Vendemmia 2016 in Sicilia, si prevede ottima qualità «Ma con l’uva a 15 centesimi difficile andare avanti»

Mentre uomini e mezzi si apprestano a uscire dai filari, per il comparto vitivinicolo siciliano è tempo di bilanci, previsioni e analisi delle criticità del settore. Secondo le stime di Coldirettil’annata 2016 sarà buona. Nonostante il leggero calo di produzione rispetto allo scorso anno, che si attesta intorno al 10 per cento, le scarse precipitazioni invernali e il clima mite degli ultimi mesi hanno portato a un sensibile incremento della qualità delle uve. 

In Sicilia, dove si registra la vendemmia più lunga d’Europa, la raccolta dei grappoli ha avuto inizio sin dalla prima settimana di agosto con le uve Chardonnay e proseguirà fino alla fine di ottobre quando si completerà la vendemmia di tutte quelle nere: dai vitigni internazionali come Merlot e Syrah, a quelli autoctoni come Nero d’Avola e Nerello Mascalese. Nell’Isola la superficie di uva da vino supera i 110mila ettari e la produzione, sempre secondo le stime di Coldiretti, si attesterebbe su circa 4,71 milioni di ettolitri. Un vero e proprio continente vitivinicolo che se da un lato è in grado di produrre vini di altissima qualità, dall’altro mostra le inevitabili peculiarità di un territorio così esteso. 

«Nella Sicilia Orientale non si sono registrati problemi riguardo alla sanità delle uve – afferma Gianna Bozzali, del consorzio di tutela del vino Cerasuolo di Vittoria Docg -. Soltanto un leggero calo nella produzione ma la qualità è particolarmente buona, grazie anche all’andamento climatico favorevole. Avremo vini abbastanza eleganti e profumati. Ci aspettiamo – continua Bozzali – tantissimo dal Frappato, proprio per la sua robustezza, e dal Cerasuolo che è l’unico Docg dell’Isola». Nella Sicilia Occidentale, anche se a macchia di leopardo, le malattie mal bianco e peronospora, a causa dal clima umido della primavera, hanno determinato lievi danni alle piantagioni. «Abbiamo avuto qualche difficoltà di maturazione dovuta alla perdita di foglie per attacchi di peronospora – afferma Antonino Cossentino, produttore di vini dal 1995 e proprietario dell’omonima azienda agricola nei pressi di Monreale -. Per quanto riguarda i bianchi, come Chardonnay e Cataratto, non ci sono stati abbassamenti di resa. Sono state le uve rosse a risentirne maggiormente». Un problema che si pone ogni anno e sul quale Coldiretti aveva già lanciato l’allarme ad agosto. «In alcune zone la peronospora ha deteriorato le piantagioni creando notevoli disagi ai coltivatori – afferma Alessandro Chiarelli, presidente regionale di Coldiretti -. Purtroppo lo Stato non prevede risarcimenti per questo tipo di danni che invece andrebbero riconosciuti. Sarebbe necessario un cartello assicurativo in grado di tutelare le aziende da questo tipo di danni». 

Ma a preoccupare maggiormente i produttori sono i prezzi delle uve. «Coltivare e produrre uva costa 38 centesimi al chilo, ma poi viene venduta ad appena 15 centesimi al chilo – dichiara Nino Colletti, produttore da oltre trent’anni di vini Doc, tra i quali Entellana, Syrah e Cabernet Sauvignon, nel territorio di Contessa Entellina -. La mia azienda agricola è fondata su un forte legame tra territorio, famiglia e tradizione e sono questi i motivi che mi spingono a proseguire, ma con questi prezzi diventa realmente difficile andare avanti». 

Una speculazione sui prezzi dell’uva che viene ribadita da Chiarelli: «Ogni anno in Sicilia si producono vini di ottima qualità e non ci sono mai problemi di quantità. Il vero dramma è alla base della filiera. L’uva venduta a meno di 40 centesimi al chilo non dà utili, mentre sul vino c’è un ricarico enorme. Perché non premiare con 10 centesimi in più chi zappa la terra? È una domanda che poniamo a chi governa – prosegue il presidente di Coldiretti -. A nostro avviso è necessario un patto sociale ed economico tra vignaiuoli e imbottigliatori, che sono coloro che tengono alto il brand nel mondo, affinché questo grande sacrificio si traduca in un accordo virtuoso capace di riconoscere una giusta remunerazione a chi produce. Dobbiamo ridare ai coltivatori – conclude Chiarelli – quella dignità che consenta loro di portare avanti la propria azienda e la propria famiglia».


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