Un capitolo di spesa che negli anni ha sfiorato i due milioni di euro per una struttura che la norma in materia di pubblica amministrazione non prevede, bacchettata ufficialmente dagli organi di controllo. Il sistema dirigenziale dell’ateneo di Catania è terreno di scontro per una battaglia che va avanti da tempo e al centro delle cronache universitarie da cinque mesi, da quando il rettore Giacomo Pignataro e il Consiglio d’amministrazione hanno ufficializzato una revisione del comparto. La riforma amministrativa era stata avviata assieme all’ex direttore generale Federico Portoghese, ma è stata bloccata a causa del reintegro di Lucio Maggio. Il quale ha ribadito, nei fatti, l’attaccamento alla sua visione di gestione nominando una giunta di quattro super dirigenti. Il magnifico, dal canto suo, ha assicurato nel messaggio natalizio che «nessuna delle delibere d’indirizzo approvate dagli organi collegiali potrà essere ignorata», inserendo la questione riforma nell’ordine del giorno del cda di lunedì 29 dicembre.
La voce di bilancio che contraddistingue i dirigenti di prima e seconda fascia – rispettivamente a tempo indeterminato e determinato – è decisamente consistente. Tra il 2008 e il 2013 il totale è oscillato tra oltre un milione 500mila euro a un milione 900mila euro, per meno di venti dipendenti – direttore generale (che prima si chiamava amministrativo) compreso – in un periodo nel quale le retribuzioni dei docenti di tutte le fasce sono state bloccate. Tra membri di prima fascia e di seconda, a guadagnare più di tutti – il massimo che la normativa permette – è il direttore Maggio: oltre 196mila euro. Un contratto già da tempo contestato, anche dai sindacati, superiore per importo pure a quello dello stesso ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. Nel 2014 tra gli undici dirigenti a tempo indeterminato lo stipendio è ai massimi livelli anche per l’ex direttore Portoghese (196mila euro). Seguono i membri della giunta Maggio – Rosanna Branciforte (133mila euro), Vincenzo Reina, Armando Conti e Giuseppe Caruso (127mila euro) – per i quali non è specificato se il nuovo incarico comporterà anche un corrispettivo in busta paga.
Proprio i quattro super dirigenti hanno presentato il mese scorso un ricorso al Tar contro l’università etnea e il rettore Pignataro per annullare la delibera di luglio. L’accusa è di «eccesso di potere per incongruenza della motivazione e difetto dell’istruttoria, sviamento di potere, violazione dell’articolo 97 della Costituzione (articolo che regola la pubblica amministrazione, ndr)». I loro contratti, sostengono, prevedono mansioni e retribuzioni da prima fascia: non è possibile retrocedere attraverso una semplice delibera del Consiglio. Nello stesso periodo con una nota Giacomo Pignataro ha avvisato i ministeri dell’Economia e dell’Istruzione che il direttore generale ha bloccato la riforma amministrativa, nominando una giunta composta da dirigenti di primo livello con il compito di coordinare altri dirigenti considerati sottoposti.
Sul’intera questione incombono alcuni pareri giunti in momenti diversi che bocciano la struttura dirigenziale dell’università di Catania. A marzo l’Avvocatura dello Stato ha raccomandato ai rappresentanti dell’ateneo di adeguarsi alle indicazioni degli organi di controllo. Unict, analizzano i legali, «non poteva conferire incarichi di livello generale o equivalente (o di prima fascia) perché, alla radice, non poteva istituire strutture complesse». Nonostante l’autonomia di cui godono gli enti universitari, dunque, non è possibile creare delle gerarchie di questo genere e, ancor meno, permettere il transito di personale dalla seconda alla prima e ambitissima fascia. L’ultima bacchettata è giunta il mese scorso, quando il ministero dell’Economia ha inviato una nota – inoltrandola anche alla Corte dei Conti – nella quale si mettono in luce irregolarità nel conto annuale 2013 proprio per l’ammontare degli stipendi dei dirigenti di seconda fascia.
In tutto questo incombe ancora la presentazione al collegio dei Revisori del bilancio preventivo 2015. Un documento stilato da Federico Portoghese, ma che dovrà essere firmato da Lucio Maggio, attuale direttore generale. Sui conti pesano – ancora una volta – tre contratti dirigenziali imprevisti. Giuseppe Verzì, andato in pensione, riceverà un incarico esterno. E, infine, le riconferme di Piergiorgio Ricci e Mario Cullurà, le due nomine riconfermate da Maggio che hanno portato al licenziamento del direttore giudicato poi illegittimo dal tribunale del lavoro.
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