Suicidio assistito, Coveri interrogato per due ore Si difende negando l’istigazione o sollecitazioni

È durato circa due ore l’interrogatorio di Emilio Coveri, il responsabile dell’associazione Exit Italia indagato per l’istigazione al suicidio di Alessandra Giordano, la maestra paternese di 47 anni che lo scorso marzo ha scelto di morire nella struttura Dignitas di Forch a Zurigo, in Svizzera. Iniziato intorno alle 11.30 negli uffici al primo piano della procura di piazza Verga a Catania, si è concluso dopo le 13.30 l’interrogatorio durante il quale il presidente dell’associazione che promuove il diritto all’eutanasia ha risposto a tutte le domande che gli sono state rivolte chiarendo la sua posizione e negando ogni addebito.

Durante l’interrogatorio – che è stato secretato – il presidente Coveri avrebbe ribadito al giudice che non vi è stata alcuna istigazione o sollecitazione nel gesto che l’insegnante aveva comunque intenzione di compiere. In pratica, la donna sarebbe già stata a conoscenza della struttura svizzera Dignitas e avrebbe avuto da Coveri solo alcune indicazioni, per altro facilmente reperibili anche su internet. Il responsabile di Exit avrebbe inoltre sostenuto davanti al pubblico ministero che la gli aveva confidato che da più di otto mesi non aveva più contatti con la sua famiglia. Circostanza smentita però dal legale che assiste i familiari di Giordano: «I parenti più prossimi l’hanno assistita fino alla fine – dichiara l’avvocato Giuseppe Camonita a MeridioNews – Anche se viveva in casa propria, nell’ultimo periodo la donna non era di grado di fare quasi più nulla in autonomia ed era sempre sostenuta dai familiari». 

Dopo un esposto presentato dai familiari della donna, Coveri è stato indagato perché «determinava o comunque rafforzava il proposito di suicidio […]. Intratteneva con la Giordano plurimi rapporti e conversazioni telefoniche, via sms e posta elettronica a far data dall’anno 2017 e ininterrottamente sino al 2019; induceva la Giordano, sofferente per forme depressive e sindrome di Eagle (una nevralgia facciale atipica, ndr), a iscriversi alla associazione Exit; condotte accompagnate da sollecitazioni e argomentazioni in ordine alla legittimità, anche etica, della scelta suicidiaria». 

A differenza dell’Italia, in Svizzera il suicidio assistito è legale (mentre resta illegale la pratica dell’eutanasia attiva). «Nel nostro Paese – hanno spiegato da Dignitas a MeridioNews – è giuridicamente possibile l’aiuto al suicidio, cioè un accompagnamento alla morte volontaria». Requisiti per accedere a questa forma di autodeterminazione del fine vita sono «che la persona non mostri alcun segno di mancanza della capacità di intendere e di volere e che sia in grado di compiere personalmente l’atto finale». Per i magistrati, però, nel caso dell’insegnante paternese «non appare chiara la sussistenza dei presupposti per il suicidio assistito secondo le modalità consentite dalla legislazione elvetica». 

Marta Silvestre

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