Un film accompagnato dalle polemiche rappresenterà lItalia nella corsa allOscar. Un film che commuove e fa sorridere, ma qualche volta disorienta. Un film che è come un puzzle che, qualche volta, ti lascia limpressione che non tutti i pezzi si incastrino alla perfezione
Tra le tessere di Baarìa
Regia: Giuseppe Tornatore
Sceneggiatura: Giuseppe Tornatore
Musiche: Ennio Morricone
Fotografia: Enrico Lucidi
Montaggio: Massimo Quaglia
Scenografia: Maurizio Sabatini
Costumi: Antonella Balsamo, Luigi Bonanno
È di giovedì la notizia che la scelta della commissione istituita dall’ANICA per la selezione del film italiano da candidare agli Oscar sia caduta su Baarìa. Sarà il film di Tornatore, insomma, a rappresentare il nostro Paese nella corsa alla statuetta per il miglior film di lingua non inglese, in barba ai rivali Il Grande sogno di Michele Placido, Vincere di Marco Bellocchio, Fortapàsc di Marco Risi e Si può fare di Giulio Manfredonia. Dopo l’annuncio dell’ANICA le polemiche non sono mancate, ma le controversie sembrano accompagnare quest’evento mediatico tutto italiano fin dalla sua genesi: l’entusiasmo incontenibile del Presidente del Consiglio, produttore del film tramite Medusa, a poche ore dall’anteprima mondiale, e giù fischi al “regista di sinistra che prende i soldi dai produttori di destra”; le proteste della LAV sui presunti maltrattamenti agli animali di scena; le critiche del Presidente veneto a Lombardo per aver “sprecato” sul film oltre quattro milioni di euro delle casse della Regione Sicilia. Ma una pellicola come quella che il regista bagherese (o baarioto?) ha presentato alla Mostra di Venezia esattamente vent’anni dopo il fortunato Nuovo Cinema Paradiso probabilmente delle polemiche si alimenta.
Paolo D’agostini su Repubblica l’ha definita “una rivisitazione dell’infanzia, nostalgica, melodrammatica ma per niente retorica”; Jay Weissberg su Variety “traboccante di nostalgia fasulla, sentimentalismo a buon mercato ed orchestrazione enfatica”; Anke Westphal sulla Berliner Zeitung “un puzzle nella galleria del vento. (…) Con Tornatore si ha l’impressione che anche Berlusconi sarebbe d’accordo su questa visione delle cose del tipo: in fondo è proprio simpatico questo popolo italiano”. Checché ne dicano i critici, il box office, per il momento, sembra entusiasticamente a favore: secondo i dati Cinetel che monitorano circa l’85% del mercato italiano, uscito in 510 sale, in soli tre giorni il film si è piazzato primo in classifica con 2.105.181 euro d’incasso e la più alta media per sala (4.128 euro). Le cifre relative al making of di questo kolossal nostrano non sono meno affascinanti: Angela Molina, Beppe Fiorello, Corrado Fortuna, Donatella Finocchiaro, Enrico Lo Verso, Gabriele Lavia, Giorgio Faletti, Laura Chiatti, Leo Gullotta, Lina Sastri, Luigi Lo Cascio, Michele Placido, Monica Bellucci, Nicole Grimaudo, Nino Frassica, Paolo Briguglia, Raoul Bova, Salvatore Ficarra, Valentino Picone e Vincenzo Salemme sono solo alcuni dei nomi che fanno capolino tra i titoli di coda, ma parliamo di un cast che tra professionisti e non professionisti conta 210 attori con contorno di 35.000 comparse. 25 settimane sono servite per le riprese, 9 mesi per la preparazione e un anno per le costruzioni scenografiche. 122 sono le location impiegate, 2800 i costumi, 200 i componenti della troupe, 350 i tecnici, 250 i veicoli (tra carrozze, carretti e auto d’epoca) e 1.500 gli animali di scena, 1.431 i musicisti in 25 turni di registrazione, 27 i temi musicali originali e 30 i brani di repertorio musicale, 2 le edizioni disponibili, quella in italiano per il mercato nazionale e quella in baarioto distribuita in Sicilia.
È qui il nocciolo della questione? Probabilmente sì, ma non solo. Baarìa, quest’opera fin troppo corale che in due ore e mezza cerca di raccontare la storia d’Italia attraverso le vicende di tre generazioni di una stessa famiglia bagherese, in italiano suona strano. Non puoi fare a meno di chiederti, inoltre, se ciascuno di quei volti noti sia stato effettivamente indispensabile alla buona riuscita del film, vista l’inconsistenza di molti dei personaggi che attori di fama nazionale e internazionale interpretano, in gran parte solo per pochi minuti. Ti dici che forse poteva essere più breve, oppure allora venire trasmesso in tv in due puntate, dato che in troppi punti è così simile a una fiction per la televisione. “La politica è bella” sentiamo dire al padre del protagonista con un filo di voce, ed è sicuramente la passione politica ad animare Peppino (un ottimo Francesco Scianna, che viene dal teatro ma fa in modo che lo spettatore non si accorga della differenza). È anche l’impegno per la lotta contro gli oppressori e contro la mafia che Tornatore ha voluto tirare fuori dalla sua biografia personale dimostrandoci che la Storia con la S maiuscola la fanno i piccoli uomini, ed è vero che il film ci guida sul sentiero della storia della Sicilia e d’Italia dall’ascesa del Fascismo alla guerra, da Portella della Ginestra all’occupazione delle terre, dall’avvento della DC fino al ’68 e oltre, ma alcuni episodi generano confusione, lo spettatore impreparato non ne capisce i motivi scatenanti e nemmeno le conseguenze. La mafia c’è, ma non è chiaro dove; vi si accenna, ma con la stessa disinvolta solennità che il film riserva ai capricci della natura e alla superstizione delle donne di famiglia. Il cinema è una presenza costante, e in molte, forse troppe occasioni ci fa tornare in mente Nuovo Cinema Paradiso.
A metà fra memoria personale e riflessione storica, tra analisi sociologica e semplice cronaca, Baarìa è un puzzle di quadretti siciliani drammatici, ironici, commuoventi e divertenti, che però non danno allo spettatore la sensazione di incastrarsi uno nell’altro come in un puzzle. La folla rimane tale, raramente diventa un coro. È evidente lo sforzo del regista di raccogliere nello stesso lungometraggio le voci, i rumori, gli odori e i colori della sua infanzia, di una Sicilia che ama nonostante essa, come suoi figli, abbia il grande difetto di “non fidarsi del tutto della fortuna”. Sforzo che non può non essere apprezzato, anche e soprattutto per la genuinità degli intenti e per la qualità degli elementi che vi confluiscono: l’ennesima prova della potenza e della versatilità della musica di Morricone, una fotografia dai colori squillanti alla Guttuso, una regia maestosa e a tratti retorica ma sempre impeccabile, dei protagonisti nuovi al grande schermo ma perfettamente all’altezza delle aspettative, il paesaggio delle Madonie, che è cornice grandiosa quando non protagonista vivo e tangibile delle vicende degli uomini.
Baarìa è una storia piena di storie. Tuttavia, ci viene da dire, visto il trailer, hai visto (quasi) tutto.