V. Emanuele, tra arrestati presunto affiliato alla mafia Procura: «L’Asp sia severa con l’operatore del 118»

All’alba di oggi la
 polizia ha arrestato i presunti aggressori del medico del pronto soccorso dell’ospedale Vittorio Emanuele Rosario Puleio. Si tratta dell’operazione Emergency room, nel corso della quale gli agenti hanno dato esecuzione a un’ordinanza nei confronti di sette persone. Sono Mauro Cappadonna (48 anni), pregiudicato, già ai domiciliari dal 2 gennaio, e i pregiudicati Salvatore Di Maggio (42 anni), Santo Guzzardi (25 anni), Giuseppe Tomaselli (31 anni) e Luciano Tudisco (23 anni). Coinvolti infine anche gli incensurati Federico Egitto e Angelo Vitale, entrambi ventenni. Gli indagati devono rispondere, a vario titolo, dei reati di lesioni aggravate, violazione di domicilio, interruzione di pubblico servizio e minacce a pubblico ufficiale. Secondo gli inquirenti sarebbero gli autori dell’aggressione avvenuta la sera dell’1 gennaio scorso nei confronti del medico di servizio al pronto soccorso dell’ospedale catanese. Sono inoltre indagate le due guardie giurate dell’azienda di vigilanza in servizio nel corso dello svolgimento dei fatti. Il gip non avrebbe accolto la misura dell’arresto proposta dalla procura perché l’istituto sarebbe preposto a tutelare i beni e non le persone, come spiegato dal procuratore capo Carmelo Zuccaro. 

Quella sera, Cappadonna 
avrebbe preteso di conoscere l’identità di una donna ricoverata nel pomeriggio dopo un incidente stradale che aveva visto protagonista anche l’auto di sua moglie. Ovviamente, attenendosi a quanto prescritto per legge, il medico si era opposto, argomentando che non era legittimato a fornire le generalità di pazienti a chi non è diretto congiunto. A questo punto, il 48enne avrebbe organizzato un raid punitivo. Coinvolgendo anche le altre sei persone adesso arrestate. Tutti insieme sarebbero entrati nel locali del nosocomio con l’aiuto di Di Maggio, operatore del servizio 118 e a quanto pare parente di Cappadonna. 

A spiegare quello che è accaduto sono stati, assieme a Zuccaro, il questore
Marcello Cardona e il dirigente della squadra mobile Antonio Salvago. «Fondamentale per la riuscita dell’indagine è stata la collaborazione della vittima – spiega il procuratore capo – Il medico, senza eroismi ma da cittadino coraggioso, ha riconosciuto tutti gli indagati». Peraltro, Zuccaro precisa che il medico non è mai fuggito da Catania. Avrebbe, piuttosto, preteso comprensibilmente il massimo livello di sicurezza sul luogo di lavoro. L’attività di indagine si è dipanata su due filoni: la visione, fotogramma per fotogramma, delle immagini registrate dalle telecamere di sorveglianza dell’ospedale, e l’ascolto delle testimonianze di tutti coloro che erano presenti al pronto soccorso al momento del pestaggio.

Un secondo aspetto della vicenda riguarda uno degli indagati,
Santo Guzzardi. Il 25enne era stato già arrestato nel 2011 nell’ambito dell’operazione Revenge 2, con cui le forze dell’ordine provarono a disarticolare il clan mafioso Cappello-Bonaccorsi, ed è il figlio di Luciano Guzzardi, 52 anni, anche lui arrestato nel 2015, poiché coinvolto nell’operazione Revenge 5. A sentire gli inquirenti, entrambi sarebbero affiliati alla famiglia mafiosa catanese. 

Riflettori puntati anche su un altro indagato, Salvatore Di Maggio, dipendente del 118 e accusato di avere collaborato con i presunti aggressori. Nei suoi confronti, l’Asp di Catania non avrebbe 
ancora emesso alcun provvedimento disciplinare. Si tratterebbe di una scelta di prudenza in attesa del pronunciamento del tribunale del Riesame, sebbene non esistano obblighi o automatismi di legge in questo senso. Il procuratore della Repubblica ha tuttavia dichiarato di aspettarsi dall’azienda sanitaria provinciale «la stessa severità» messa in campo da forze dell’ordine e procura. 

Quanto alle
polemiche sulla sicurezza all’interno degli ospedali rinfocolate dai fatti dell’1 gennaio, il questore Marcello Cardona ricorda che i tre principali nosocomi della città sono dotati del posto di polizia, con orari e funzionamento in linea con quel che accade in tutta Italia. Nel 2016, tra aggressioni, liti e momenti di tensione, si sono verificati a Catania 54 episodi, un numero non dissimile dalla media registrata nel Meridione. 


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