Oltre dieci anni di attesa, inaugurazione in pompa magna – con tanto di celebrità e selfie su instagram – e poi, a distanza di una settimana, i sigilli. E lo spettro di due interrogazioni parlamentari. Non parte certamente sotto i migliori auspici il Club Med di Cefalù, il resort turistico di lusso che ha investito molto sulla cittadina normanna e sulle potenzialità di poter attirare, oltre le frotte di turisti che già ogni anno si accalcano su uno dei più bei litorali siciliani, anche le persone più facoltose.
Era il 3 giugno, e sembra già un secolo fa, quando veniva tagliato il nastro della rinascita del Club Med, chiuso nel 2005 e che ha riaperto solo nel 2018, dopo una serie di vicissitudini legate soprattutto alle autorizzazioni e alle transazioni societarie. Presenti tra gli altri il sindaco Rosario Lapunzina, il vicepresidente della Regione (e assessore all’Economia) Gaetano Armao, il vescovo Giuseppe Marciante. Il villaggio all’apertura vantava già prenotazioni per l’80 per cento dei posti, in prevalenza da Usa, Francia, Belgio, Russia, Germania, Canada, Sud Africa.
Passano però pochi giorni e la capitaneria di porto, nel corso di specifici controlli, sequestra pontili e piattaforme a mare. Accertamenti sulle strutture avrebbero evidenziato delle presunte difformità tra le concessioni rilasciate e le opere realizzate. Il sopralluogo e il successivo provvedimento di sequestro sono stati coordinati dalla procura di Termini Imerese.
Il resort esclusivo, costato circa 90 milioni di euro, è la prima struttura del genere, aperta dal colosso del turismo mondiale nel bacino del Mediterraneo. Club Med ha già presentato un’istanza di dissequestro che sarà esaminata dalla procura. In ogni caso, a parte le infrastrutture poste sotto sequestro, la struttura rimane aperta e fruibile. Anche se di certo l’immagine del resort non ne guadagna. Una vicenda offuscata poi anche dalla protesta degli ex lavoratori del Club Med che, in base a un accordo sindacale firmato alla momentanea chiusura, avrebbero dovuto essere riassunti. Sono circa un’ottantina i lavoratori rimasti fuori, ai quali la nuova dirigenza del resort ha preferito nuovi assunti.
La Uiltucs Sicilia, guidata da Marianna Flauto, ha annunciato la ripresa delle azioni di protesta – le prime si erano svolte nei giorni dell’inaugurazione per poi essere sospese in attesa di incontri in sede istituzionali. L’11, il 12 e il 13 giugno dalle 9 alle 18 ci sarà un nuovo presidio davanti gli ingressi della struttura a Cefalù. «Altre azioni di protesta – afferma una nota il sindacato – si realizzeranno anche via mare, con imbarcazioni che potranno sostare davanti la spiaggia del Club Med con le modalità e nel rispetto delle previsioni del codice della navigazione».
La società intanto si dice certa che quell’accordo firmato nel 2005 non ha più valenza, ma in ogni caso ha affermato di essere disposta a trovare una soluzione. Che però tarda ad arrivare. Ecco perchè lo scorso 5 giugno il deputato di Liberi e Uguali Erasmo Palazzotto ha presentato un’interrogazione, a risposta scritta, per chiedere al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali se sia «a conoscenza della vicenda» e «se intenda attivare un tavolo di confronto tra sindacati e azienda». Nel testo si legge poi che «sicuramente non possono essere gli ex lavoratori Club Med a fare le spese di ritardi e di transazioni societarie messe in atto dall’azienda in questi anni, né tanto meno si possono creare, sempre a causa delle aziende, le condizioni per uno scontro tra vecchi e nuovi lavoratori del villaggio».
Non solo. Al Senato dal 21 dicembre scorso giace un’altra interrogazione, presentata dall’ex senatore di Mdp Francesco Campanella, che avanza dubbi sul rilascio delle autorizzazioni ambientali. Visto che quella che è una delle rupi più celebri del Mediterraneo risulta adesso in parte cementificata. L’iter dell’atto è tuttora in corso, e si dovrebbe attendere a breve una risposta dal neonato governo. «Si chiede al ministro – si legge nell’interrogazione – di verificare che il rilascio delle autorizzazioni sia stato eseguito rispettando tutte le procedure previste dalla legge e se i criteri per la realizzazione della struttura non si pongano in contrasto con le esigenze di tutela ambientale della macchia mediterranea e delle aree marine connesse. Se intenda adoperarsi, al fine di verificare se l’impatto del processo di cementificazione sia stato effettivamente considerato nella valutazione d’impatto ambientale propedeutica al rilascio della concessione edilizia da parte del Comune e se effettivamente gli uffici comunali e regionali preposti stiano esercitando i doverosi compiti di vigilanza sul cantiere».
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