Un parcheggio è pur sempre un parcheggio

Quante storie nate in quel pezzettino di verde al centro del grigiore di un lungomare troppo carico di tristi palazzoni. Quante volte abbiamo sentito dire “ci vediamo in piazza Sciascia”! Luogo di incontro per i ragazzi di Catania che decidevano di trascorrere le serate in zona lungomare. Un luogo che d’estate subiva il fascino esotico della gente in costume che si riparava sotto la fresca ombra di una palma, dopo ore di solarium.

Il lungomare catanese ha perso per sempre uno dei suoi pochi gioielli. L’unica piazzetta verde, con piccoli giardinetti e palme, che dava sul mare e ne permetteva la visione – visone troppo spesso nascosta da orribili costruzioni condonate da non si sa più chi. Uno dei pochi spiazzi vivibili da cui affacciarsi e godere lo spettacolo di una delle poche cose che la nostra terra offre. Il mare.

Il comune ha deciso di appaltare ad una società privata la costruzione di parcheggi proprio al posto di quella piazzetta nata pochi anni fa’. E allora in poche ore, bellissime palme e aiuole ancora verdi, nonostante gli anni e i cani, sono sparite nel nulla. Adesso ci sono solo i segni intangibili dei lavori in corso e una striscia di cemento che lascia presagire il peggio. Nera come la lava del vulcano che da lontano si intravede tra le nuvole; sembra sorridere il bestione, ci deride all’ennesimo scempio permesso dalle amministrazioni della città dai mille parcheggi e dalle dodicimila rotatorie.

Poco importa ormai chiedersi se fosse così necessario un parcheggio in una zona trafficata solo 2 mesi l’anno. Una zona della città che raramente subiva imbottigliamenti dovuti alla mancanza di parcheggi. Poco importa, perché adesso quello che conta è che piazza Sciascia è ridotta a un cumulo di terra. Asfalto. Adesso il quadro sembra completo. I palazzoni anni ’60 – monumenti a un boom economico ancora rimpianto – che costeggiano il lungomare hanno trovato un nuovo amico. Troppo verde la precedente piazza per poter essere degna di quel paesaggio macabro. Vedere o tentare di immaginare il plastico del progetto non credo ci possa consolare. Un parcheggio è pur sempre un parcheggio. Lo puoi chiamare come vuoi, ma puoi dimenticarti il verde, i giochi per i bimbi, le panchine su cui d’estate mangiare un gelato o la sera bere una birra, i chioschetti con la musica. Niente di tutto ciò. Solo odore d’olio di motore (quello di frittura già sarebbe stato più incoraggiante) e asfalto macchiato.

Ognuno ha le sue idee, e il bello della nostra società è proprio questo. E allora vado a chiedere ai ragazzi che sembrano entusiasmarsi ad ogni progetto. Puntualmente, a sostegno delle loro tesi, affiancano i disegni del futuro lungomare catanese ai plastici del lungomare di Barcellona. Un paragone che non è solo sulla carta, lo si sente spesso in giro, soprattutto quando i ragazzi presentano la città ad amici forestieri. Ho pensato, sono pazzi? Ma poi ho visto quei cartelli orrendi “Catania capitale del Mediterraneo”. Allora ho capito. Non è colpa loro. Qui viviamo nella schizofrenia più assurda. Va bene essere brancatianamente attaccati alla propria terra, ma basta viaggiare un po’ per capire che ci stanno prendendo tutti in giro. Ci hanno da sempre presi in giro. Sorridevo a questi ragazzi, loro ci credono. Io mi vergognavo. Provavo imbarazzo. L’umiltà, che in questa città sembra sempre più una parola astrusa e priva di significato, è andata per l’ennesima volta a farsi benedire. A noi non resta che “godere” dell’ennesimo parcheggio-regalo (un giorno mi spiegheranno dove hanno visto tutta questa ricchezza da proporre parcheggi a più di un euro l’ora). Alla città non resta che piangere l’ennesima perdita.


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