«La difesa non ha notizia di questa richiesta», risponde a MeridioNews l'avvocata Arianna Corcelli che assiste il presidente di Exit Italia. L'avviso di conclusione indagini era arrivato a metà ottobre. «Soddisfatti» i legali della famiglia di Alessandra Giordano
Suicidio assistito, chiesto il processo per Coveri Per l’accusa avrebbe istigato 47enne di Paternò
La procura di Catania ha chiesto il rinvio a giudizio per istigazione al suicidio di Emilio Coveri, il presidente dell’associazione Exit talia, nell’ambito dell’inchiesta sul suicidio assistito di Alessandra Giordano. La 47enne di Paternò, insegnante di scuola primaria in un istituto di Misterbianco, è morta il 27 marzo scorso a Forch, un paesino svizzero nel cantone di Zurigo, nella clinica Dignitas. L’istituto, alla ribalta dopo la morte di Dj Fabo, che è autorizzato dalle autorità locali a praticare il suicidio assistito.
«La difesa a oggi non ha notizia di questo rinvio a giudizio», risponde a MeridioNews l’avvocata Arianna Corcelli che assiste Coveri e che è stata informata della richiesta della procura dalla telefonata di questa testata. L’avviso di conclusione delle indagini preliminari era arrivato a metà ottobre. Lo scorso 31 luglio, Coveri è stato interrogato per due ore negli uffici al primo piano della procura di piazza Verga a Catania e ha ribadito al giudice che non c’è stata alcuna istigazione o sollecitazione rispetto a un gesto che l’insegnante aveva comunque intenzione di compiere.
Dopo un esposto presentato dai familiari della donna, il presidente di Exit è stato indagato perché «determinava o comunque rafforzava il proposito di suicidio […]. Intratteneva con la Giordano plurimi rapporti e conversazioni telefoniche, via sms e posta elettronica a far data dall’anno 2017 e ininterrottamente sino al 2019; induceva la Giordano, sofferente per forme depressive e sindrome di Eagle (una nevralgia facciale atipica, ndr), a iscriversi alla associazione Exit; condotte accompagnate da sollecitazioni e argomentazioni in ordine alla legittimità, anche etica, della scelta suicidiaria».
La procura etnea, intanto, ha identificato cinque parti offese nell’inchiesta: la madre, una sorella e tre fratelli della 47enne. «Siamo soddisfatti per l’operato della procura e, adesso, attendiamo gli sviluppi del processo», commentano a MeridioNews i legali della famiglia Giordano, Giuseppe Camonita, Marco Tringali, Anna Maria Parisi e Francesco Pantaleo.