A volte l’eroismo è una questione di attimi. Fai una cosa, dai una risposta di getto, senza pensarci su. Perché non ne hai bisogno, sei fatto in un modo e altro non puoi fare, se non la cosa giusta. Quando Paolo Giaccone, medico legale e professore dell’università di Palermo, ha mandato a quel paese i […]
Se l’eroismo è un attimo, la cosa giusta è per sempre. Ecco perché la memoria di Giaccone serve ancora a UniPa
A volte l’eroismo è una questione di attimi. Fai una cosa, dai una risposta di getto, senza pensarci su. Perché non ne hai bisogno, sei fatto in un modo e altro non puoi fare, se non la cosa giusta. Quando Paolo Giaccone, medico legale e professore dell’università di Palermo, ha mandato a quel paese i mafiosi che tramite i loro avvocati pretendevano che aggiustasse una perizia per salvare dalla condanna certa un killer di Cosa nostra, magari sarà andata così. Al telefono, Giaccone si sarà sentito dire dal suo interlocutore: «Dottore, sarebbe meglio per lei che la perizia dicesse quella qual cosa e non un’altra»; e lui «Avvocato, non se ne parla, io faccio il medico e scriverò quello che troverò». Nel 1982, tra l’omicidio La Torre ad aprile e quello Dalla Chiesa a settembre, i mafiosi lo crivellarono di colpi, e risolsero così questo increscioso scontro tra professionisti: l’avvocato dei mafiosi che pretendeva la manipolazione della perizia per favorire i suoi clienti/sodali, e il medico amante del suo lavoro e della vita, che mai si sarebbe inginocchiato al volere dei potenti del tempo.
Chissà quante volte doveva essere già accaduto, professionisti e perfino professori universitari inginocchiati di fronte a mafiosi, logge segrete e confraternite varie, da un lato. E, dall’altro, professionisti e professori universitari che invece resistevano, anche rischiando la vita e perdendola come nel caso di Giaccone. Oggi come ieri? Ecco perché sarebbe bello che il costituendo Centro interdipartimentale dell’università di Palermo sui temi della criminalità mafiosa e della memoria partisse da qui, dalla vita e dalla morte di Paolo Giaccone. Chi meglio di lui potrebbe simboleggiare il corale desiderio dell’ateneo palermitano di dare un contributo alla città e al Paese? Nessuno, francamente. Si dirà: ma abbiamo già intitolato l’intero Policlinico al nostro martire, non è sufficiente forse? No. Non è sufficiente. Intitolare con una bella targa il presidio ospedaliero fa parte – per dir così – della memorialistica statica. Targa e intitolazione stanno lì da decenni, ma quel che doveva dare questo doveroso gesto di riconoscimento è stato dato e non basta più. Ora occorre una memorialistica più dinamica che davvero riesca a imprimere direzioni più marcate all’impegno dell’ateneo sul fronte del contrasto alla criminalità mafiosa (e non solo), dando ancora maggiori strumenti agli studiosi, peraltro numerosi e autorevoli, che studiano il fenomeno da tanti punti di vista: sociologico, giuridico, storico, economico-aziendalistico, psico-antropologico, per citare soltanto alcune delle discipline scientifiche coinvolte.
Ne abbiamo parlato (con l’impegno di approfondire la discussione a breve) con Paolo Procaccianti, allievo prediletto di Giaccone, per quasi trent’anni direttore della Scuola di medicina legale dell’Università di Palermo, oggi in pensione. Professionista che mai si è inginocchiato a nessuno e che a detta di tutti è l’orgoglio della medicina legale palermitana in Italia. «Sarebbe bellissimo – risponde Procaccianti – Ogni 11 agosto, nella ricorrenza dell’omicidio, con i miei allievi e quindi gli eredi del grandissimo insegnamento di Paolo Giaccone, insieme a qualche altro collega medico e alle autorità, non abbiamo mai fatto mancare la nostra testimonianza di un legame mai spezzato con lui, dei frutti preziosi che quel martirio ha generato in noi e nella città. Forse è arrivato il momento di sottrarre questa esperienza all’usura del tempo e consegnarla alla freschezza dei più giovani. Di coloro che, in ateneo e in città, desiderano contribuire al lungo percorso che un giorno ci porterà a liberarci non solo di Cosa nostra ma anche della strisciante mafiosità che ancora ammorba la nostra città. Purtroppo anche nel mondo professionale e tra le classi dirigenti». Ne riparleremo. In ateneo, intanto, abbiamo bisogno di Paolo Giaccone, ora come allora: ma oggi, a differenza di ieri, ne siamo molto più consapevoli. Indietro non si torna.
Costantino Visconti è direttore del dipartimento di Scienze politiche all’università di Palermo. Docente di Diritto penale, insegna Mafie, economia e prevenzione penale.