«Se saranno fatti i tagli previsti si assisterà alla scomparsa di corsi di laurea a Ragusa, ma la stessa sorte toccherebbe a Catania. Si devono mobilitare tutti». Queste le parole di Nunzio Famoso, preside della facoltà di Lingue e Letterature straniere.
Preside, iniziamo da Ragusa: che novità sul fronte del contenzioso tra Ateneo e Consorzio?
«La settimana scorsa si è svolto il Senato accademico a cui ha partecipato il presidente del Consorzio, l’onorevole Giuseppe Drago, e il segretario Gustavo Dejak. Posso dire che si è avuto un buon esito: finalmente si è chiusa una fase importante che creava non poche difficoltà allo sviluppo e al miglioramento del polo universitario ragusano nonché alle relazioni tra l’Università e il Consorzio. Ricordo che la transazione si è resa necessaria per il fatto che, negli anni pregressi, il Consorzio aveva accumulato un cospicuo debito nei confronti dell’Ateneo. Nell’occasione voglio sottolineare l’alto grado di civiltà ed equilibrio che ha distinto il dibattito nel Senato accademico, ma anche la disponibilità delle parti a dotare Ragusa di un progetto formativo calibrato su prospettive di crescita e di valorizzazione. Insomma una discussione lunga, ma proficua perché sgombra il campo del pregresso e sposta l’obiettivo su un terreno legato alle prospettive che è quello che a noi sta più a cuore».
A quanto ammontava il debito con la facoltà di Lingue?
«A quanto mi è dato sapere, il debito complessivo con l’ateneo catanese ammontava a tre milioni di euro. Il Consorzio doveva più della metà di questa somma alla nostra facoltà. La questione a livello di ateneo si può considerare chiusa. Al rettore Antonino Recca e all’onorevole Drago vanno il plauso per aver chiuso un contenzioso complesso e pieno di insidie».
Chiuso quindi il contenzioso che di certo ha creato non poche ansie sul futuro stesso della sede di Ragusa, cosa porterà questa riconciliazione?
«Ora si può passare ad una fase operativa mettendo mano, finalmente, al rilancio della sede ragusana. Ci è piaciuto sentire l’onorevole Drago e la sua ottimistica prospettiva, e cioè una visione dell’università di Ragusa che non subirà restrizioni e che soprattutto sarà in crescita sia dal punto di vista prettamente formativo sia da quello occupazionale ed anche da quello scientifico – culturale».
Per quanto riguarda la questione della facoltà “bicefala”, formata da una sede centrale e una decentrata, cosa ci può dire?
«Innanzi tutto, c’è da chiarire che Ragusa e Catania sono un unico insieme. È necessario cercare di evitare dei doppioni e questo si può fare creando una buon sistema della formazione e della ricerca nel ragusano, differenziando i corsi di laurea e legandoli alle esigenze del territorio» .
Quali altri progetti sono in vista?
«In Senato accademico ho prospettato un itinerario, al quale il Rettore e il presidente Drago hanno dato il proprio consenso, che vede l’indizione di una facoltà “formale” alla quale potrà partecipare il Consorzio stesso e a cui stiamo lavorando perché si realizzi entro la fine del mese, da cui potrà scaturire un gruppo di lavoro tecnico che riveda alcuni punti della convenzione in base agli accordi presi recentemente».
Prima del suo incontro con il presidente Drago, nell’occhio del ciclone c’era anche la questione dell’autonomia rispetto al Consorzio. Come si è evoluta la situazione? Si parla ancora di “invasione di campo”?
«Per quel che riguarda l’autonomia, è necessario scindere due fattori: la sede e la didattica. Si deve fare un chiarimento sulla sede: Catania o Ragusa? Noi riteniamo che si possa, ad oggi, parlare di sede catanese con corsi di laurea a Ragusa con uguale dignità. Questo, però, non è mai stato un problema per noi. Diverso invece è il ragionamento da fare sui corsi, dove si accetteranno suggerimenti da parte del Consorzio. La nuova offerta formativa vorremmo che nascesse da un accordo con il Consorzio e da una interpretazione quanto più mirata delle vocazioni professionali e territoriali di Ragusa».
Ci sarà un ridimensionamento per quanto riguarda il corpo docente?
«La situazione della docenza e dell’impiego, in generale, a Ragusa è da sempre stata problematica. Riguardo all’utilizzo del personale all’interno della struttura, abbiamo bisogno di certezze sia sul piano strutturale sia sul piano della maturazione scientifica e della ricerca. Se la situazione dovesse rimanere invariata allo stato attuale – anche a livello nazionale – e il Consorzio non provvedesse alla crescita dei costi, dovremo operare dei tagli».
Vi era anche il desiderio da parte del Consorzio di indirizzare l’incasso delle tasse d’iscrizione degli studenti direttamente alla sede di Ragusa Ibla, anziché continuare a versarle all’ateneo di Catania. Lei cosa ne pensa?
«Da parte nostra c’è tutta la disponibilità a trasferire questi fondi, che potrebbero anzi migliorare la situazione attuale. Queste risorse però non andrebbero in ogni caso alla facoltà ma sempre all’ateneo».
Infine – guardando il panorama nazionale – se questi tagli all’università verranno attuati, cosa succederà alla facoltà di Lingue?
«Si deve chiamare a raccolta tutti, mobilitare tutti. Il Rettore ha già dato un segnale decidendo, in accordo con il Senato accademico, di non fare la cerimonia d’inaugurazione dell’anno accademico e promuovendo una giornata di dibattito (il 5 novembre, ndr). Se saranno fatti questi tagli, e noi come Facoltà abbiamo indetto una giornata di mobilitazione per il 24 ottobre, si assisterà alla scomparsa di corsi di laurea a Ragusa. Stessa sorte toccherebbe a Catania. Si avrebbe quindi un corso di laurea triennale di 1° livello e un corso biennale di 2° livello a Ragusa. A rimanere aperto, a Catania, sarebbe il corso di Lingue e culture europee e la relativa specialistica. In ogni caso, è in atto una volontà di creare un corso di laurea interfacoltà basato sulla comunicazione e sul turismo tra le facoltà di Lettere, Economia e commercio, Scienze della formazione e Lingue».
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