Nulla di fatto per le maestranze del teatro Massimo Bellini a seguito della riunione di questa mattina in prefettura. I rappresentanti sindacali e del teatro hanno discusso della loro situazione lavorativa precaria, che va avanti da 20 anni. Ancora in attesa di un contratto a tempo indeterminato, hanno solo ottenuto un accordo bimestrale per lavorare part time
Teatro Bellini, maestranze senza lavoro «C’è chi è morto in attesa di un contratto»
«Ci hanno riferito che se la Regione non approva il bilancio non si può spendere neanche un centesimo e quindi ci tocca ancora aspettare». Così Antonio Santonocito, dirigente sindacale Confsal a proposito dell’incontro di questa mattina in prefettura per discutere della problematica lavorativa della maestranze del teatro Massimo Bellini di Catania: precari da circa 20 anni si trovano adesso disoccupati. Presenti il vice presidente del consiglio di amministrazione del teatro Bellini, Harald Bonura, e la soprintendente del teatro Rita Cinquegrani, ma nulla di concreto o positivo è derivato dall’incontro odierno. Entrambi infatti «si dicono con le mani legate», riferisce Santonocito, perché tutto sarebbe subordinato al bilancio regionale la cui approvazione definitiva sembra non arrivare mai, visto il numero delle volte in cui è stato in discussione all’Assemblea regionale siciliana.
Una situazione difficile che coinvolge circa una trentina tra falegnami, pittori, caldaisti, archivisti, sarti, usceri, autisti e tutte quelle figure professionali che insieme con l’orchestra del teatro permettono lo svolgimento degli spettacoli. «Qualcuno è morto in attesa di un contratto serio e qualcuno è andato in pensione con soli 150 euro al mese, speriamo di non fare la stessa fine», spiega uno dei lavoratori, Nicola Buda.
«Siamo stanchi di non avere certezze, lavoriamo per il teatro da tanti anni ma invece di assumerci definitivamente, siamo in mezzo alla strada», afferma invece Franco Isaia, anche lui precario. Lavorano tutti per il teatro da un minimo di 12 anni a un massimo di oltre 20 e da sempre sono considerati stagionali, nonostante un contratto annuale, da settembre ad luglio. Quest’anno però, non solo non sono stati confermati, ma «abbiamo lavorato solo da maggio ad aprile come part time», riferisce un alto lavoratore, Giovanni Castro, passato dalle promesse di un’assunzione a tempo indeterminato al licenziamento. «Era una promessa del commissario straordinario, eppure siamo solo stati presi in giro», afferma poi una loro collega Loredana Crisciglione.