Ucciardone, un’altra rivolta dopo poche ore di tregua Lenzuola date alle fiamme e lanciate fuori. «Assassini»

«Assassini!». A urlarlo, affacciati fuori dalle finestre sbarrate del carcere Ucciardone, sono alcuni detenuti. Un grido accompagnato dal rumore delle stoviglie sbattute contro le sbarre, per richiamare l’attenzione. Una nuova rivolta all’interno dell’istituto di pena, dopo che la prima si era sopita solo da poche ore. I detenuti hanno addirittura dato fuoco ad alcune lenzuola, lanciandole poi attraverso le inferriate. Nel frattempo le forze dell’ordine, in assetto antisommossa, presidiano il carcere. Mentre le strade attorno alla struttura sono state chiuse. I detenuti contestano le misure di sicurezza anti-Coronavirus predisposte negli ultimi giorni per contenere i contagi, in particolare i limiti imposti ai colloqui coi famigliari, interrotti fino al 3 aprile, e chiedono un provvedimento di clemenza in forza dell’emergenza Covid-19. Stamane un gruppo di reclusi aveva scavalcato alcune mura di recinzione interne. Proprio dall’Ucciardone un detenuto aveva tentato l’evasione.

«Da soli – denunciavano già stamattina le sigle sindacali della polizia penitenziaria Sappe, Osapp, Uil Pa, Fns Cisl, Cgil, Cnpp Fsa – non potranno arginare le sommosse e le rivolte dei detenuti che, cogliendo l’occasione della sospensione dei colloqui con i familiari, violano la legge distruggendo tutto con il fine anche di evadere dagli istituti penitenziari. Per questi motivi chiediamo aiuto al Presidente della Regione Sicilia, ai Prefetti, ai sindaci, affinché questa emergenza venga affrontata con la giusta determinazione, sollecitando il presidente del Consiglio affinché metta a disposizione della polizia penitenziaria – con la massima celerità – personale e mezzi idonei a fronteggiare le costanti e pericolose violenze».

Sembra il caos. Ma le proteste non sono scoppiate solo nelle carceri palermitane, ma in numerosi altri istituti di pena italiani dove, in alcuni casi, alcuni detenuti sono anche morti. L’Ucciardone è un carcere storico di Palermo, attivo dal 1842, è articolato in 264 stanze che ospitano circa 400 detenuti e le origini datate dell’edificio non possono che influenzare negativamente la permanenza all’interno della struttura. Una struttura di per sé obsoleta, con pochi spazi destinati ai detenuti. Gli stessi che oggi si sono lasciati andare a una vera e propria psicosi, lasciandosi andare a una protesta che, al momento, non sembra volersi placare all’interno delle mura della struttura detentiva. 

Silvia Buffa

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