Una Fiumara d’amore sulla SS 113 direzione Castel di Tusa

O VOI CHE VI RECATE A MESSINA DA PALERMO. E VICEVERSA. ABBANDONATE L’AUTOSTRADA CON I SUOI VIADOTTI E LE SUE GALLERIE. E TORNATE SULLA STRADA STATALE A GODERVI LA SICILIA. SENZA FRETTA. ALLA RICERCA DELLA BELLEZZA. MAGARI FACENDO TAPPA A TUSA. DOVE OPERA L’ULTIMO DEI MECENATI: ANTONIO PRESTI

di Cettina Vivirito

Da quando hanno costruito quell’assurda autostrada, la costa greca della Sicilia è diventata invisibile; “non ci vuole niente a distruggere la Bellezza” diceva Peppino Impastato nel film I cento passi. “(…) Fanno ‘ste case schifose con le finestre in alluminio i mattoni vivi… la gente ci va ad abitare ci mette le tendine, i gerani, la televisione dopo un po’ tutto fa parte del paesaggio, c’è, esiste. Nessuno si ricorda più di come era prima.(…) Invece della lotta politica, della coscienza di classe e tutte le manifestazioni – ‘ste fissarie… – bisognerebbe ricordare alla gente cos’è la Bellezza, aiutarla a riconoscerla, a difenderla”.

Il suo amico, nel film, ride e non capisce. Lo spettatore osserva e pensa a quanto sia difficile girare attorno a un concetto in tempi di duro pragmatismo. Una leggenda metropolitana vuole però che ciò esista e sia bifronte, da un lato concetto, dall’altro realtà, peraltro, esperibile.

Se non si vogliono inforcare gallerie su gallerie da Palermo a Messina si può arrivare imboccando la vecchia statale, a tutto vantaggio del rallentamento del ritmo, il proprio e quello del paesaggio intorno; (in Sicilia i viaggiatori dovrebbero andare a piedi) ed essere obbligati a contemplare, a essere feriti da troppa luce e sbieghi di intensità e lunghe ombre verdi.

Attraversare Cefalù e diagonali perfette di uccelli in ascesa sulla sua Cattedrale, doppiare treni sbuffanti sul binario unico, prendere un caffè a Santo Stefano di Camastra: che effetto cromatico quella strada che d’un tratto stordisce di colori mentre scende verso il mare! Proseguire ancora un po’ e lasciarsi irretire, a pochi chilometri, dall’Atelier sul Mare. Evocativo quanto mai di Approdo e Arte, prendete un bel respiro prima di entrare se non volete avvertire i sintomi di una rara forma di sindrome di Stendhal, quella italiana, che pure esiste. Un concentrato d’arte pittorica e fotografica e scultorea e miliardi di segni vaganti così intenso da creare un turbamento emotivo, un brivido freddo e rovente lungo la schiena. E soprattutto: staccate la spina dalla Rete, non serve. Siete naufraghi.

Vi trovate dentro a quel caos organizzato che è la corte di Antonio Presti a Castel di Tusa, in Sicilia. Col solstizio d’estate e a seconda dell’ora si può preferire seguirlo su per le prime propaggini dei Nebrodi a tentare di cercare sentieri per arrivare a una Piramide moderna dove l’alba è inenarrabile. Il percorso è quello della Fiumara d’Arte, comincia a mare, sulla spiaggia appare la prima di queste gigantesche opere: il Monumento ad un poeta morto, di Tano Festa, una sorta di finestra sul mare e sull’infinito blu; prosegue, poco dopo, con un piccolo ponte che segna il passaggio del fiume Tusa. Lì, nel mezzo del letto quasi sempre asciutto, la seconda opera: La materia, di Pietro Consagra, linea complessa che si sviluppa su due piani, uno bianco ed uno nero, come un immenso oracolo.

Seguendo il corso del fiume, lungo la strada che si diparte appena prima del ponte, in direzione Pettineo, ci si inoltra nei Nebrodi, lungo un percorso in salita che offre vedute incantevoli, una profonda immersione nella natura. Lungo la strada sfilano figure contorte di ulivi secolari come anime, alternate da aperture solari di ginestra. Superato Pettineo, tipico paesino nebroideo, appare una Curva gettata alle spalle del Vento (di Paolo Schiavocampo), immersa nel silenzio.

Giunti a Castel di Lucio un cartello sulla sinistra indica Arianna, di Italo Lanfredini, che sorge isolata su un colle, un labirinto di pietra spazzato dal vento e circondato dai monti che ne formano un altro.

Di ritorno sulla strada principale si continua lungo la strada che serpeggia verso Mistretta, fino a giungere in vista di una delle ultime creazioni, il Muro di ceramica, opera di quaranta artisti.

Oltre Mistretta, in direzione di Motta d’Affermo, l’onda blu di Energia Mediterranea (Antonio Di Palma), scuote il paesaggio. Il progetto si rinnova con una manifestazione che ha luogo a Pettineo, dove lungo la strada principale vengono srotolati chilometri di tela, e decine di pittori si ritagliano un loro spazio, solitamente in giugno. (sotto, a destra, foto tratta da gaspareagnello.it) 

Finisce al mare, (ma il bello è che non finisce) verso Castel di Tusa, all’Atelier, dove Antonio Presti, ideatore e promotore della Fiumara, ha messo a disposizione degli artisti alcune stanze che sono state trasformate in opere realizzando così un rivoluzionario concetto di fruizione dell’arte: le opere non sono statiche, piuttosto interagiscono in un continuo scambio con chi decide di passarvi la notte; l’ospite non può fare a meno di riflettere, di interiorizzare e scegliere tra:

il rosso passionale di Energia (Maurizio Machetti),

il candore del raccolto Nido (Paolo Caro),

il minimalismo di Mistero per la Luna (Hidetoshi Nagasawa),

il diverso del Mare Negato (Fabrizio Plessi),

la Stanza del Deserto,

la complicata tortuosità della Stanza del Profeta (omaggio a Pier Paolo Pasolini) di Dario Bellezza Adele Cambria e lo stesso Presti,

e tra i “Sogni tra Segni” di Renato Curcio e Agostino Ferrari.

Altre opere andrebbero menzionate, ma il bello è viverle, e scoprirne ancora qualcuna. Il bello è che non finisce.

La storia di Antonio Presti sembra una fiaba metropolitana, e il fatto che sia una realtà tangibile colma tutti coloro i quali ne vengono a conoscenza di un enorme quantità di stupore; una sua dichiarazione d’amore appesa lì per tutti contiene forse l’essenza del Presti-Pensiero:

“Sono qui per stupirmi…. Con lo stupore s’inizia ed anche con lo stupore si termina, e tuttavia non è un cammino vano. Se ammiro un muschio, un cristallo, un fiore oppure un cielo nuvoloso, un mare con il pacato respiro di un gigante… Ogni volta che riesco a vivere in sintonia con un frammento di natura grazie all’occhio o ad un altro senso, ogni volta che sono ad esso attirato ed incantato, aprendomi per un attimo allora dimentico – in quello stesso istante – tutto l’avido cieco modo delle umane ristrettezze, ed invece d’impartire ordini, invece di conquistare di sfruttare, di combattere o di organizzare, in quell’istante non faccio altro che stupirmi e con questo stupore non solo divengo fratello di tutti i poeti, i saggi, ma anche fratello di tutto ciò che ammiro e sperimento come mondo vivente; della farfalla, dello scarabeo, della nuvola, del fiume e dei monti perchè lungo il cammino dello stupore sfuggo per un attimo al mondo della divisione ed entro nel mondo dell’unità, dove una cosa, una creatura, dice all’altra: Questo sei tu”.

Nato a Messina, classe 1957, viene indicato come uno degli ultimi grandi mecenati, appellativo che rifiuta considerandosi semplicemente un uomo devoto alla Bellezza, che a questa ha dedicato tutta la sua vita: bellezza intesa come dono, come condivisione, come pragmatismo civile, come etica.

Dalle movenze di quella che può definirsi una danza d’amore umanistica nasce la missione della Fondazione Antonio Presti-Fiumara d’Arte, di cui è presidente. Il suo particolare concetto della bellezza esclude quello di proprietà: le sculture monumentali del parco della Fiumara d’Arte vengono costruite su terreni demaniali per poter essere donate ai Comuni dell’area. Un dono che gli è costato numerosi processi per appropriazione e abusivismo edilizio, processi che grazie a un’estrema perseveranza (forte quanto un credo religioso) e grazie all’invito raccolto dalla comunità culturale internazionale, si sono conclusi in un nulla di fatto, lasciando le opere libere di essere fruite. Un’esperienza notevole sulla quale il maestro ha continuato a lavorare limando ignoranza e presunzione con la sua propria capacità, fatta di eleganza e leggerezza, di gestire ed elargire tanta bellezza.

La Bellezza non finisce: “Se il valore è la semina, il raccolto di questa semina spirituale di Bellezza costituirà ancora una nuova semina per le generazioni future”. Il maestro conferma il suo impegno civile e culturale per il quartiere di Librino alla periferia di Catania, dove, insieme alla sua equipe, sta lavorando da parecchi anni per la realizzazione di un grande museo all’aperto della fotografia; dove un’installazione ha trasformato un anonimo cavalcavia (con l’aiuto di giovani e bambini delle scuole della zona) in un’autentica Porta della Bellezza che ha colto nel segno anche fuori dai confini etnei e della quale gli abitanti sono orgogliosi.

Stessa proposta per Palermo (magari, verrebbe da dire) dove ha avviato un progetto per il risanamento del fiume Oreto (l’odierna oscena discarica che non si può fregiare del nome di fiume), sul quale vorrebbe realizzare un museo di sculture monumentali per rispondere all’inquinamento con il valore, e al degrado, con la Bellezza.

Iniziative che faranno delle città siciliane il simbolo di una rinascita civile e culturale, di una nuova generazione che non vuole essere più “anti-” (non essendone mai stata parte costitutiva non potrebbe dichiararsi tale, come più volte ha sostenuto il maestro davanti all’etichettatura di uomo “contro” la mafia), ma vuole contribuire a costruire il progetto etico di una Sicilia contemporanea che, scegliendo la via della Bellezza, può parlarne al mondo.

Una fiaba, un’artista che in mezzo ad altri artisti (molti dei quali mostrano i propri lavori come ostentazione del proprio io e del facile arricchimento) alimenta una cultura politica: non un’autocelebrazione per pochi, ma il valore dell’impegno; un concetto di Bellezza che può essere compreso e condiviso anche da chi non si sia mai confrontato con un manuale d’arte.

Chiamato nel capoluogo di Siracusa per riqualificare il quartiere dormitorio della Mazzarona, il maestro non si è tirato indietro; interverrà con un’altra Porta della Bellezza oppure con dei corsi, purché si tratti di “restituire ai giovani il diritto alla cittadinanza”, sostiene. Un impegno a lungo termine, perché la Mazzarona sta a Siracusa come lo Zen a Palermo e Librino a Catania.

Dopo anni di battaglie solitarie, il maestro adesso è conteso piuttosto dagli amministratori locali, dalle Università, per iniziare altrove percorsi culturali simili a quello librinese.

“Si tratta di un discorso politico-civile su come restituire la conoscenza ai ragazzi – commenta il maestro – “Se un bambino nasce alla Mazzarona, deve essere libero e solo la cultura può riuscire a farlo. Quando cinque anni fa è stata inaugurata la Porta della Bellezza a Librino, nessuno poteva immaginare che i più strenui difensori di quest’opera sarebbero diventati gli abitanti di Librino”, conclude Presti durante la presentazione del progetto.

“Guai a chi tocca la Porta, continuano a dire fino ad oggi. (…) Alla Mazzarona, così come a Librino, dobbiamo spiegare che per resistere non bisogna chiedere ma fare”.

A proposito di Arte e Politica, che potrebbero diventare un ossimoro a seconda del punto di vista, ad Antonio Presti non sono piaciute le voci che lo vedrebbero al centro di un gioco che coinvolgerebbe il Governo regionale e il parlamento di Bruxelles.

Quel “domino” che avrebbe dovuto favorire la candidatura alle Europee di Beppe Lumia e il contestuale “ripescaggio” a Palazzo Madama di Nicolò Marino. Un gioco che sarebbe possibile solo se Antonio Presti, primo dei non eletti al Senato, rinunciasse a quella carica.

“(…) Non sono una persona che può essere coinvolta in queste cose. Non sono mica uno scambista…”, ha dichiarato al giornalista. Però è stato candidato alle politiche, ci chiediamo tutti come possa tirarsi fuori da quei meccanismi, “un fatto di statura” sostiene con veracità, “un altro modo d’intendere la vita; (…) tornare a pensare al bene comune, che in questo caso è la Sicilia. E invece, non vedo altro che logiche di partito e spartizioni del potere. Questa terra non è coniugata al futuro”.

“Malgrado Crocetta”, ha sostenuto, “costretto a mediare su argomenti legati a singoli interessi personali e di partito (dovrebbe osare di più), oggi credo sia troppo diffuso l’intento di distruggere, azzerare. Le cose possono essere cambiate, senza necessariamente distruggerle. Le persone che vogliono cambiare le cose devono essere protette e nutrite. E deve essere la gente a cambiare, prima di tutto”.

Fare arte, in questo caso, arte attiva, alla Presti. Una piena realizzazione sensibile di solidarietà universale, cioè la bellezza perfetta intesa non soltanto come idea riflessa dalla materia, ma come idea effettivamente presente “nella” materia, cosa che presuppone innanzitutto un’interazione profondissima e strettissima con se stessi.

Dunque un’arte che recupera la missione del servizio, un’arte che tesse le relazioni tra le persone, comunica qualcosa che supera lo stato d’animo soggettivo, che recupera la bellezza come realtà d’amore. Con onestà intellettuale il maestro Presti porta avanti una missione straordinaria, disseminando segni contemporanei di bellezza, trasmutando le marginalità socio-culturali delle periferie in valorizzazione dei territori; tutelando e valorizzando il patrimonio storico, culturale, etno-antropologico, le aree dismesse e i beni di interesse naturalistico e storico-artistico, e non è certo poco.

C’è sempre qualcosa che ci allontana da quello che siamo stati, senza avvicinarci a nulla. A volte, però, “soffia un vento che ti pettina come può, e non prende ordini da nessuno”.

 


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