Tra gli obiettivi della protesta, organizzata dal coordinamento studenti medi, anche il palazzo in via XX Settembre dell'associazioni degli industriali della provincia di Palermo, dove il corteo si è fermato per alcuni minuti, sostando davanti l'ingresso presidiato dalle forze dell'ordine
Tremila studenti in corteo contro la Buona Scuola Presa di mira anche la sede di Confindustria
Circa tremila studenti sono scesi in piazza stamane nel capoluogo siciliano contro la riforma della Buona Scuola targata Renzi. Tra gli obiettivi della protesta, organizzata dal coordinamento studenti medi, anche la sede in via XX Settembre dell’associazioni degli industriali della provincia di Palermo, dove il corteo si è fermato per alcuni minuti, sostando davanti l’ingresso presidiato dalle forze dell’ordine. Partiti stamane dalle proprie scuole, gli studenti hanno raggiunto la centralissima piazza Politeama con cortei spontanei che hanno paralizzato il traffico, e si sono riuniti dietro uno striscione con scritto «No alle privatizzazioni. Tirocini e stage non pagati? Noi non siamo schiavi!». Da oggi, insomma, comincia quello che gli organizzatori definiscono «l’autunno caldo dei movimenti studenteschi».
Gli studenti del Benedetto Croce, nel frattempo, si sono staccati dal corteo per andare ad occupare la scuola. Dopo i cortei succedutisi negli ultimi due mesi, dalla scorsa settimana sono sei le scuole palermitane in stato di agitazione, tra occupazioni, autogestioni e assemblee permanenti. Oggi, tra interventi al megafono, cori, striscioni e tamburelli, gli studenti palermitani hanno sostato anche sotto la sede di Confindustria con urla e fischi e sbattendo pentole e coperchi per manifestare la rabbia e il dissenso verso uno dei punti più spinosi della Buona Scuola: l’alternanza scuola-lavoro. «Confindustria – dicono gli studenti – vorrebbe leccarsi i baffi con una grossa fetta dei guadagni che l’alternanza scuola lavoro porterà alle casse del Governo e soprattutto dei padroni delle grosse imprese private che, come degli sciacalli, vorrebbero affondare le mani nel poco di scuola pubblica che è rimasto. Noi – concludono – ribadiamo ancora una volta che non siamo schiavi e non siamo disposti a lavorare gratis e ad accettare le logiche di profitto imposte dal governo Renzi».