Tony Drago, due anni dopo la morte del caporale Corpo riesumato, testimonianza chiave di un amico

«Tony non si è suicidato e non è precipitato da quella finestra». A due anni dalla morte ne sono convinti l’avvocato Dario Riccioli e Rosaria Intranuovo, la madre del caporale siracusano dell’ottavo reggimento Lancieri di Montebello di Roma. Era la mattina del 6 luglio del 2014 quando il corpo di Tony Drago è stato ritrovato nel cortile della caserma Sabatini. Stando alla ricostruzione fatta dall’esercito, il ragazzo si sarebbe lanciato dalla finestra di un bagno in disuso al secondo piano della palazzina. Spinto, secondo quanto avrebbero raccontato quattro commilitoni, da una depressione dovuta alla crisi nel rapporto con la fidanzata, anche lei arruolata nell’esercito.

«L’unico dato certo è che in quei giorni Tony non era sereno, ma certamente non era depresso – raccontano a Meridionews la mamma Rosaria e il marito di lei, Alfredo –. È vero che con la ragazza, dopo tre anni di relazione, erano in crisi ma già da almeno sei mesi. I motivi dell’inquietudine di Tony vanno ricercati all’interno di quella caserma». E per trovare la verità c’è ancora un po’ di tempo, grazie alla giudice per le indagini preliminari Angela Gerardi che non ha condiviso le conclusioni cui era arrivato il pubblico ministero Alberto Galante che aveva richiesto l’archiviazione del caso.

«Siamo riusciti a sovvertire un pronostico che vedeva soccombente la verità – spiega l’avvocato Dario Riccioli – perché un’eventuale ordinanza di archiviazione avrebbe messo una pietra tombale sulla morte di Tony Drago. Siamo riusciti a far rigettare la richiesta di archiviazione attraverso un esperimento giudiziale che ha dimostrato l’impossibilità che Tony sia precipitato da quella finestra». Secondo la ricostruzione della Procura, che si è basata sul racconto di quattro commilitoni, Drago sarebbe salito su una sedia sistemata davanti al davanzale e si sarebbe lanciato dalla finestra del secondo piano, a circa dieci metri di altezza. Il corpo è stato ritrovato a oltre cinque metri di distanza dal muro perimetrale della caserma, in posizione prona con le braccia a protezione del torace, il capo leggermente inclinato e le infradito ancora ai piedi. Una posizione di quiete anomala per un suicidio. L’esperimento giudiziale fatto in una piscina di Catania ha provato che la distanza è eccessiva, infatti il tuffatore professionista che si è prestato alla prova è arrivato a poco più di tre metri di distanza, lanciandosi dal trampolino di dieci metri.

A parlare chiaro è, inoltre, il corpo stesso di Tony che verrà riesumato per svolgere ulteriori indagini, come disposto dalla gip. «Ho passato parecchie sere a guardare le foto – afferma Riccioli – e il mio consulente medico-legale, il professor Orazio Cascio, mi ha già detto che nel corso di questa nuova consulenza sarà possibile dimostrare che sul corpo del ragazzo vi è una multilesività diffusa, che è assolutamente incompatibile con la morte avvenuta per precipitazione. Vi sono una serie di fratture ossee – continua il legale – non soltanto a livello del cranio, ma anche lungo le costole e nella zona sottoascellare e, in modo particolare, vi sono due fratture al cranio entrambe mortali. Contiamo, quindi, di riuscire a dimostrare che Tony è stato ucciso. Le ragioni dell’omicidio – conclude – sono ancora ignote, anche se immaginiamo sia maturato all’interno di quelle pratiche e regole non scritte che danno vita a fenomeni di nonnismo all’interno delle caserme».

A suffragare questa ipotesi c’è la testimonianza di un amico della vittima – non ancora ascoltato dal pubblico ministero – che ha riferito al legale che Tony gli ha raccontato di essere stato aggredito in camera, al buio, da più di tre persone e di averne riconosciute due dalla voce. Il testimone ha fatto i nomi di questi e ha aggiunto che Tony aveva intenzione di denunciarli perché non era la prima volta che subiva atti di questo tipo. 

Laureato in Scienze dell’investigazione a L’Aquila, Tony era sopravvissuto al terremoto del 6 aprile 2009 salvando anche due ragazze dal panico del momento. «Il ricordo del terremoto – raccontano i genitori – è una cosa fondamentale ai fini dell’indagine». Tony si era fatto tatuare lungo le spalle un’aquila con il sismogramma e la data del terremoto in numeri romani. Oltre alle ferite lungo la schiena che sembrano indicare che il corpo sia stato trascinato, questo tatuaggio è stato sfregiato con diversi tagli e alcune delle ferite risalgono a tre-quattro giorni prima del decesso. «Non è una coincidenza, io credo ci sia un collegamento, come se lasciando quei segni avessero voluto dire “Tu dovevi morire già durante il terremoto”», denuncia la madre di Tony, convinta che le dinamiche che hanno portato all’omicidio del figlio abbiano avuto inizio almeno cinque giorni prima.

Lo scorso 16 giugno i genitori di Tony, che dall’esercito hanno ricevuto un’offerta di 25mila euro, hanno depositato una denuncia in procura indicando i nominativi di dieci militari da iscrivere nel registro degli indagati. «Nella nostra ipotesi – spiega l’avvocato Riccioli – quello a loro carico è un particolare reato di omicidio: concorso colposo nel delitto doloso. Anche se, ovviamente, siamo fiduciosi di riuscire anche a conoscere il nome degli autori materiali dell’omicidio». Il medico legale che constatò il decesso la mattina del 6 luglio, Claudia Siciliano, aveva già parlato di «folle gesto» e di «morte causata da precipitazione». Ma l’ora del decesso non è stata indicata e non sono stati fatti né un esame tossicologico né prelievi di tessuti o epidermide, non sono stati ascoltati testimoni fondamentali, non sono state acquisite le immagini dei sistemi di video sorveglianza della caserma.

«“Voi contro l’esercito non ce la potete fare” è la frase che ci sentiamo ripetere più spesso –concludono i genitori –. Noi lo sappiamo che stiamo lottando contro un gigante, però come nell’Odissea Ulisse alla fine trova il punto debole di Polifemo, così anche noi lo vogliamo e lo dobbiamo trovare».

Marta Silvestre

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