Uno scherzo a cui in pochi hanno creduto, con il tempio della Concordia inglobato in una galleria di negozi. Il messaggio del'architetto Andrea Di Raimondo: «Solo grazie alle associazioni piccole o grandi, le cose stanno iniziando a cambiare davvero»
Un centro commerciale nella Valle dei Templi «Pesce d’aprile contro l’uso dei beni culturali»
Un centro commerciale nella Valle dei Templi, in cui perfino il tempio della Concordia finisce dentro una gallery di negozi. Scempio? No, un pesce d’aprile messo in atto da uno studio di architetti catanesi, Tam. In pochi ci hanno creduto, nonostante la planimetria e la ricostruzione in 3D. Persino il nome – Le colonne di Akragas – e l’annuncio: «Con la speranza di dare un’opportunità di rilancio economico per la Sicilia». «Poco importa – spiega l’ideatore, Andrea Di Raimondo – volevamo lanciare un messaggio di protesta nei confronti dell’attuale utilizzo siciliano dei beni culturali».
Una satira sul delicato confine dell’uso privato dei beni culturali pubblici. «Il tempo della Concordia come non lo avete mai visto – si legge nella descrizione del progetto – luci e led di ultima generazione, giochi d’acqua e concerti musicali». Nessuno era mai arrivato a tanto, anche se la scorsa estate la Valle dei Templi è stata riservata per la festa organizzata dai fondatori di Google, con una cinquantina di vip arrivati con auto blu ed elicotteri e proprio il tempio della Concordia diventato set per la cena.
Lo scherzo degli architetti di Tam parte da un aneddoto reale. «Stavamo effettuando delle indagini archeologiche a Centuripe – racconta Di Raimondo – presso un mausoleo funebre di età romana, e la gente che passava da lì si soffermava spesso a chiederci cosa stessimo facendo. Noi all’inizio spiegavamo che era uno scavo archeologico, ma ad un certo punto abbiamo cominciato a dire che stavamo lavorando per fare un centro commerciale. E la gente ci credeva». L’ultima notizia che ha convinto a mettere in atto il pesce d’aprile è stata quella della messa in vendita o in concessione ai privati di 200 beni storici dello Stato, di cui una trentina in Sicilia, compreso il Castello di Nelson a Bronte.
«In Sicilia – continua – sono molti i monumenti e le aree archeologiche o abbandonate o deturpate. Penso a Morgantina e a quella orrenda e inutile scala in metallo. Penso a Enna dove hanno segato un pezzo del costone roccioso su cui sorge il Castello di Lombardia. Penso a Catania dove hanno costruito la cabina elettrica nel fossato del castello Ursino a ridosso delle mura difensive, eliminando così qualsiasi possibilità di capire il sistema difensivo del maniero svevo. Ci potrebbero essere tanti altri esempi ma vorrei fermarmi qua, ho sempre pensato che lamentarsi non porta da nessuna parte, bisogna rimboccarsi le maniche affinché ognuno faccia la sua piccola parte. Io provo a fare la mia».
Secondo l’architetto la speranza viene dal basso. «Parlo di associazioni private piccole o grandi, le cose stanno iniziando a cambiare davvero. Queste piccole realtà sono il motore del cambiamento secondo me, in un periodo nel quale l’incompetenza e l’incapacità della macchina politica non riesce più a produrre idee nuove e utili e funzionali».