Tutti contro tutti alle elezioni regionali dove nessuno si fida più di nessuno

L’unica cosa sicura, fino ad oggi, è la data delle elezioni: si voterà il 28 ottobre per eleggere il nuovo presidente della Regione e i 90 parlamentari di Sala d’Ercole. Per il resto, la confusione, sotto il cielo della politica siciliana è somma. Per ora si contano quattro, cinque, forse sei candidati alla guida dell’Isola. Con tre medi o grandi schieramenti che, ancora, non sembrano avere trovato il proprio candidato. Perché?

Sono solo le ordinarie difficoltà o c’è altro? Forse la risposta alle difficoltà in cui oggi si dibatte la politica siciliana vanno cercate negli ultimi quattro anni di governo. Raffaele Lombardo, il presidente uscente, è stato eletto nel 2008 con una maggioranza schiacciante di centrodestra: quasi il 70 per cento dei voti di lista. Ma, di fatto, ha governato con una maggioranza di centrosinistra. In pratica, con lui alla presidenza della Regione, i vincitori sono passati all’opposizione e i perdenti al governo.

Non solo. In quattro anni, forte di una legge elettorale sbagliata (la legge che nel 2001 ha introdotto in Sicilia l’elezione diretta del presidente della Regione, dando al presidente poteri enormi e indebolendo l’Ars), Lombardo ha fatto tutto quello che ha voluto: ha cambiato, come già detto, alleanze politiche; ha cambiato quattro o cinque giunte, buttando fuori dal governo i parlamentari e piazzando in giunta ‘tecnici’ (con un aggravio enorme di costi, perché, di fatto, ha erogato a tali tecnici, non eletti all’Ars, indennità pari a quelle dei parlamentari); ha sostituito a ripetizione i dirigenti generali dei dipartimenti regionali, mandando a casa, di volta in volta, dirigenti a lui sgraditi (o diventati tali perché non ‘ubbidivano’ ai suoi ordini). Insomma, in oltre sessant’anni di storia dell’Autonomia non si era mai visto un presidente della Regione siciliana così potente e così indisponente.

In pratica, un despota. Un ‘tiranno’ che i parlamentari dell’Ars, però, non hanno mandato a casa, perché nessuno di loro se l’è sentita di perdere l’indennità di parlamentare (20 mila euro al mese circa). (per la cronaca, Lombardo si è dimesso, non è stato ‘sfiduciato’). 

Il guaio è che la legge elettorale non è cambiata. E le forze politiche sanno che il futuro presidente della Regione si potrebbe comportare così come si è comportato Lombardo. Da qui le difficoltà per le forze politiche nel trovare i rispettivi candidati. Nessuno, ovviamente, lo dice: ma dopo la disastrosa esperienza di Lombardo tra i partiti politici tradizionali nessuno si fida più di nessuno.
Nascono anche da qui i problemi per Gianfranco Miccichè, leader di Grande Sud, il candidato alla guida della Sicilia che non riesce a convincere i big del centrodestra. Oltre che dal suo partito, Miccichè dovrebbe essere appoggiato dal Pid, dal Pdl, dalla Destra di Nello Musumeci e, magari, da qualche altra piccola forza politica.

A sbarrargli la strada, fino ad oggi, è stato il Pid e, soprattutto, il Pdl, l’ex Partito dello stesso Miccichè. In questo passaggio politico, contro il leader di Grande Sud, giocano anche invidie personali, incomprensioni, richiesta di un candidato “più rassicurante” (come ha dichiarato nei giorni scorsi al nostro giornale il Senatore Giuseppe Firrarello, leadee del Pdl nella Sicilia orientale). E anche qualche possibile tradimento: ovvero esponenti del Pdl, ormai in ‘uscita’, che si metterebbero di ‘traverso’, rispetto alla candidatura di Miccichè, per conto di un altri schieramenti (Pd e Udc).

Veleni, giochi trasversali, tradimenti. Ma anche il Cavaliere di Arcore, che non sembra più in grande sintonia con Miccichè. Si racconta – lo raccontano alcuni esponenti del Pdl: e le voci si sa, volano veloci di bocca in bocca – che la scorsa settimana una delegazione di esponenti del centrodestra siciliano sarebbe stata ricevuta a Roma, a Palazzo Grazioli, da Berlusconi in persona. Forse il Cavaliere voleva capire. Ma non spianare la strada a Miccichè. Avrebbe infatti detto, Berlusconi – ma ovviamente sono indiscrezioni da prendere con le pinze – di non aver mai autorizzato la nascita di Grande Sud. E, soprattutto, di non aver mai ‘benedetto’ la partecipazione del suo pupillo (o ex pupillo?) – cioè di Miccichè – nel 2010, al Governo Lombardo.

Insomma: se non è una presa di distanza poco ci manca. Una freddezza che avrebbe incoraggiato quanti, tra Pdl e Pid, non gradiscono la candidatura di Gianfranco Miccichè. Da sostituire, magari, con Roberto Lagalla, già assessore regionale alla Sanità, oggi Rettore dell’Università di Palermo, tecnico apprezzato e, soprattutto, ‘libero’, ovvero senza un Partito politico alle spalle: una garanzia in più che, una volta a Palazzo d’Orleans, non mangi la “mela proibita’ del potere demoniaco: quella mela ‘proibita’ che ha ‘avvelenato’ l’esperienza di Lombardo.

E allora? Ormai, nel centrodestra sicilano, la partita sembra tra Miccichè e Lagalla. Con Nello Musumeci in accoppiata con uno dei due.

Nonostante il ‘fuoco di sbarramento’, la partita di Miccichè non è chiusa. Anche se i principali problemi, come già accennato, Miccichè li ha nel Pdl, con lo stesso Berlusconi, ce la potrebbe ancora fare: ma dovrà avere l’appoggio – quello vero – del Cavaliere. E dare garanzie precise agli alleati. In altre parole, solo se Berlusconi  scenderà in campo per Miccichè, smentendo tutte le voci, lo cose potrebbero cambiare. In questo caso il leader di Grande Sud avrebbe i via libera. 

La seconda alternativa è Lagalla. La terza via è un centrodestra in ordine sparso, con una sconfitta certificata in partenza sul modello elezioni comunali di Palermo.

Non va meglio nel centrosinistra. Dove la fuga in avanti di Rosario Crocetta sta scemando alle prime salite. Ormai quasi tutti hanno capito che la sua è la candidatura di Antonello Cracolici, Giuseppe Lumia e, anche se in modo più o meno celato, di Raffaele Lombardo. Gli unici due a non averlo capito sono Pierferdinando Casini e Giampiero D’Alia.

In verità, ad aver infognato l’Udc siciliana nell’alleanza con il Pd di Cracolici e Lumia è Casini. A quest’ultimo l’asse con il Pd serve per puntellare il Governo Monti e, magari, il suo futuro romano, a Palazzo Madama o, magari, al Quirinale. Leader di un piccolo Partito, Casini pensa ormai alla grande. E come tutti i politici che si sentono ‘importanti’ e guardano ‘oltre’, il leader dell’Udc non ‘legge’ più i passaggi intermedi: non ha capito, per esempio, che in Sicilia è finito dritto dritto dentro il più classico dei vicoli ciechi.

Del resto, a indicargli la strada, in Sicilia, non c’è più Totò Cuffaro, ma altri personaggi di spessore politico molto più contenuto: da qui le scelte dissennate adottate da questo Partito nell’Isola nell’ultimo anno.

Fieri oppositori del Governo Lombardo, Casini e D’Alia – novelli Gatto e Volpe in cassa integrazione – si ritrovano alleati non di tutto il Pd siciliano, ma solo di quella parte di questo Partito in combutta, per giunta, con Lombardo, cioè con il loro avversario. Il risultato è il caos. Con tanti soggetti di primo piano della società siciliana che appena qualche mese fa avevano scelto l’Udc come interlocutore e che, adesso, sono amaramente pentiti delle loro scelte: non tanto per Lombardo, che ormai è fuori gioco, quanto per il fatto di trovarsi alleati di Cracolici e Lumia, ormai universalmente considerati i peggio espresso dalla sinistra siciliana negli ultimi trent’anni.

In questo scenario Crocetta è ormai candidato. E non mollerà. E’ l’ultima speranza di Cracolici, che non verrà rieletto all’Ars, perché la base del Pd, che non ha mai digerito l’accordo con Lombardo, non vede l’ora, nel segreto dell’urna, di ‘impiombarlo’ Idem per Lumia, che vede in Crocetta la possibilità, una volta ‘agganciata’ l’Udc, di farsi ‘regalare’ un seggio a Roma da Casini; o, magari, di fare l’assessore regionale nella giunta Crocetta. Della partita è anche Lombardo, che conta di piazzare nell’eventuale giunta Crocetta almeno un paio di suoi fedelissimi (Lino Leanza è già da quelle parti dopo la finta ‘sciarra’ con Lombardo…).

Solo che l’altra metà del Pd siciliano non vuole sentire parlare di Crocetta. E non ne vogliono sentire parlare – soprattutto – i tanti iscritti, militanti e simpatizzanti del Pd che, da tre anni, si battono contro l’alleanza del loro Partito con Lombardo. Buona parte dell’elettorato del Pd aspetta che venga fuori la candidatura di Sinistra per votare contro le indicazioni non del loro partito – che indicazioni ufficiali, fino ad oggi, non ne ha date – ma di Cracolici e Lumia.

Siamo arrivati alla terza area politica. E’ l’alleanza tra Italia dei Valori di Leoluca Orlando, la Federazione della Sinistra, Sel di Vendola e i Verdi. Sel un candidato l’ha già lanciato: Claudio Fava. In queste ore si sta cercando un candidato
che deve rispondere almeno a due caratteristiche: deve essere la sintesi di queste quattro forze politiche (le già citate Italia dei Valori, Federazione della Sinistra, Sel e Verdi) e deve poter attrarre i voti dei tanti scontenti del Pd. Se questi quattro partiti troveranno il candidato adatto per questo passaggio politico ed elettorale potrebbero anche vincere le elezioni.

E gli altri candidati? I grillini non corrono certo per vincere, ma per entrare all’Ars. Il loro impegno, in questa dì fase, è di mettere a punto liste competitive in tutt’e nove i collegi per superare lo sbarramento del 5 per cento: obiettivo che dovrebbero raggiungere senza grandi difficoltà.

Più difficile la previsione sui Forconi di Mariano Ferro. Si sa che il leader storico di questo Movimento di popolo sarà candidato alla presidenza della Regione. A sostenerlo ci sono il Fronte nazionale siciliano di Giuseppe Scianò, Corrado Mirto e Giovanni Basile, ma anche altri movimenti sicilianisti (non tutti, visto che se ne contano una trentina, tutti rigorosamente ‘divisi’). Ferro si dice ottimista, perché la gente,ormai, non crede più nei Partiti tradizionali. Che, del resto, alla luce del dissesto finanziario della Regione – presente anche se non dichiarato – hanno ben poco da offrire in termini di clientele.

Della partita sarà anche ‘Sicilia e Territorio’, il movimento creato dal Sindaco di Ragusa, Nello Dipasquale, e da altri amministratori dei Comuni e delle Province siciliane. Molto radicati nel territorio (Dipasquale e i suoi lavorano al loro progetto da oltre quattro mesi), i protagonisti di ‘Sicilia e Territorio’ sono più interessati al prorpio progetto politico che all’eventuale candidatura alla presidenza della Regione. Che significa? Significa che non è detto che presentino un proprio candidato. Potrebbero anche sostenere un altro candidato e presentare liste in tutt’e nove i collegi.

Del resto, il progetto di ‘Sicilia e Territorio’ è proprio quello di rinnovare le istituzioni dal ‘basso’: molto più logico, insomma, puntare su tanti candidati giovani in ogni provincia per provare a mandare all’Ars un drappello di parlamentari.

 


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