«Non è giusto che si spendano risorse pubbliche per mantenere i randagi in un canile». A dirlo è Graziella Giamporcaro, eletta a San Cataldo, scatenando le veementi reazioni delle associazioni animaliste. «La sterilizzazione e la reimmissione sul territorio sono il sistema migliore per arginare il fenomeno»
«Troppi soldi pubblici, sopprimiamo i cani» Proposta choc di una consigliera comunale
«Viviamo in un’epoca in cui si registrano condizioni di semi-povertà da parte di diversi cittadini. Non mi sembra giusto che si spendano risorse pubbliche per mantenere i randagi in un canile. Io sono per la soppressione dei cani». Parola di Graziella Giamporcaro, consigliera comunale ed ex assessora di San Cataldo. Alle frasi sono seguite le dure prese di posizione delle associazioni animaliste e ambientaliste della provincia nissena: Lav Lega anti vivisezione, Lida Lega italiana diritti dell’animale, Wwf Sicilia centrale. Le dichiarazioni della consigliera arrivano a seguito di un episodio avvenuto lunedì pomeriggio, quando un pastore tedesco ha aggredito due persone. Il cane però pare non fosse un randagio. Per legge i cani randagi sono di proprietà del Comune in cui si trovano e lo stesso ente è responsabile civilmente in caso di danni provocati dall’animale.
In un documento inviato al sindaco di San Cataldo, Giampiero Modaffari, e alla presidente del consiglio comunale, Roberta Naro, le associazioni criticano le «incredibili affermazioni» di Giamporcaro. «Poiché conosciamo benissimo – si legge nel documento – gli sforzi importanti e l’impegno lodevole della giunta in tema di lotta al randagismo, in quanto finalmente sono state messe in atto le linee guida statali e regionali in materia, non sentiamo la preoccupazione che tale improvvida dichiarazione possa essere minimamente tenuta in considerazione». «Un esponente delle istituzioni – continuano – non può invocare soluzioni che, per le leggi dello Stato italiano, oltre che per la coscienza collettiva e il grado di civiltà di un Paese evoluto come l’Italia, sono considerate reato». Le associazioni hanno giudicato positivamente la politica di gestione dei randagi avviata dall’amministrazione e chiedono al sindaco «di proseguire l’ottimo lavoro sin qui svolto in materia di sterilizzazione dei randagi e loro reimmissione sul territorio, pratiche che rappresentano un ottimo sistema per arginare il randagismo, abbattere i costi delle convenzioni con i canili privati e, soprattutto, una conquista di civiltà».
La giunta comunale, a seguito del polverone sollevatosi, si è vista inoltre costretta a diramare una nota per chiarire la propria posizione: «Interveniamo non perché vogliamo contraddire o sconfessare il consigliere, quanto perché la questione ha sollevato molte polemiche ma anche perché c’è chi, come al solito, ha provato a fare la solita pretestuosa polemica, mistificando e distorcendo quanto fatto da questa amministrazione». L’amministrazione di San Cataldo ha rivendicato l’istituzione di un contributo biennale per i cani adottati direttamente dal canile ed è uno dei pochissimi Comuni siciliani in cui verrà inaugurato nei prossimi mesi uno spazio verde apposito come area di sgambettamento per i cani.
Di un’altra opinione Fabio Calì, responsabile dell’Oipa di Caltanissetta e del rifugio sanitario Mimiani, gestito insieme all’associazione Lida. «Chi difende l’amministrazione su questo tema non sa di che parla perché non vive sul territorio. Nonostante le tantissime proposte fatte da noi, la politica non ci ascolta continuando a perseverare in azioni sbagliate. Ma sopratutto si continua a ignorare la legge». Dal 2008, secondo l’Oipa, sono stati 700 I cani rilasciati nel solo Comune di San Cataldo. «Sarebbe sufficiente – conclude Calì – applicare la legge regionale del 3 luglio 2000. Invece è sistematicamente disattesa al Sud, basta fare un paragone col numero di randagi presenti presenti in altre zone d’Italia. Ma certamente la situazione di San Cataldo non è un caso isolato in Sicilia».