Ad aprire l'appuntamento di giovedì prossimo sarà una preghiera scritta dall'arcivescovo di Palermo, un invito a manifestare «rispetto incondizionato a ogni persona». Un gesto percepito come sincero e apprezzato dalla comunità Lgbt, malgrado matrimoni e unioni civili rappresentino ancora uno spinoso tabù nella comunità cattolica
Veglia contro l’omofobia, un messaggio da Lorefice «Da Chiesa ci si aspetta di più, ma ha i suoi tempi»
«Incondizionato rispetto dovuto ad ogni persona e denuncia di ogni forma di discriminazione ed emarginazione». Queste le parole dell’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice, contenute nella preghiera che aprirà la dodicesima Veglia ecumenica per il superamento dell’omofobia che partirà alle 19 di giovedì prossimo da piazza Politeama, per concludersi con una fiaccolata nella parrocchia di Santa Lucia al Borgo. «È un grande passo avanti, è la prima volta che la più alta carica della curia a Palermo partecipa a questa veglia, che si organizza ormai da tanti anni e che soprattutto è interreligiosa, dettaglio che rende ancora più importante il gesto dell’arcivescovo, visto che nella veglia non è coinvolta soltanto la Chiesa cattolica ma anche le altre comunità», commenta Luigi Carollo, coordinatore del Palermo Pride ed esponente di Sinistra Comune.
Ma le parole bastano a garantire un impegno da parte della Chiesa nei confronti di temi come questo? «Mi risulta che l’arcivescovo Lorefice stia facendo un lavoro mirato per la sua pastorale rispetto alle persone Lgbt, quindi è chiaramente un segno concreto che va nella direzione di quanto già detto anche dal Papa, non possono avere dalla Chiesa una posizione di giudizio – continua Carollo – Certo, è vero che rimane la grande questione della posizione su quel tema che è la differenza tra l’orientamento della persona e i comportamenti della persona. I passi avanti che ci aspettiamo dalla Chiesa devono andare in quella direzione». L’auspicio, insomma, è che si intraprenda un percorso che tenda proprio a far questo, a scindere fra i due aspetti, mettendo così da parte le facili condanne morali.
Le lacune rimangono ancora, quindi. «Rispetto ad altre confessioni, la chiesa cattolica rimane dura davanti alle unioni e al matrimonio, a dispetto per esempio dei valdesi, che hanno già celebrato cerimonie tra persone omosessuali officiate addirittura da donne, altro passo avanti. Ci si può aspettare di più, però è un avanzamento che a me pare sincero – dice -, non è soltanto un atto simbolico quello della preghiera, dietro c’è un lavoro concreto rispetto alla comunità Lgbt. La Chiesa, si sa, ha i suoi tempi. Il vero problema resta uno, quello di riuscire a interloquire con le istituzioni. Questi passi sono molto importanti, è chiaro, esistono molte persone Lgbt che credono e per le quali la fede è molto importante, quindi innanzitutto questo è un avanzamento dal punto di vista umano, che con un passo del genere si sentono più a casa loro e non vivono più con sofferenza il fatto di essere persone di fede e parte della comunità Lgbt. I tempi della Chiesa vanno rispettati, ma non è lei che scrive le leggi».
Resta però che di messaggi come quello scritto da Lorefice ce n’è forse sempre bisogno. Anche se, come dice Daniela Tomasino di Arcigay Palermo, «ce ne sono sempre stati, forse a macchia di leopardo». Ma anche lei ribadisce quanto manifestato da Carollo, e cioè che se a invitare pubblicamente al rispetto di ogni persona in quanto tale e sollecitare invece una condanna dei pregiudizi, della violenza e dell’emarginazione è un personaggio come l’arcivescovo di Palermo, è chiaro che il messaggio stesso assume contorni di maggiore rilevanza e portata. «Sono parole, le sue, che possono aiutare molto, soprattutto chi è cattolico e a volte si è sentito rifiutato proprio dalla chiesa di cui fa parte – spiega Tomasino -. E allo stesso modo potrebbe essere utile e indurre a riflettere chi cerca nella dottrina della Chiesa una sorta di legittimazione per la propria omofobia, che non è mai legittimata. E in realtà non lo è neppure da parte della chiesa cattolica, anche se alcuni dei suoi leader a volte ne fanno la propria bandiera».
Succede infatti che a volte i funzionari che la amministrano si lascino sopraffare da opinioni e giudizi personali e rivolgano alla propria comunità di fedeli messaggi diversi, deviati. «Io direi proprio pericolosi, sono atteggiamenti di questo genere che rischiano di portare a episodi di esorcismi e violenze nei confronti di quei ragazzini che fanno coming out, mentre le famiglie vengono invitati a chiudere i figli in casa, messaggi tutti molto sbagliati – continua -. Il gesto dell’arcivescovo Lorefice diffonde finalmente un messaggio di amore, è una cosa assolutamente positiva. Insomma, queste parole ci volevano, non se ne hanno mai abbastanza. Non mi sorprende che una cosa simile venga proprio da lui, che sin dall’inizio ha dimostrato di essere un uomo sensibile e attento a questi temi».
La preghiera scritta dall’arcivescovo, intanto, è stata inviata a tutti i presbiteri della diocesi, invitati a leggerla durante le messe di sabato e domenica scorsi. «Deploriamo con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente», recita il testo. Alla veglia parteciperà anche l’attore Salvo Piparo, che reciterà alcuni testi e la Corale Freedom Voices, la Corale San Francesco Saverio e la Corale Mauriziana. Le veglie si sono diffuse in Italia dopo la tragica morte di un adolescente di Torino, vittima di bullismo omofobo.