Un parcheggio abusivo di circa duemila metri quadrati è stato scoperto e sequestrato all’interno dall’oasi faunistica di Vendicari. Il tutto a poca distanza dal mare e sullo sfondo della caratteristica tonnara che ha reso celebre quel tratto di costa siracusana. Le autorità contestano alla società proprietaria della superficie la mancanza dell’autorizzazione e la violazione del regolamento della riserva. L’azienda ribatte invece su alcuni passaggi del provvedimento: dallo stato dei permessi alla precisa individuazione dei confini dell’area di massima tutela ambientale.
Secondo le Fiamme gialle, parte della superficie sottoposta a sequestro era stata ricavata nella fascia di riserva denominata zona A, «in cui è vietato transitare con qualsiasi veicolo», spiega a MeridioNews il colonnello Antonino Spampinato. Il resto si trovava nella zona B1 «ma era priva dell’autorizzazione, scaduta a giugno del 2014». A gestire l’oasi è l’Azienda foreste demaniali della Regione, «abbiamo operato da soli – continua l’ufficiale -, l’attività di indagine è partita su iniziativa e collaborazione tra Guardia di finanza, procura e autorità giudiziaria». L’operazione «è stata condotta nelle prime ore della mattina di lunedì per non creare problemi ai turisti». L’area di sosta «poteva ospitare così tanti veicoli che porla sotto sequestro nel fine settimana, quando la riserva è più frequentata, sarebbe stato difficoltoso», conclude.
La tariffa per lasciare auto e moto era di 3,50 euro al giorno, 7 euro per i caravan. Il business, secondo quanto scoperto dai finanzieri di Siracusa e Noto, durava dal 1995. A gestirlo era la Siciliana germinazione semi, una srl con sede a Catania che si occupa di coltivazione di frutti oleosi. Secondo le carte della procura, dovrà rispondere di deturpamento delle bellezze naturali e di intervento edilizio in zona sottoposta a vincolo ambientale.
L’azienda catanese risponde alle contestazioni attraverso il proprio legale di fiducia. Per quel che riguarda la parte di parcheggio che le autorità ritengono priva di autorizzazione, «il permesso non risulta scaduto ma revocato dalla Sovrintendenza, che a quanto pare ha ritenuto inopportuno prolungare la concessione per più di venti anni», spiega l’avvocato Goffredo D’Antona. La decisione, tuttavia, «non è mai stata notificata al legale rappresentante della società», che ne sarebbe quindi venuto a conoscenza solo all’arrivo dei finanzieri. Il resto della superficie, più del 50 per cento, è stata sequestrata perché ritenuta parte della zona A, «ma i suoi confini – ribatte D’Antona – furono tracciati con un pennarello rosso su una cartina geografica. Lo spessore della linea equivale a decine di metri quadrati di terreno che bisogna verificare con attenzione se ricadano all’interno della fascia di massima tutela». Tra le proprie ragioni, l’azienda aggiunge anche che «questa parte di riserva fu istituita espropriando i terreni. Sarebbe strano che uno di questi sia rimasto nella disponibilità di un privato».
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