«Chi controlla chi governa se è lui stesso a nominarlo? Con questo meccanismo nessun componente della comunità accademica è garantito». Giacomo Pignataro, docente di Economia all’università di Catania, ex direttore della Scuola superiore e membro uscente del consiglio d’amministrazione, commenta così le elezioni del nuovo Cda dell’ateneo catanese. Secondo l’articolo otto del nuovo statuto d’ateneo, in vigore dallo scorso dicembre – al centro di una battaglia legale tra l’università etnea e il ministero dell’Istruzione, università e ricerca – otto dei dieci membri del Cda (tre esterni e cinque interni) sono stati scelti in qualche modo dal rettore, Antonino Recca. E proprio questo punto era tra quelli contestati dal Miur per l’eccessivo potere affidato al rettore. «E’ una questione generale di democrazia ed efficienza», continua Pignataro. Che, all’ultimo giorno del suo mandato da consigliere, annuncia: «Non è ancora il tempo di presentare le prossime candidature a rettore. Ma queste vanno costruite e io mi faccio avanti».
Ancora per un anno, intanto, Antonino Recca sarà alla guida dell’ateneo catanese e del suo nuovo consiglio d’amministrazione. Tre i membri esterni, scelti dal rettore e sottoposti al voto del Senato accademico, che si è espresso con 24 voti favorevoli e quattro contrari. Maria Caramelli, direttore sanitario dellistituto zooprofilattico sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle dAosta; Rosario Pietropaolo, ex rettore delluniversità di Reggio Calabria, e Angelo Sinesio, commissario per ledilizia penitenziaria. Gli ultimi due sono «personalità che da anni collaborano con competenza, professionalità e notevole impegno col nostro ateneo», spiega Recca in una lettera inviata ai docenti. Sinesio, collaboratore del ministro dellInterno Annamaria Cancellieri, è stato già delegato del prefetto nel Cda d’ateneo, mentre Pietropaolo è al suo secondo mandato come componente del Nucleo di valutazione universitario. Membri quindi poco esterni, con i vantaggi e gli svantaggi di chi conosce già la realtà dell’università etnea.
Cinque invece i componenti scelti – sempre dal rettore all’interno di una rosa di 23 candidati indicata dai dipartimenti. A sedere nel cda d’ateneo saranno: Febronia Elia, preside di Scienze della Formazione; Enrico Iachello, preside della facoltà di Lettere e Filosofia; Agatino Russo, preside della facoltà di Agraria; Salvatore Santo Signorelli e Maria Antonietta Toscano, consiglieri di amministrazione uscenti. A questi si aggiungeranno, a partire da giugno, due studenti eletti. Come sono stati scelti da Recca i magnifici cinque? Grazie alla loro «comprovata competenza in campo gestionale, sperimentata esperienza professionale di elevato livello, continuità di lavoro, per essere già stati membri del Senato accademico o del Consiglio di amministrazione», spiega Recca. Che però, ancora prima, sottolinea come tra i candidati della rosa «figurano sei persone che hanno votato lo statuto. Essi – spiega – per quanto mi ha riguardato, costituiscono la lista prioritaria per la scelta dei cinque docenti a far parte del Consiglio di amministrazione». «Io avevo proposto la creazione di un bando, in modo che ognuno potesse avanzare la propria candidatura, valutata poi da un’apposita commissione da creare in seno al senato accademico commenta Pignataro Di questo parla a legge: i membri del cda debbono essere scelti in base alle competenze. Il rettore invece ha preferito usare un altro metodo, con il quale però fa quasi un torto ai selezionati».
Tra gli altri criteri di selezione utilizzati dal rettore per selezionare i membri interni, oltre a quello delle quote rosa per le due prof. scelte, c’è la facoltà di provenienza. Questa volta, più umanisti che scienziati. «Ho ritenuto necessario garantire la giusta attenzione alle aree umanistiche scrive Recca – tale da bilanciare lampia presenza dei rappresentanti delle aree tecnico-scientifiche in Senato accademico». Una ragione «di pesi e contrappesi continua il rettore – secondo unespressione di derivazione ministeriale, ripresa da alcune frange dellateneo al punto di diventare una sorta di slogan». Un caposaldo e non uno slogan per Pignataro: «Questo meccanismo non garantisce pesi e contrappesi, come ha rilevato il ministero, perché non assicura l’equilibrio tra i poteri all’interno dell’università. Come dire, non mi andrebbe bene nemmeno se fossi io il rettore».
Una possibilità da non sottovalutare. E che lui stesso propone in una lettera aperta inviata sempre oggi ai docenti, agli studenti e al personale tecnico-amministrativo. «Per chi pensa a come deve diventare l’università nei prossimi anni, lo snodo sarà l’elezione del nuovo rettore spiega il docente – Ancora non è il tempo per presentare le candidature, che però vanno costruite e non sulla base dei semplici desiderata personali. Serviranno le idee e, nella mia visione, le persone. Io mi faccio avanti». Tre le basi: autonomia, responsabilità «alle quali tutti indistintamente, a partire dal rettore, sono subordinati» – e il giusto equilibrio tra rigore ed efficienza. «La mia conclude – è una chiamata a raccolta. Perché nei prossimi mesi questi principi generali vengano declinati in idee concrete, da parte di tutti».
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