Il 27 dicembre l'assemblea dei soci si riunirà per discutere della rimodulazione tipologica del teatro entro il 2015. «Abbiamo i numeri per concorrere a diventare teatro nazionale», afferma il direttore artistico Giuseppe Dipasquale. «Siamo oggetto di un’azione mediatica destabilizzante», afferma il presidente Nino Milazzo in relazione allo stato finanziario dell'ente
Teatro Stabile, il futuro è legato alla riforma Franceschini Milazzo: «Siamo circondati da accuse e disinformazione»
La situazione finanziaria del maggiore ente teatrale di Catania, e una sua eventuale rimodulazione tipologica, sono stati questa mattina i temi al centro di una conferenza stampa dal titolo Riforma Franceschini: il teatro Stabile di Catania chiamato a una scelta epocale. All’incontro, tenutosi nei locali della scuola d’arte drammatica Umberto Spadaro di Catania sono intervenuti il presidente Nino Milazzo, il direttore Giuseppe Dipasquale e i membri del consiglio d’amministrazione Eliana Patanè e Celestina Costanzo. Tra i punti all’ordine del giorno, oltre alla sfida proposta dal decreto Franceschini – in vigore dal 19 agosto -, l’esposizione della situazione finanziaria dell’ente. «Alla vigilia di una scelta epocale per tutti i teatri pubblici, lo scopo di oggi è fare il punto della situazione dello Stabile etneo, offrendo un quadro su una struttura di grande tradizione», afferma in apertura Milazzo. Il decreto del ministro Dario Franceschini, titolare dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, stabilisce l’entrata in vigore di una norma che cancella in via definitiva i teatri stabili. In seguito a ciò i suddetti enti verranno distinti in teatri nazionali e Tric, teatri di rilevante interesse culturale . Nella prima tipologia – che godrà di maggiori finanziamenti attraverso il Fus, oltre che di superiore prestigio – rientreranno solo le vere eccellenze italiane. «La nostra attività soddisfa i parametri richiesti dal tipo in questione ma – commenta Dipasquale – rientrare nei Tric non sarebbe comunque un declassamento».
Lo Stabile di Catania sta affrontando un periodo «accidentato», ma che potrebbe rivelarsi di importanza storica con la definizione tipologica di teatro nazionale. Il Cda ha già provveduto a un «adeguamento dello statuto in vista di entrambe le possibilità – spiega Milazzo -. L’unica incognita è rappresentata dall’entità e dalla puntualità dell’approvvigionamento finanziario». A decidere il futuro dello Stabile sarà l’assemblea dei soci, convocata per giorno 27 dicembre, meno di un mese prima della scadenza utile a inoltrare la documentazione al ministero dei Beni culturali. Ma anche la salute finanziaria dell’ente, soggetto negli ultimi anni a un regime di spending review, sarà un discrimine. Non sembra invece un problema la notorietà dell’attività del teatro che il responsabile dell’ufficio stampa Caterina Andò sottolinea con un intervento di lettura di articoli di giornali nazionali interessati agli spettacoli dello Stabile di Catania.
Anche i problemi finanziari del teatro Stabile di Catania però sono piuttosto noti alle cronache, così come i tagli operati dal 2008 a oggi, e le diverse polemiche intorno alla gestione Dipasquale e alla ipotetica volontà regionale di rafforzare il Biondi di Palermo indebolendo l’ente etneo. Un intervento di Milazzo cerca di fare chiarezza su questi aspetti. «Lo Stabile è circondato da un miscuglio di accuse e disinformazione, di ambizioni represse e di rivalità oscure – afferma -. Non sono un cultore del complottismo ma non resto insensibile alle voci che parlano di indebolire lo Stabile di Catania per favore il Biondi di Palermo, senza contare che siamo oggetto di un’azione mediatica destabilizzante e critica operata da aspiranti direttori artistici».
Una delle critiche più frequenti mossa al consiglio di amministrazione del teatro etneo è quello di eludere le richieste di pubblicazione dei dati realtivi alla situazione finanziaria, al numero di presenze, di abbonamenti e di sbigliettamenti. «La democrazia di un Paese si misura con la quantità di cultura prodotta e da dieci anni chi fa cultura vede una netta e continua riduzione delle risorse a propria disposizione, della serie io non ti uccido ma si ti suicidi tu è meglio», afferma Dipasquale. La situazione descritta dal direttore artistico dello Stabile è di desolazione economica, oltre che di personale risentimento nei confronti delle critiche a lui mosse. «Mi hanno accusato spesso di non fornire dati e di dovermi dimettere per questo, ma non è assolutamente vero», dice. Gli fa eco Milazzo: «Sono solo atti inutili di personaggi vari». E quindi via al report sulle condizione economiche dello Stabile.
Nel 2012 la Regione Sicilia taglia al teatro di Catania un contributo per oltre il 40 per cento che si aggiunge a una diminuzione del contributo dei soci, a partire dal 2008, per una percentuale complessiva del 53 per cento fino al 2014. «A quel punto siamo stati costretti a ridurre i costi di bilancio del 48,21 per cento e nonostante tutto abbiamo prodotto anche utili consistenti, e fatto attenzione a mantenere le risorse umane», sottolinea Dipasquale. «L’anno 2012 è stato l’anno più difficile della gestione della dirigenza, un annus horribilis», commenta Milazzo. A essere interessati dalle conseguenze della spendig review soprattutto l’attività di produzione di spettacoli e recite, ma anche la pubblicità. «Tuttavia i nostri spettacoli hanno continuato a riscuotere consensi, successi e ovazioni sui vari palcoscenici d’Italia e – conclude Dipasquale – per la sua storia e per la sua attività lo Stabile di Catania ha i numeri per concorrere a diventare teatro nazionale».