Un percorso che si snoda attraverso sei capitoli, uno spazio museale nel quale anche le pareti si piegano alle esigenze dell'artista, un racconto crudo del mondo odierno. È il lavoro creato della palermitana Stefania Galegati Shines alla galleria Francesco Pantaleone. Una raccolta nata dopo un viaggio a Londra e definita dalla curatrice Agata Polizzi «dinamica, senza gerarchie, intenzionalmente spiazzante»
Tuttifrutti, un museo della nostra realtà A Palermo la mostra di Stefania Galegati
La casa-museo di un eccentrico collezionista inglese dal gusto eclettico diventa ispirazione per un percorso artistico fatto di parole, immagini e riflessioni sulla nostra realtà. È il risultato del lungo lavoro compiuto da Stefania Galegati, in arte Shines, artista palermitana che da sabato 21 al 15 febbraio espone la sua mostra dal titolo indicativo Tuttifrutti alla galleria Francesco Pantaleone di Palermo. Tutto parte da un viaggio in Inghilterra, nel 1996, dove una giovane Galegati incontra per la prima volta John Soane. La casa di Lincoln’s Inn Fields dell’architetto neoclassico – anticipatore della moderna museografia – ha tra le molteplici attrattive la possibilità di sfogliare letteralmente le pareti dell’edificio con strutture mobili. Questa caratteristica, assieme agli oggetti e alle particolari illuminazioni rimangono impresse nella sensibilità artistica di Stefania Galegati che pian piano inizia a formare un archivio tutto suo.
L’opera di raccolta «dinamica, senza gerarchie, intenzionalmente spiazzante», come la definisce la curatrice della mostra Agata Polizzi, viene impostata in maniera tale da riprendere l’idea delle pareti mobili. Non un’esposizione di tipo museale come s’intende nell’immaginario comune, dunque, ma un percorso che svela «la sua personale visione: disincanto e ironia e un punto di vista lucido, agro-dolce e onesto della società contemporanea, alle prese con una quotidianità a volte distratta e superficiale in cui occorre necessariamente sempre “riposizionarsi”».
Sei sono i capitoli della storia che Shines mette a disposizione dei fruitori: You are not my sweet skater è una selezione di foto scattate dal 2006 nelle quali l’elemento principale sono le t-shirt e le scritte che le decorano. Mettendo al centro i messaggi portati in maniera più o meno consapevoli, la galleria si trasforma anche in studio sociologico: così come i post acchiappa-clic sui social network, molto spesso anche slogan e frasi più o meno ricercate non sono altro che ricerca di consenso e approvazione. «Lartista sinterroga su tutte le parole sprecate, sull’abuso della parola, di cui si è persa la forza, violentata e storpiata, imbastardita e contratta», spiega Polizzi.
Gli illuminatiTre le immagini protagoniste della sezione Bar sport, foto di un tipico locale della provincia. Gli illuminati, invece, sono ritratti di uomini dormienti contraddistinti da un cristallo raffigurato sulle loro teste. Punto centrale del percorso è Inside Outside Upside Down (Landscape for my brother), «installazione con una piccola opera nascosta e preziosa». Come suggerisce il titolo, per comprendere l’opera serve esaminarla fuori e dentro, ma anche sopra e sotto. «Per vedere bene occorre fermarsi e piegarsi. Occorre cercare e scoprire, andare oltre intenzionalmente – scrive Agata Polizzi – Nella sua parte non visibile sta tutto un mondo, un microcosmo che aspetta di essere scoperto». A spiazzare lo spettatore contribuisce Tremate tremate le streghe son tornate, stampa raffigurante una donna dal sorriso sfuggente e alle sue spalle, sullo sfondo, la frase che dà il titolo dell’opera ripetuta svariate volte. L’attrazione ancestrale per la morte e il mistero, rappresentati dai cimiteri, ricorre in Infinito, doppio ritratto di due sposi creato dopo una visita al Verano di Roma. La coppia rappresenta l’immutabilità di un legame, quello matrimoniale, allo stesso tempo eterno ma anacronistico.
Chiude il cerchio l’opera che dà il titolo all’intera mostra, Tuttifrutti, un video che è anche un racconto dei giorni nostri. «Lo spaccato di una realtà così vicina al reality tanto da spostare in avanti uno spaesamento che stenta a riconoscere i limiti, gli eccessi, le possibilità, le necessità». Un ritratto crudele, che «nel suo paradosso celebra uningenua e gioiosa noncuranza delle proprie reali possibilità, celebra il disincanto con cui anche solo per poche ore tutto è possibile e finanche vero – prosegue Polizzi – Il desiderio di apparire più belli, più ricchi, più eleganti, più felici passa attraverso la favola per eccellenza, quella del matrimonio, quella che sancisce il passaggio alla vita adulta, che sintetizza i sogni e la speranza nel futuro».
[Nelle foto Gli Illuminati, 2013 olio su cartone, courtesy Francesco Pantaleone arte contemporanea]