Trattativa tra Stato & mafia, Mancino come Federico II…

Certo che ne succedono di cose strane in Italia. Nessuno vuole credere, ad esempio, alla buona fede dei governanti del nostro Paese che, tra il 1992 e il 1993, decisero di imitare Federico II di Hohenstaufen. La storia è nota. Il Papa, 900 anni fa o giù di lì, pretendeva che l’imperatore scannasse i nemici di Santa Romana Chiesa. Niente fa Federico II di Hohenstaufen? Invece di muovere guerra ai nemici del Papa trova con loro un accordo. Insomma, fa una trattativa. Apriti cielo!

Il Santo Padre dell’epoca schiumava di rabbia: ma come, invece di infilzarli ad uno ad uno con la spada ti vai ad accordare con loro, infedele che non sei altro? Insomma, successe un casino.

Più o meno la stessa cosa hanno fatto i politici che governavano l’Italia tra il 1992 e il 1993. Invece di combattere i mafiosi – che avevano fatto saltare in aria Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e le rispettive scorte, piazzando, poi, altre bombe a Milano, a Roma e a Firenze – li hanno chiamati e gli hanno detto: picciotti, non possiamo trovare un accordo tra galantuomini? Sappiate che, abbirsanno ‘i carti si po’ fari tuttu (aggiustando le ‘carte’ si può fare tutto)…

Vabbé, c’è stata la trattativa Stato-mafia: e allora? Non si poteva fare una trattativa? E perché? Con i mafiosi trattarono pure Garibaldi e Nino Bixio e non dovevano trattare i vertici dello Stato italiano dei primi anni ’90?

In fondo, un’innocente trattativa fu: fatta in nome e per conto dello Stato di diritto italiano. Anzi, più di una trattativa ci fu. Così se falliva la prima c’era la seconda di riserva. Tutto fatto per bene. Tu dai una cosa a me e io do una cosa a te: qua la mano!

I mafiosi volevano ammazzare altri politici e distruggere i monumenti. E lo Stato dell’epoca gli ha detto: picciotti, circamu ‘i finilla. Basta con ‘ste amazzatine e on ‘ste bombe. Diteci quello che volete. Preparateci il papello con le vostre richieste che noi tutto vi diamo. Basta che finisce ‘sto casino delle bombe. Perché noi per la pace siamo…

Alla fine un buon accordo fu: quelli smisero di fare esplodere bombe a destra e a manca e non ammazzarono altri politici. In cambio, per i picciotti dietro le sbarre il carcere, da duro, diventò morbido. Tutto qui.

Ora, a distanza di vent’anni, quattro magistrati comunisti, appoggiati da quattro giornalisti marxisti hanno armato una turilla giudiziaria. Trattativa di qua, trattativa di là, lo Stato che cede alla mafia, le istituzioni calpestate e bla bla bla.

Addirittura hanno pure messo sotto controllo i telefoni dell’ex ministro Nicola Mancino. Anzi, hanno messo in circolazione le intercettazioni telefoniche tra l’ex ministro e gente importante. Perché Mancino, messo alle strette dai magistrati, ha chiamato tutti, compresa la Presidenza della Repubblica, dicendo: io non sono il fissa della compagnia: dunque toglietemi di torno ‘sti mastini di magistrati, sennò qua finisce a tipo Sansone con i Filistei…

Ha ragione Mancino e hanno ragione tutti i suoi altolocati amici: non si può perseguite lo Stato italiano nell’esercizio di certe funzioni che ha esercitato sempre con diligenza. Non scherziamo. Né si possono mettere in discussione le ordinarie ‘relazioni sindacali’ tra mafia e Stato. O forse si pretende che i mafiosi continuino a mafiare senza sentire i politici? Dobbiamo veramente ridurci a una mafia senza politica? A questo punto è arrivata l’Italia?

E poi, diciamolo: che arroganti questi magistrati inquirenti comunisti! Addirittura arrivare a dire che gli alti vertici dello Stato, via telefono, volevano intralciare le indagini della magistratura. E nessuno che si accorge del contrario: e cioè che e stata la magistratura, con questa inchiesta snaturata, a intralciare i rapporti tra mafia e Stato. Di questo non parla nessuno? Nessuno chiederà conto e ragione alla magistratura comunista di aver intralciato i rapporti tra mafia e Stato che, come già accennato, vanno avanti dai Garibaldi e di Li mafiusi di la Vicaria?

Certo, qualcuno ci ha lasciato la pelle. Però, grazie a Dio, Mancino è vivo, i suoi amici e compari pure, i mafiosi anche. Insomma la vera Italia è ancora con noi: un po’ malandrina, un po’ criminale, un po’ misteriosa, un po’ mafiosa. Onesta fino a un certo punto, insomma: e comunque sempre pronta, generosamente pronta il 23 maggio e il 19 luglio di ogni anno a celebrare il ‘sacrificio’ di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino e delle rispettive scorte. Per ricordarci che le loro idee non sono morte, ma camminano sulle nostre gambe.

Resta da capire su quali ‘gambe’ camminano le ‘trattative’ tra Stato e mafia passate e presenti. Ma questi dettagli sono…

Foto di prima pagina tratta da it.wikipedia.org

Foto di Nicola Mancino tratta da centrostudilaruna.it

 

 


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