Nessuna tassa dovrebbe essere pagata se non rende i servizi per i quali e' riscossa. La tares serve a pagare la rimozione dei rifiuti, ma la citta' continua a essere preda del cattivo servizio di un'azienda irredimibile.
Tares, la tassa e gli sprechi
NESSUNA TASSA DOVREBBE ESSERE PAGATA SE NON RENDE I SERVIZI PER I QUALI E’ RISCOSSA. LA TARES SERVE A PAGARE LA RIMOZIONE DEI RIFIUTI, MA LA CITTA’ CONTINUA A ESSERE PREDA DEL CATTIVO SERVIZIO DI UN’AZIENDA IRREDIMIBILE.
di Aldo Penna
La Tares, la tassa sui rifiuti e servizi è entrata dritta nelle tasche dei cittadini italiani, prelevando in contemporanea alla rateizzazione della Tarsu, la tassa precedente, il tributo. La novità introdotta, conseguenza della contrazione delle risorse, impone ai comuni che la tassazione copra per intero i costi del servizio. E qui si alzano i primi interrogativi. Cosa determina il costo del servizio? L’elefantiasi delle società per la raccolta dei rifiuti che in tutto il Meridione, e in Sicilia in particolare, hanno gonfiato gli organici sotto la spinta della politica clientelare? Le spese folli, gli appalti irragionevoli, l’assenza di ogni vigilanza da parte di amministratori irresponsabili e inetti?
Tutte le ex municipalizzate divenute società per azioni di comodo, nel senso che gli amministratori hanno fatto davvero i loro comodi assumendo, ricoprendosi di compensi dorati, remunerando al massimo i salari accessori del personale, sono gravate da una malattia inguaribile: sono figlie del sistema di compromissione di certa politica con le pubbliche finanze.
Ora la percezione comune, tutta italiana, ha sempre visto le azioni di governo quasi separate dall’andamento della tassazione. Con una sorta di rassegnazione, complice l’assenza di una vera distinzione tra maggioranza e opposizione e l’acquiscenza del sistema dell’informazione, si sono gonfiati i ranghi di ogni anfratto pubblico. Centinaia di migliaia di precari, organici traboccanti nelle aziende pubbliche, compensi folli per il ceto politico burocratico, come se le risorse provenissero dalla luna e non invece dal sistema dei tributi.
La Tares nella sua crudezza si incarica di ricordare ai distratti che i loro soldi serviranno a pagare i lavoratori addetti alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti e ogni volta che vedranno strade sporche, rifiuti non rimossi, discariche improvvisate, disinfestazioni non effettuate si chiederanno: come sto spendendo i miei soldi?
Le colonie americane si ribellarono all’Inghilterra secondo il principio “no taxation without representation”. Oggi potremmo aggiornare quel principio con lo slogan “no tares senza servizio”.
A Palermo le vicissitudini dell’Amia potrebbero essere raccontate in un’epica del malaffare: come prendere risorse dal pubblico erario, non rendere servizi, accampare pretese, minacciare la città. E’ così che in questi anni ha agito. Una settimana di sciopero metteva in ginocchio la città per mesi, e anche adesso, con il cambio del nome e guidati dalla pattuglia di valorosi del Consiglio d’amministrazione, scoppiano emergenze come piccole epidemie. Si invocano interventi esterni, un esercito gigantesco mai bastevole, mai sufficiente, mai all’altezza del compito.
La Tares mostrando finalmente chi paga e per cosa deve rivoluzionare il rapporto tra cittadini, amministrazione, azienda per la raccolta dei rifiuti.
Se pago pretendo il servizio. Se non rendi un buon servizio non pago o ti licenzio. Pippo Russo, autorevole dirigente politico afferma che “In ogni caso adesso, più di ieri, i cittadini hanno diritto ad una città senza rifiuti”. Ci riuscirà questa azienda malata?
Potrà il Consiglio d’amministrazione appena nominato svuotare con le sole buone intenzioni il mare delle inefficienze?
E la domanda che si pongono i cittadini contribuenti mentre assistono all’uso delle risorse che hanno versato nelle pubbliche casse.
(foto della Palermo che vorremmo)