Terremoto a Palermo, scosse e lava sull’Etna «Non sono segni di un imminente pericolo»

Ieri l’ennesima eruzione dell’Etna, la sesta da inizio anno. Stamattina la scossa di terremoto di 4.2 gradi della scala Richter a largo del mar Tirreno, seguita da altre quattro scosse di assestamento, che hanno fatto tremare Palermo. Da una parte all’altra della Sicilia, la terra negli ultimi giorni ha sprigionato un’eccezionale concentrazione di energia. Tanta paura nel capoluogo: scuole evacuate, gente per le strade, ma fortunatamente nessun danno rilevante. Dall’1 aprile ad oggi, l‘Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha registrato nell’Isola 26 eventi sismici, tutti compresi tra il secondo e il terzo grado della scala Richter. Una sequenza che ha spinto molti, sul web e sui social network, a chiedersi se esiste un legame tra l’attività del vulcano e i terremoti e se gli episodi di questi giorni sono preludio di una scossa di maggiore intensità.

A fare chiarezza ci pensa Mauro Coltelli, responsabile del servizio Geofisica e Vulcanologia dell’Ingv di Catania. «Non esiste un legame diretto tra le eruzioni dell’Etna e lo sciame sismico registrato oggi a Palermo – spiega Coltelli – ma entrambe le attività sono provocate dall’alta dinamica data dall’unione delle microplacche che si incastrano proprio sotto la Sicilia». In particolare le scosse registrate oggi nel mar Tirreno nascono dallo scontro tra la placca tirrenica con quella africana e quella ionica. Diversa la situazione alle pendici dell’Etna dove spesso gli eventi sismici sono legati all’attività del vulcano e alla risalita del magma. Nelle ultime due settimane si sono verificate lievi scosse nello stretto di Messina, alle isole Eolie, su monti Iblei, nella zona settentrionale della Sicilia e nel mar Tirreno. Oltre che intorno all’Etna.

Può uno sciame sismico di bassa o media magnitudine precedere una scossa più forte? «Nei mesi scorsi abbiamo registrato sciami sismici distribuiti sui Nebrodi, ma il fenomeno è andato a spegnersi – precisa Coltelli – non è probabile che un evento o una serie di eventi lievi anticipino un fenomeno più forte». Secondo Coltelli l’esempio de L’Aquila di tre anni fa, quando il terremoto del 6 aprile fu preceduto da altre scosse più lievi con successive polemiche per la sottovalutazione del rischio, non è calzante. «A L’Aquila le scosse furono molto più localizzate e comunque possiamo dire che rappresenta un’eccezione».

Esiste invece un rapporto tra la risalita del magma all’interno dell’edificio vulcanico dell’Etna e i violenti terremoti che recentemente hanno colpito l’Indonesia (8.8 sulla scala Richter due giorni fa) e il Messico (7.6, lo scorso 20 marzo). Pur a distanza di migliaia di chilometri, infatti, le onde di superficie sprigionate da questi eventi si incanalano nella crosta terreste e attraversano tutto il pianeta. «L’uomo non ne ha percezione, ma l’Etna ne risente» spiega Coltelli. Si chiamano telesismi, fenomeni non ancora provati scientificamente ma che da un po’ di tempo sono oggetto di studio, soprattutto da parte dei ricercatori dell’Ingv di Catania. «Processi simili non creano l’eruzione, ma ne favoriscono l’innesco – precisa lo studioso – Nel caso dell’ultimo parossismo, per esempio, l’attività di risalita del magma verso il cratere di Sud-Est era già iniziata da un giorno, ma il terremoto indonesiano ha accelerato i tempi».

Già, perché, a differenza dei terremoti, i ricercatori dell’Istituto di geofisica e vulcanologia di Catania ormai riescono a prevedere le prossime eruzioni. «La situazione è stabile, l’area che continua ad essere interessata è quella sommitale del vulcano, entro due settimane prevediamo un nuovo evento».

Intanto, per chi si fosse perso lo spettacolo, vi proponiamo una galleria di foto dell’eruzione di ieri realizzata dall’associazione Etna Walk.

 

[Foto di Andrea Todaro]

 

Salvo Catalano

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