Abdullahi Saidu è scappato dalla Nigeria a 15 anni, ha attraversato il suo Paese, è arrivato in Libia e poi, con un gommone, in Sicilia. Per due anni ha vissuto al centro Don Bosco di San Gregorio. Ma i suoi progetti per il futuro hanno rischiato di essere stoppati per via del trasferimento nella struttura di Mineo
Trasferito per errore da una comunità al Cara «Così si interrompe il percorso di integrazione»
«Io non sono straniero. Sono nato straniero, ma non voglio morire da straniero». Queste parole sono di un ragazzo eritreo, ma a recitarle in teatro, un anno fa, era Abdullahi Saidu, ragazzo nigeriano arrivato a Catania nel 2016 e per errore trasferito a gennaio al Cara di Mineo. «Non voglio neanche sentire nominare quel posto – racconta Abdullahi a MeridioNews ancora spaventato -, spero di non doverci tornare mai più». Abdullahi, all’età di 16 anni, è arrivato al centro Don Bosco di San Gregorio. Qui ha iniziato un percorso di integrazione fatto di sport, lezioni di italiano e teatro. «Sono le cose che più mi piace fare nella vita – racconta -, so che per restare in Italia devo studiare ed è in questo che voglio impegnarmi».
Abdullahi trova nel capoluogo etneo quella stabilità che da tempo cercava, per questo i servizi sociali del territorio chiedono e ottengono un provvedimento del tribunale dei minori di Catania che autorizza il prolungamento del suo soggiorno al centro Don Bosco fino all’età di 21 anni. Del documenti, però, le autorità locali non tengono conto, così il giovane nigeriano, appena diventato maggiorenne, viene trasferito al Cara di Mineo insieme a un gruppo di 12 coetanei. «Il Cara sembra un paese africano – racconta il ragazzo -. Eravamo moltissimi in quella struttura, molti di più di quanti il centro potesse contenere». Abdullahi interrompe quindi il suo percorso scolastico e studia la lingua italiana solo un giorno a settimana. Perde i compagni della sua squadra di calcio, la squadra degli africani del Don Bosco, e gli amici del teatro. «Ho iniziato a recitare quando ancora non sapevo parlare l’italiano», racconta il nigeriano.
A dargli questa possibilità è Emanuela Pistone, attrice e regista catanese, che lo coinvolge, insieme ad altri ragazzi del centro di San Gregorio, nei suoi progetti culturali. Pistone è fondatrice e direttrice dell’associazione teatrale l’Isola Quassùd liquid company, gruppo multietnico in cui giovani stranieri e italiani mettono in scena la narrazione delle proprie esperienze e Abdullahi, da subito, entra a farne parte. Sempre Emanuela decide di fare qualcosa per far tornare il ragazzo nel capoluogo etneo. Chiede l’assistenza di una legale catanese e organizza incontri per far luce sulle procedure che regolano il sistema di accoglienza, coinvolgendo esperti e rappresentanti del mondo della magistratura. «Abbiamo organizzato a Catania un forum territoriale per raccogliere idee e proposte per cambiare le politiche migratorie e costruire una società più aperta e solidale – dichiara Pistone -. Il percorso di integrazione dei ragazzi che arrivano in Italia subisce una brusca interruzione nel momento in cui questi giovani diventano maggiorenni. Vorrei che si facesse di più per dare loro stabilità e protezione».
L’avvocata Marilina Ferrara, esperta in immigrazione, interviene intanto per restituire regolarità alla vicenda e chiedere l’osservanza del provvedimento del Tribunale dei minori. «Ho chiesto alla prefettura il trasferimento immediato del ragazzo per danno da interruzione del percorso di integrazione – spiega la legale -. La prefettura ha chiesto chiarimenti agli assistenti sociali che seguivano il caso, ed è stato disposto il suo rientro, stavolta nella comunità Il nodo di Acireale».
Abdullahi da pochi giorni ha lasciato il Cara di Mineo. «Il mio sogno è vivere qui e fare teatro», prosegue lui, che è scappato dalla Nigeria all’età di 15 anni e adesso ama la città di Catania. «Qui, ora, ho tanti amici. Ho attraversato la Nigeria, la Libia e poi il mare con un gommone. Ho lasciato in Africa la mia famiglia – conclude -. Ma sento nel mio cuore che un giorno sarò un grande attore e riuscirò ad aiutare i miei genitori e i miei fratelli che nella mia terra rischiano ogni giorno la vita».