Traghetti, i motivi della maxi-multa a Caronte&Tourist Antitrust: «Prezzi troppo alti rispetto al servizio offerto»

«I consumatori si sono trovati a pagare tariffe che risultano almeno dell’80 per cento più elevate rispetto a servizi analoghi». Nelle 110 pagine della delibera con cui l’Antitrust ha sanzionato la Caronte&Tourist vengono ripercorsi, con linguaggio tecnico e tabelle, i dubbi di quanti in questi anni sono saliti, per motivi di svago o di lavoro, sui traghetti che collegano la Sicilia alla Calabria. Perplessità legate ai prezzi dei biglietti che diventano trampolino ideale per rilanciare le tesi di chi è a favore della realizzazione del ponte sullo Stretto. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) ha multato la società per 3,7 milioni di euro. Il motivo è presto detto: avere abusato della propria posizione dominante all’interno di un mercato che ha pochi protagonisti. Condotte che hanno trovato la loro manifestazione «nell’applicazione di prezzi ingiustificatamente gravosi nei confronti dei passeggeri».

Il procedimento nei confronti della C&T è stato avviato nell’estate del 2020, ma – complice l’inattendibilità degli anni del Covid – ha riguardato il periodo che va dal 2017 al 2019. In un primo momento la decisione dell’Antitrust era attesa per fine 2021, ma poi l’autorità presieduta da Michele Ainis ha deciso di concedere una proroga di tre mesi. Tempo in cui è stato dato alla società la possibilità di fare valere le proprie ragioni, anche se alla fine non è bastato a evitare la sanzione. E il relativo ammonimento per il futuro: «La società – si legge al terzo punto della delibera – si astenga in futuro e, nello specifico, al venire meno dello stato di emergenza sanitaria nazionale, dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli dell’infrazione accertata, adottando ogni iniziativa idonea ad evitare il ripetersi della condotta illecita». Un monito dato anche tenendo in considerazione ma senza ritenerlo sufficiente il proposito della società di attuare, per il 2022, di dare una sforbiciata al costo dei biglietti, decidendo di utilizzare le compensazioni economiche previste dal governo per i danni subiti dal settore del trasporto marittimo per via del Covid. «Tale riduzione dei prezzi, la cui natura è comunque transitoria – si legge nella delibera – non sembra affrontare in modo specifico i profili di eccessività e iniquità ampiamente illustrati, essendo esclusivamente connessa al ricevimento dei sussidi compensativi relativi alla crisi pandemica».

Per definire i contorni dell’abuso della posizione dominante da parte della società storicamente delle famiglie Matacena e Franza, e che da qualche anno per un terzo è di una società che rimanda alla lussemburghese Ulisse Lux 2 S.a.r.l., l’Antitrust ha innanzitutto analizzato le quote di mercato in possesso di Caronte&Tourist: facendo riferimento alle rotte Villa San Giovanni-Messina rada San Francesco e Villa San Giovanni-Messina Porto, emerge che la società ha in mano circa il 95 per cento del traffico passeggeri e auto e circa l’80 del traffico merci. La restante parte spetta a Blueferries, società che appartiene a Ferrovie dello Stato. Per l’Agcm, passa anche da tali numeri la possibilità per C&T di praticare prezzi che non risultano giustificati dal valore economico del servizio offerto a pendolari e turisti. 

Gli affari di Caronte&Tourist, che a febbraio ha ottenuto dal Tar la sospensione cautelare della gara per l’affidamento a più operatori delle banchine della rada San Francesco, scalo da sempre gestito in solitaria, passano per larghissima parte dei 10 milioni di passeggeri che attraversano ogni anno lo Stretto. Il biglietto pagato dalle auto – i prezzi sono invariabili da uno a cinque passeggeri e l’Antitrust ha escluso che ciò rappresenti una discriminazione – va dai 20 euro per l’andata-ritorno in giornata fino ai 38,50 o 39 euro di chi rispettivamente sceglie di fare la tratta inversa entro 90 giorni o addirittura di non tornare. Cifre che, guardando ad altri servizi simili in giro per il mondo, risultano decisamente più elevati. Per stabilire ciò, l’Agcm ha effettuato una comparazione con una rosa di tratte e di compagnie marittime offerte dalla stessa Caronte&Tourist. Dallo studio, i cui risultati sono stati contestati dalla società privata, l’Antitrust ha stabilito che «la tariffa più elevata di C&T è maggiore del 98 per cento circa rispetto alla media di tutte le tariffe più care sulle rotte comparabili». Allo stesso tempo, se il raffronto lo si fa con la più conveniente – l’andata e ritorno in giornata – si scopre che è «più cara dell’86 per cento rispetto alla media delle tariffe più vantaggiose offerte» dalle compagnie prese come esempio.

A non giocare a favore delle ragioni della Caronte&Tourist ci sono poi valutazioni strettamente di carattere qualitativo. Un po’ per le carenze infrastrutturali – tra bassa qualità dei terminal e la poca accessibilità delle stazioni ferroviarie alle difficoltà a evitare il formarsi di code agli imbarchi – ma anche per il livello di alcuni servizi che potrebbero essere migliorati, come nel caso delle possibilità di pagamento, il giudizio dell’Antitrust è netto: traghettare tra Sicilia e Calabria dovrebbe costare di meno. Una tesi che finisce per essere sostenuta all’interno della delibera facendo riferimento anche al giudizio dei clienti (anche questo contestato da C&T, che l’anno scorso era stata toccata da un’indagine su infiltrazioni della ‘ndrangheta a bordo delle navi) raccolto dal noto sito di recensioni Tripadvisor: il 49,8 per cento dei commentatori ha giudicato pessima l’esperienza a bordo.


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