Unict stila mappa dei movimenti delle faglie nell’Isola Esperto: «Fenomeni frequenti sul versante orientale»

«Una mappa di questo tipo per un’intera Regione non era mai stata fatta prima. Adesso abbiamo la possibilità non soltanto di conoscere l’estensione delle faglie più importanti, ma anche il loro tasso di movimento: questo ci permetterà di capire quando, prima o poi, si romperà il suolo». A parlare a MeridioNews è Giovanni Barreca, ricercatore del dipartimento di Scienze biologiche che, insieme al collega Carmelo Monaco, ha condotto lo studio attraverso cui è stata stilata una mappa dei processi tettonici attivi in Sicilia. Le ricerche sono state svolte con delle tecniche di telerilevamento attraverso immagini satellitari di una stessa area, ma acquisite in epoche diverse tra il 2015 e il 2020. L’intero lavoro intitolato Present-day surface deformation of Sicily derived from Sentinel-1 InSAR time-series, i cui risultati sono stati illustrati in un articolo pubblicato sulla rivista Journal of Geophysical Research-Solid Earth. L’articolo scientifico che ha riportato i risultati dello studio è il frutto di una collaborazione con le università francesi, con la partecipazione degli esperti Maxime Henriquet del Cerege dell’Aix-Marseille Université e Stéphane Dominguez, Michel Peyret e Stéphane Mazzotti  dell’Università di Montpellier.

«I rilevamenti, fatti su bersagli a terra, evidenziano in modo netto i movimenti tettonici dell’isola – spiega Barreca – Tutto viene indicato sulla mappa con due differenti colori: in blu sono segnati i territori stabili o in abbassamento, mentre in rosso ci sono le zone che subiscono un movimento verticale e orizzontale apprezzabile. Per esempio, abbiamo notato come il versante orientale, nel Siracusano, si stia abbassando verso il mare di circa 2 millimetri l’anno: gli studiosi ritengono che questo abbassamento sia da correlare alla faglia che, probabilmente, ha causato il terremoto del 1693 (terremoto della Val di Noto, ndr). Mentre – aggiunge il ricercatore – se prendiamo in considerazione l’area occidentale dell’Isola, dai dati del satellite si nota come ci sia un movimento verticale di circa 3 millimetri. Questa zona è stata interessata dal terremoto del Belice del 1968, che ha scatenato uno scuotimento significativo». L’elaborazione della mappa è il risultato di una misura differenziale tra la distanza satellite-suolo misurata nel 2015 e quella misurata nel 2020

I maggiori movimenti si sono registrati su entrambi i versanti – quello orientale e quello occidentale – dell’isola. Nello specifico, infatti, si rileva come la parte Nord-Orietale, tra i Nebrodi e i Peloritani, si solleva a una velocità media di 1-2 millimetri l’anno e si muove verso Est, allentandosi dal resto della Sicilia a una velocità di 3 millimetri l’anno. La linea di separazione è identificata  in una faglia attiva che va da Cefalù fino all’Etna. A incidere sulle deformazioni del territorio è poi il continuo movimento dell’Etna, con il fianco est del vulcano che scivola fino a una velocità di oltre 5 centimetri l’anno. Sempre nella parte orientale dell’Etna si rileva la faglia di Fiandaca, da cui si è originato il terremoto del 26 dicembre del 2018. Restando nella zona etnea, precisamente a Nord-Ovest di Catania, l’area si solleva a una velocità superiore ai 5 millimetri per anno. A fare registrare dei movimenti significativi è anche il settore costiero siracusano, interessato da un abbassamento rispetto all’area ragusana: il fenomeno avviene in prossimità della scarpata Ibleo-Maltese, alla base della quale secondo molti scienziati vi è la faglia responsabile del devastante terremoto dell’11 gennaio 1693. «Fenomeni simili sono già avvenuti nel corso del tempo: per esempio assistiamo ai ritrovamenti di alcune tombe greche sott’acqua, questo ci fa capire che nel tempo la terra si sia abbassata», specifica Barreca.

Movimenti della terra rilevanti che nascono per un preciso motivo. «La Sicilia si trova in una zona di impatto tra due placche – quella africana e quella europea, che continua a scontrarsi». Per quanto riguarda il fenomeno delle faglie, queste «si ricaricano per anni e poi si liberano improvvisamente scatenando i terremoti – precisa Barreca – Capire dove sono posizionate è un tassello importante per definire la pericolosità sismica». Lo studio condotto tramite dei software sofisticati non permette certo di prevenire gli eventi sismici, ma indica le probabilità a distanza di tempo in cui questi possano avvenire. «Avendo chiare tutte le faglie dell’isola, potremmo rilevare tutti i movimenti e le rotture del suolo che generano i terremoti – fa notare – Se ci sono movimenti a velocità sostenuta, prima o poi ci sarà una rottura del suolo, che significa generazione di onde e, dunque, il verificarsi di un terremoto». 


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