Il progetto di valorizzazione delle tradizioni passa attraverso un avviso al quale si potrà aderire fino al 31 gennaio per ottenere il riconoscimento. Il vicesindaco Sergio Marino: «Questa è la strada giusta, lo sviluppo di Palermo non può prescindere dalla sua storia, dalla sua cultura»
Una targa per le botteghe storiche e gli antichi mestieri Di Dio: «Tutelare la nostra identità e attrarre turismo»
«Tutelare la nostra memoria è fondamentale per salvaguardare le nostre radici. Riteniamo che l’identità di certi saperi e certi luoghi sia da tutelare anche perché hanno un’attrattiva turistica». Queste parole pronunciate questa mattina dal presidente di Confcommercio Patrizia Di Dio sintetizzano bene lo spirito da cui è nato il protocollo di intesa siglato, oltre che dall’associazione dei commercianti, anche dalla Fondazione per salvare Palermo, dall’associazione Cassaro Alto, dalla cooperativa Terradamare e dal Progetto Policoro Palermo. Il progetto di valorizzazione e rilancio dei mestieri, delle botteghe e dei luoghi storici della città passa attraverso un avviso al quale si potrà aderire fino al 31 gennaio per ottenere il riconoscimenti di Botteghe storiche, Locali di tradizione e Antichi mestieri di interesse culturale.
I requisiti per presentare la domanda di iscrizione al registro per quanto riguarda le aspiranti botteghe storiche sono: l’esercizio dell’attività da almeno cinquant’anni anche non continuativi, con la conservazione della stessa merceologia ed insegna, il mantenimento della stessa gestione e della sede fisica; si possono anche avere sedi diverse purché si mantengano le altre caratteristiche. In ultimo, devono essere presenti caratteristiche architettoniche di interesse tipologico e l’esercizio si deve trovare in un contesto urbano di particolare interesse storico con la conseguente conservazione parziale degli elementi di arredo originali. A chi sarà ritenuto idoneo verrà consegnato un documento e una targa da apporre davanti all’esercizio commerciale.
Il Comune di Palermo segue molto da vicino la vicenda anche se non è inserito in prima istanza nel protocollo di intesa. Una Commissione avrà il compito principale di assegnare il riconoscimento di esercizi commerciali con caratteristiche che rispettino i requisiti previsti dal regolamento. Poi proporrà all’Ufficio Toponomastica del Comune di Palermo di sottoporre alla firma del Sindaco il riconoscimento pervenuto dalla Commissione. Il sindaco, con sua firma, potrà dare un ulteriore riconoscimento alla proposta sottoposta dall’ufficio Toponomastica pervenuta dalla Commissione. «Con il vicesindaco Marino abbiamo condiviso un progetto che avrà un ulteriore sviluppo – commenta Di Dio – siamo impegnati a promuoverlo non per la creazione di impresa in modo indistinto, ma cerchiamo di darci una visione della città che tuteli la nostra identità. Da tanto tempo parlo di economia della bellezza che riguarda il nostro patrimonio italiano, non soltanto in termini di beni storici ma anche di eccellenza agroalimentare, moda, design e innovazione».
Un segno concreto condiviso insieme ad altre realtà per portare avanti un avviso con le caratteristiche utili a raggiungere questo riconoscimento. Possono fare richiesta anche giovani che decidono di intraprendere un vecchio mestiere. «Faremo attività di scouting per una scadenza di qualche settimana – afferma Di Dio – ci sarà il primo step di riconoscimento. Partirà un’operazione di marketing per promuovere quelle attività e dargli una sostenibilità dal punto di vista dei visitatori». Confcommercio auspica che entro due mesi si possa già archiviare la pratica riconoscimenti che finanzierà direttamente insieme alle prime attività di marketing. Un altro punto riguarda l’accoglienza, che per l’associazione dei commercianti deve diventare una risorsa. «Si può immaginare che in certe vie dedicate si possa puntare su una città multiculturale come Palermo promuovendo anche l’artigianato di altre culture. Cercando allo stesso tempo di promuovere soluzioni di auto-imprenditorialità».
Per Rosanna Pirajno della Fondazione per salvare Palermo «non si tratta di un’operazione nostalgica ma parte dal basso e c’è la voglia di riscoprire i valori dei saperi che possono essere rinnovati. Se non si hanno radici, non si può fare. Quest’operazione arriva anche un po’ in ritardo perché molte cose si sono perse. Il rinnovo delle attività passa da quello dei luoghi. In alcuni casi, ad esempio, c’è bisogno di più spazio. È tempo di mettere a frutto i beni culturali e ritornare ad amare questa città». «In corso Vittorio Emanuele tanti artigiani continuano a portare avanti la propria attività con passione – sottolinea Giovanna Analdi dell’associazione Cassaro Alto – Penso alla gioielleria Bottiglieri o al maestro Argento. Questa può essere un’occasione per rilanciare anche i mercati storici come il Capo e Ballarò, che stanno morendo. Della Vucciria è rimasto solo il quadro». Dopo la pubblicazione dell’avviso saranno raccolte le adesioni e in primavera, grazie anche alla cooperativa Terradamare, si punterà a fare conoscere queste professionalità «non solo al turista ma anche ai palermitani», spiega Marco Sorrentino, che fa riferimento a quanto realizzato a Ballarò con il tour dei mestieri che va dallo storico calzolaio al birrificio gestito da giovani.
Il vicesindaco e assessore alle Attività Produttive Sergio Marino raccoglie e condivide la sfida lanciata dai commercianti: «Questa è la strada giusta – ha sottolineato – tutelando anche i luoghi di tradizione che meritano un riconoscimento, lo sviluppo di Palermo non può prescindere dalla sua storia, dalla sua cultura e dalla sua tradizione, che sono beni della nostra vita. Il regolamento unico dei mercati a nostro avviso è la chiave di volta per superare anche certe regole e norme che ci bloccano, infatti dobbiamo avere il coraggio di superare il problema dei mercati in cui l’applicazione rigida di alcuni regolamenti diventa limite allo sviluppo che è poi difesa della tradizione. Deve essere chiaro che Palermo deve avere una sua identità e non può essere tutta street food, dunque ben vengano queste iniziative, ma anche quelle volte al recupero delle borgate marinare, alla piccola marineria, ai pescatori, ai maestri d’ascia. E, perché no, aprire anche agli stranieri che vivono in città e che hanno attività legate alla tradizione dei loro Paesi di provenienza. Bisogna andare avanti e cogliere la vitalità di Palermo».
Per l’assessore una modifica dell’ex articolo 5 che consente la presenza di negozi sopra i 200 metri quadrati in parti della città come via Roma (che al momento conta 77 vetrine chiuse) consentirebbe la presenza di «un negozio di street food in meno». Per Marino «questa è la vera Palermo e bisogna volare alto oltre le carte e la burocrazia e ancorarsi a queste persone che portano avanti la tradizione. Inoltre bisogna accompagnare il turista verso questi circuiti anche sforbiciando la tassa di soggiorno. Occorre sapere cogliere la vitalità di Palermo».