Una battaglia di libertà per la Sicilia

dal segretario del Frnte nazionale siciliano
Giuseppe Scianò
riceviamo e volentieri pubblichiamo

Diciamo subito che quella che esplose a Castellammare del Golfo il 1° gennaio del 1862 fu una grande sommossa popolare a carattere indipendentista contro il malgoverno italiano e contro la mala unità. Certamente, i ribelli agirono inizialmente contro i rappresentanti politici ed istituzionali del Governo italiano in loco, fossero o no siciliani questi ultimi. E contro gli esponenti più in vista di quella borghesia parassitaria che si era arricchita collaborando alla conquista ed all’occupazione, – ed alla riduzione in miseria ed in colonia di sfruttamento, interna al Regno d’Italia – di tutta quanta la Sicilia.
Questi esponenti della piccola borghesia si erano personalmente avvantaggiati e spesso arricchiti in brevissimo tempo, tradendo gli interessi generali della Sicilia e quindi anche quelli della popolazione di Castellammare (nel caso in questione). Influivano, nel malcontento generale, il crollo dell’economia, della produttività, degli scambi, del commercio che si era verificato dal 1860 in quella città ricca ed operosa, in terra ed in mare. Il crollo era soprattutto conseguenza dei “fatti” del tragico biennio 1860- 1861. Una delle cause scatenanti della rivolta era anche il problema della leva obbligatoria, che in Sicilia, come ben sappiamo, non era accettata.
Tutte queste condizioni di fatto, impedivano ed impediscono di definire la rivolta di Castellammare come rivolta dei “cutrara” (in ogni caso si dovrebbe dire rivolta contro i “cutrara”). Questa denominazione, tanto gradita alla storiografia ufficiale, è in realtà riduttiva e depistante, sia per le finalità, della sommossa, sia per la vastità della partecipazione popolare e sia per la “organizzazione” complessiva dei ribelli, che avevano addirittura quadri dirigenti, bandiere, programmi ed una strategia “militare-guerrigliera” tali da mettere in crisi le pur preponderanti forze militari accorse in un primo momento. Fu necessario – per affrontare i guerriglieri – l’intervento di una vera e propria “colonna” di migliaia di soldati comandata dal Generale Pietro Quintino, che farà terra bruciata intorno a sé.
Intanto, tutte le prefetture della Sicilia, allertate immediatamente si mobilitarono a loro volta per prevenire altre rivolte nelle province di rispettiva competenza. A proposito delle bandiere dei ribelli, dobbiamo sottolineare che queste erano rosse. E non già per richiamarsi al colore del nascente movimento marxista, bensì per solidarietà con gli altri ribelli del Sud che avevano adottato, in tutti i territori del soppresso Regno delle Due Sicilie, il colore rosso per le bandiere di combattimento.
Quelle popolazioni e quei ribelli lottavano contro l’occupazione “piemontese”. Rossa sarà anche la bandiera della ancora più grande, rivoluzione, quella del ‘Sette e mezzo’, che si svolgerà a Palermo dal 15 al 22 settembre 1866. Di questa “rivoluzione” la rivolta di Castellammare sarà, sotto molti aspetti, anticipatrice, come risulterà – fra l’altro – dagli atti parlamentari immediatamente successivi ai sanguinosi eventi.
Ci siano consentite alcune riflessioni specifiche. Quel Capodanno insanguinato e tragico del 1862 di Castellammare del Golfo dimostra ancora oggi che il Popolo Siciliano, quando non ne può più di subire angherie ed espoliazioni, sa alzare la testa e sa difendere la propria dignità il proprio onore e, soprattutto, il diritto all’indipendenza e alla libertà della Sicilia.
Il Fronte Nazionale Siciliana (FNS) pretende verità e giustizia per le rappresaglie ed i metodi nazisti ante-litteram usati nella repressione. Il fatto più scandaloso e crudele della repressione fu la fucilazione, per rappresaglia, di sette vittime innocenti, compresi un sacerdote e una bambina di nove anni.
Quanti furono i morti? Centinaia e forse migliaia, dall’una e dall’altra parte. Finiamola, pertanto, di ricordare la rivolta di Castellammare come una rivolta a carattere “sindacale” o come una delle tante proteste, un po’ più spinta, contro la leva obbligatoria. Quella di Castellammare fu una grande rivolta “nazionale” siciliana. E non sarà l’unica della Storia della Sicilia post-unitaria. L’ FNS vuole che siano riconosciute questa e le altre tante verità negate della lunga e dolorosa storia della Sicilia post-unitaria. Ed è grato a quanti si sono battuti per tale riconoscimento ad ogni livello… negli anni bui. Un particolare, grato, pensiero va rivolto al professore Corrado Mirto, il quale da diversi decenni, ininterrottamente, in ogni sua conferenza sulle vicende risorgimentali, ha ricordato, spesso con commozione, il
dramma di quella piccola, innocente, Angela Romano, vittima dell’oppressione colonialista imposta al Popolo Siciliano anche dopo la cosiddetta annessione della Sicilia al Regno d’Italia.
Analoga gratitudine va rivolta al dottor Nino Aquila per la bella “ballata” dedicata appunto ad Angela Romano e che è stata adottata come filo conduttore di uno dei più interessanti documentari televisivi (se non il più interessante) sul 150° anniversario della proclamazione del Regno d’Italia.
Il 3 gennaio una delegazione FNS ha reso omaggio ad Angelina Romano e a tutte le vittime della rivolta e della successiva azione repressiva dell’Esercito del Regno d’Italia e dello stesso Governo Italiano.

 

 

 

Redazione

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