Un romanzo a fumetti per raccontare Libero Grassi «Disegni arrivano forti e diretti. Ideale per i giovani»

«Il disegno porta con sé un messaggio apparentemente semplice, ma le immagini arrivano forti e dirette: in questo modo abbiamo pensato di diffondere ai più giovani la cultura della legalità e della lotta alla mafia». I sacrifici delle vittime di mafia possono diventare dei fumetti per essere letti da tutti? Il racconto del giornalista campano Raffaele Lupoli dimostra che è possibile. Dal 2009, insieme a Laura Biffi e al disegnatore Riccardo Innocenti, ha dato vita a otto storie di uomini e donne che hanno combattuto la mafia, messe insieme sotto forma di disegni e trame ricche di particolari. 

Oggi, in edicola con Il Fatto Quotidiano, è uscito il volume sulla storia di Libero Grassi, pubblicato per la prima volta nel 2011 e che Il Fatto ha deciso di ristampare per la collana #chiedichieranoglieroi, con la collaborazione delle case editrici Paper First, Round Robin e Becco Giallo.

«La storia di Libero Grassi mi ha segnato particolarmente, fino a diventare un punto di riferimento – racconta Lupoli –. Avevo 16 anni nel 1991 quando sentii quest’uomo parlare in tivù. Per la prima volta vedevo una persona della società civile, in giacca e cravatta: non un magistrato o un poliziotto. Il giorno in cui è morto mi colpirono le parole di suo figlio: da lì ho avuto la piena percezione che la mafia riguardava tutti noi, che avevamo il dovere di combatterla semplicemente facendo il nostro mestiere». Così, dopo avere già dato vita attraverso il fumetto a diverse storie, come quella di don Giuseppe Diana e Pippo Fava, Lupoli e gli atri collaboratori hanno fatto luce su Libero Grassi, quando nel 2011 il caso fu riaperto dalla magistratura. Dietro ai disegni c’è un approfondito lavoro di ricerca fatto di sentenze di tribunale, articoli di giornale e fotografie che fanno sì che le ambientazioni siano identiche a quelle dove agivano i protagonisti.

«Le immagini dei fumetti spesso sono forti, ma cercano di calare il lettore totalmente nella realtà – fa notare Lupoli -. Il nostro disegnatore ha dovuto cambiare nottetempo la scena dell’omicidio di Grassi, perché la sentenza confermò che sono state due pistole ad ucciderlo. Non è sempre facile spiegare questi particolari ai più piccoli, ma dal disegno e dalle storie di vita viene fuori la quotidianità di questi personaggi che non hanno i super poteri, ma con semplicità si oppongono a un nemico fortissimo, facendo vincere tutti noi». Alla realizzazione dei fumetti ha collaborato l’associazione romana daSud, che ha messo insieme giornalisti e volontari per portare la cultura antimafia nelle scuole da Roma in giù. Col tempo le vite delle vittime della mafia sono diventate anche laboratori e iniziative che hanno coinvolto gli studenti che vanno dalle scuole elementari alle superiori.

«A differenza degli altri fumetti in cui siamo abituati ad assistere il trionfo dei supereroi, nelle nostre storie non sempre c’è il lieto fine – conclude –Abbiamo voluto dimostrare che oggi chi si oppone alla mafia non è isolato, sottolineando l’importanza dell’impegno civile».


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