Catania e perfino la bandiera politica è diversa: da Forza Italia a Fratelli d’Italia, più a destra.
Da sindaco, dopo avere realizzato il sogno che inseguiva sin da quando era bambino, le grane per lui non sono terminate. E se venisse giudicato colpevole in municipio si aprirebbero diversi scenari. «Non ci ho neanche pensato: affronto i problemi quando mi si presentano», sostiene. Le voci, però, dicono che il problema si sia già posto e che la soluzione sia un rompicapo. Di tutte le possibilità, una è la più evidente: che Pogliese, dopo una eventuale sentenza di condanna, si dimetta. Lasciando che per Palazzo degli elefanti si vada a elezioni anticipate.
Le altre due opzioni sono, invece, più degne di solutori abili. Il sindaco potrebbe anche decidere di non dimettersi, scontando il periodo della sua sospensione e lasciando che a governare la città, nel frattempo, sia il suo vice. Possibilità prevista dalla legge. A ricoprire la carica di vicesindaco, in questo momento, è l’assessore al Bilancio Roberto Bonaccorsi, già titolare della medesima materia nella giunta dell’ex primo cittadino Raffaele Stancanelli e già sindaco di Giarre.
Bonaccorsi è arrivato a Catania in qualità di tecnico, outsider rispetto agli equilibri di partito. Per Pogliese (e Stancanelli) non c’era però persona migliore per traghettare il capoluogo etneo dalla sponda del dissesto a quella del risanamento delle casse. In 18 mesi sostituendo Pogliese fino al ritorno di quest’ultimo, Bonaccorsi potrebbe portare avanti in modo più autonomo i progetti di riequilibrio del bilancio su cui ha lavorato dal giorno della dichiarazione del default in poi. Ma rischierebbe di trovarsi accerchiato da franchi tiratori.
Così si fa strada l’idea di un nome nuovo. Mesi fa il presidente della Regione Nello Musumeci e il sindaco avrebbero ragionato sulla possibilità di allargare la giunta, approfittando della norma regionale che consente due nuovi ingressi, a un nome ben visto da Diventerà bellissima. Cioè Enrico Trantino, vicinissimo al governatore e parte di una dinastia di avvocati con la passione per la politica. Dal canto suo, Trantino si schermisce: «I rumors mal si conciliano con il mio amore per il silenzio», dice a questa testata, senza però trincerarsi dietro a un no comment.
«Non ci si può sempre tirare indietro – afferma l’avvocato – se me lo chiedono, mi sento in dovere di accettare». Tutto, però, passa da Musumeci e Pogliese, che dovranno trovare l’intesa. E pare che questo sia destinato ad avvenire a strettissimo giro. Che Trantino possa fare il vicesindaco, sostituendo Bonaccorsi, è una delle ipotesi sul piatto. In quel caso, però, forse il sindaco si troverebbe costretto a dovere riempire anche un’altra casella in giunta. Tutti ragionamenti che, però, dovranno essere risolti a breve. Il giorno della sentenza si avvicina.
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