Sono venute meno le esigenze cautelari. È questo il giudizio del tribunale del Riesame di Catania che oggi ha annullato gli arresti domiciliari per l’imprenditore Giuseppe Virlinzi, per il suo ex commercialista Giovanni La Rocca, e per il magistrato Filippo Impallomeni. I tre erano erano stati arrestati l’8 febbraio scorso in seguito alle indagini della guardia di finanza, perché accusati di corruzione in atti giudiziari. Il giudice, presidente dell’ottava sezione tributaria di Catania, è accusato di avere favorito le aziende di Virlinzi in alcuni contenziosi con l’Agenzia delle entrate per oltre 800mila euro. Sulla decisione di revocare loro i domiciliari avrebbero influito anche le dimissioni di Impallomeni e la revoca da parte di Giuseppe Virlinzi di tutti gli incarichi aziendali a La Rocca.
Fratello del Cavaliere del lavoro Ennio, assieme al quale ha costruito un impero imprenditoriale alle falde dell’Etna, Pino Virlinzi è presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante della Vir immobiliare spa, una delle ammiraglie del gruppo di famiglia. Sarebbe finito nell’inchiesta Tax free per i pagamenti dilazionati di alcune cartelle esattoriali legate alla società Virauto spa, di cui è amministratore unico.
L’inchiesta della procura di Catania è stata arricchita dal lavoro del G.i.c.o. (Gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata) e del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza. Secondo l’accusa Impallomeni avrebbe utilizzato in modo abituale cinque auto della concessionaria Virlinzi dal 2006 e di averne fatto richiesta anche quando era a capo delle direzione del Tesoro a Catania. Ma non solo. I magistrati hanno anche controllato le sentenze emesse da Impallomeni sulla questione dei rimborsi legati al terremoto del 1990: secondo i pm cinque sono state emesse in breve tempo e, tra queste, due sarebbero a favore del gruppo Virlinzi.
In meno di un anno, inoltre, si sarebbe espresso su sette procedimenti avviati da aziende riconducibili allo stesso imprenditore, con una tempistica che l’accusa ritiene «nettamente sotto la media». Titolari delle indagini sono il procuratore capo Michelangelo Patanè e la sostituta Tiziana Laudani. Nell’inchiesta sono coinvolti anche il direttore commerciale della Virauto Spa Agostino Micalizio e Antonino Toscano, un cancelliere già sospeso dal servizio con l’accusa di favoreggiamento aggravato.
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