L’esito delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti ha destato stupore in tutto il mondo, compresa la comunità italiana che vive e lavora oltreoceano. Tra loro tanti siciliani che, dopo otto anni di governo democratico, vedranno da vicino i cambiamenti promessi da Donald Trump. Il neo-presidente, che ha battuto la favorita della vigilia Hillary Clinton, arriva alla guida del Paese più influente nello scacchiere mondiale dopo una campagna elettorale dai toni forti, a volte eccessivi, e un programma che, stando alle promesse, punta a rimettere in discussione buona parte delle politiche di Barack Obama.
Economia, diritti civili, politica estera. Sono tanti i campi in cui Trump ha annunciato di voler intervenire, con un approccio conservatore che, a diverse latitudini, ha suscitato curiosità e perplessità. A poco più di 24 ore dal trionfo, i giudizi dei siciliani negli States si dividono tra fiduciosi e critici. «Visto da fuori Trump può sembrare il diavolo ma a condizionare le opinioni è il suo carattere troppo impulsivo – commenta Michele, titolare di una pasticceria a Miami, in Florida -. Io sono rimasto sorpreso dal risultato, ma non dispiaciuto. Clinton era sostenuta dai poteri forti e dai media, che hanno spinto verso la candidata democratica, mentre Trump è riuscito ad affermarsi pur non avendo un passato da politico professionista». Le sensazioni positive riguardano anche i punti più delicati della politica del neo-presidente. «Le armi? Non voglio negare che ci sono casi che andrebbero corretti, come la possibilità per un ragazzo di procurarsene senza problemi, ma per quanto mi riguarda – continua Michele – sono contento che la legge mi dia la possibilità di difendermi a casa mia e nel mio locale. E con Trump ciò sarà ancora più garantito». Tra i punti più discussi del programma c’è il contrasto all’immigrazione clandestina, con l’ipotesi di costruire un muro al confine con il Messico. «Io non credo che lo farà, perché costa troppo. È stata una trovata da campagna elettorale – continua Michele – anche se voglio sottolineare che non è sbagliato perseguire chi arriva nel Paese illegalmente e crea problemi».
Di opinione del tutto diversa Emanuele, che negli Stati Uniti ci vive da anni. «Sono un residente permanente e ho la green card, ma non la cittadinanza e quindi non ho potuto votare – spiega a MeridioNews -. Ho seguito parte dello spoglio nella sede del Partito democratico della città in cui vivo. Tutto era pronto per una grande festa, ma rapidamente si è capito che le cose non sarebbero andate come tutti si attendevano». La delusione per il verdetto delle urne è diffusa. «Ho ricevuto tanti messaggi di amici che mi hanno chiesto scusa. Questa non è l’America che ho sognato quando mi sono trasferito qui, né quella che milioni di cittadini e immigrati hanno costruito», prosegue. Poi, alla domanda su come mai le previsioni della vigilia siano state ribaltate, risponde che «in questi anni i media hanno abbracciato in maniera esplicita i cambiamenti portati avanti da Obama e si sono ritrovati a descrivere solo l’America delle grandi città. Dimenticandosi di raccontare l’altra America, quella che ieri abbiamo scoperto maggioritaria». Tra i motivi del cambio di rotta potrebbe esserci stata anche la resistenza ad adattarsi all’impronta data da Obama. «Ha segnato un cambiamento profondo nella società americana che probabilmente in molti non sono riusciti ad assimilare», ammette amaro Emanuele. Non positivo, infine, il giudizio sulla candidata democratica. «Clinton non è riuscita a coinvolgere e trasmettere una visione dell’America del futuro che potesse spingere ampie classi della società a votare per lei. Trump, invece, ha parlato alla pancia dell’elettore medio».
Per Giovanni, 23enne che lavora a New York in una multinazionale dei trasporti, l’arrivo alla Casa bianca di Trump è stata una cattiva notizia. «L’ho presa male. Trump mi sembra un misto tra Berlusconi e Mussolini. La comunità italiana non se lo aspettava, mentre gli americani sì – racconta -. Anche se nessuno diceva di votarlo, in molti lo hanno fatto. Ha preso voti anche da molti immigrati regolari, specialmente sudamericani, e questo perché non vogliono che gli irregolari rubino loro il lavoro. Siamo preoccupati perché adesso come presidente avremo uno showman». Molto più fiducioso, invece, Vincenzo. «Molti italiani negli Stati Uniti sono repubblicani, per questo siamo contenti – dichiara -. I media si erano coalizzati in una battaglia contro Trump, ma a incidere alla fine è stata la politica socialista di Obama. Preoccupazioni? Non vedo il motivo, il sistema americano è basato sul principio del check and balance. Significa che c’è sempre un organo dello Stato che può porre il veto sulle decisioni di un altro». Un’ultima battuta sulla possibilità che aumentino le manifestazioni di razzismo. «Non credo, anche perché ci sono stati più episodi di razzismo con un presidente di colore che negli ultimi 40 anni».
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