Una «stupida» inviata speciale

“Ann Lesile era già lì quando nessuna autorità voleva che vi fosse”. Così Tiziana Ferrario, uno dei volti più noti del Tg1, introduce una delle più importanti firme del panorama giornalistico mondiale, inviata speciale del Daily Mail da più di 30 anni. Ann Leslie, infatti, durante la sua carriera ha seguito una “lunghissima lista di eventi storici vari: politica, guerre, attualità”, come ci spiega ancora la Ferrario, durante una delle tante interviste in programma durante il Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia.

Più di 30 anni di carriera e la Leslie non è ancora stanca di affermare che “il giornalismo è il mestiere più bello e interessante del mondo”, nonostante da donna sia stata spesso ostacolata. Proprio per la sua grande esperienza e abilità nello sfatare questi tabù ed eludere i blocchi del potere, la Ferrario l’ha definita una “miniera di trucchetti e segreti”, e questa simpatica signora dall’aspetto very British non ha deluso la platea. “Il segreto principale è convincere gli altri che tu sia una donna stupida. Tutti ti crederanno, soprattutto gli uomini. Così passerai inosservata”. Si fa una risatina, ma dal suo tono si capisce che non potrebbe essere più seria. Rincara la dose parlando di borsette, definite come il suo “oggetto giornalistico più utile” e conclude questa prima parte semiseria con un monito: “Non sottovalutare l’importanza del reggiseno. E’ utilissimo, perché ci puoi nascondere di tutto: passaporto, nastri, etc. …”.

Un po’ disorientati da tanto parlare di presunte frivolezze, ci accorgiamo con difficoltà che il discorso è diventato impegnativo. Tiziana Ferrario invita la Leslie ad esporre il suo punto di vista “sulla possibilità come inviata speciale di stare con gli eserciti regolari”. La giornalista britannica tentenna: “E’ difficile usare occhi e orecchie in modo indipendente; sia che si stia dalla parte degli eserciti che da quella dei civili si è coinvolti emotivamente”. Problema che a quanto pare riguarda più le donne che gli uomini reporter, “perché le donne sono più interessate al lato umano della vita, emozionale. Solo che questa femminilizzazione della corrispondenza porta a dimenticare di spiegare il perché la gente combatte. Perché dietro ogni massacro c’è un motivo ed è importante raccontarlo”.

Nel corso di questa piacevole chiacchierata vengono analizzati e commentati con la stessa sottile ironia anche altri aspetti delicati del mestiere giornalistico, non dimenticando di citare qualche aneddoto, giusto per tenere viva l’attenzione del pubblico. Si tratta di questioni di metodo, come la ricerca dell’imparzialità, su cui la Leslie commenta: “Un giornale deve sempre avere una personalità, e la neutralità la rende impossibile”. Oppure il ruolo della tecnologia nei cambiamenti del giornalismo, considerando soprattutto le potenzialità di Internet. Strumento da utilizzare con tutte le precauzioni del caso, specie nella fase di ricerca, che è “parte essenziale di un lavoro”. “Internet è utilissimo, ma è un rete promiscua di fonti, non tutte vere”. Così si arriva a quello che è stato definito “giornalismo pigro”, dove le fonti non vengono controllate e ci si entusiasma tanto per una storia che non difficilmente si rivela una bufala.

Un ultimo commento fuori programma riguarda la notizia dell’apertura di uno stratosferico museo del giornalismo in America. Non poteva non venire spontaneo alla Ferrario chiedere ad Ann Leslie se le piacerebbe essere annoverata tra le firme celebrate in questo novello tempio del giornalismo. La Leslie risponde ridacchiando: “Quando ti mettono in un museo è come dire ‘hai finito’”.
E forse Bernstein non avrebbe apprezzato…


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