Ha pagato caro un abbonamento a delle suonerie. Per di più non richiesto, in quanto non sapeva di partecipare a un concorso a premi. La vittima è un ragazzo cieco catanese che, dopo un anno di bollette stranamente salate, ha deciso di rivolgersi all'associazione dei consumatori. La controversia, iniziata nel 2010, si è conclusa solo a settembre dopo un tentativo di conciliazione andato male e il passaggio della causa da Catania a Roma
Vent’anni, non vedente, raggirato da un sms Risarcito di mille euro da Tim, dopo tre anni
Ha ricevuto sul proprio telefono cellulare un messaggio sms: «Partecipa all’estrazione premio di quattro Fiat 500», e ha deciso di provare. Solo che, invece che con una nuova auto, si è ritrovato abbonato a un servizio di ricezione suonerie che gli è costato circa mille euro in un solo anno. La disavventura è capitata nel 2009 a un ventenne catanese, per di più non vedente. Che si è rivolto all’associazione Confconsumatori.
Gli sms sul proprio cellulare venivano letti da un software apposito. Ma tra le informazioni ricevute, non ha mai ascoltato nulla sui reali costi e oneri totali. «L’informazione completa sui costi deve essere presente a norma del Codice del consumo sul messaggio, non è l’utente che deve andare a cercare i costi aggiuntivi, senza rinviare a link», spiega l’avvocato Maurizio Mariani, che ha fatto ottenere al giovane il rimborso totale delle spese sostenute. Per farlo ci sono voluti tre anni dall’inizio della controversia con Tim, l’operatore di telefonia mobile al quale è stata riconosciuta la colpa.
«Il ragazzo, con l’aiuto dei genitori, ha tirato le somme di quanto stava accadendo dopo circa un anno. A fine 2010 ci ha contattati: casi simili erano già noti all’autorità per l’Antitrust, che era intervenuta sanzionando questa condotta anche di altri gestori telefonici», spiega l’antefatto Mariani. Nonostante tutte le premesse a favore, il giovane non ha potuto nemmeno rescindere l’opzione, in quanto questa avrebbe comportato la perdita di un contratto d’abbonamento agevolato stipulato tramite l’Unione Italiana Ciechi. «Successivamente Tim, nel corso del tentativo di conciliazione obbligatoria, ha offerto un rimborso di soli 200 euro. Una cifra ben lontana dal migliaio di euro spesi. Così abbiamo avviato la causa», continua l’avvocato.
Ma con un ulteriore perdita di tempo: iniziata davanti al giudice di pace di Catania, dichiaratosi incompetente in materia in quanto il gestore ha sede a Roma, il giovane ha dovuto avviare la procedura davanti al giudice di pace della capitale. A settembre, nella persona del dottore Alberto Rossi, con la sentenza numero 31075 ha dato ragione allutente. «Il danno riconosciuto è prettamente economico, quello esistenziale o da stress non viene più riconosciuto da qualche anno», spiega l’avvocato Mariani. Secondo il quale «una simile vicenda potrebbe capitare a chiunque», non solo a un non vedente.
[Foto di Helen Keegan]