«Il primo gommone si è bucato ed ha cominciato a imbarcare acqua prima di essere travolto dalle onde del mare, l’altro si è sgonfiato nella parte prodiera prima di affondare. Noi siamo finiti in acqua e ci siamo aggrappati alle cime mentre i nostri compagni annaspavano prima di scomparire tra le onde del mare in tempesta». Raccontano l’orrore della morte i nove superstiti che sono giunti stamattina a Lampedusa su una motovedetta della Guardia costiera. Sono stati salvati da un rimorchiatore italiano. I due gommoni su cui viaggiavano si sono rovesciati a causa del mare forza otto lunedì pomeriggio, tra le 15 e le 16. Su quei gommoni, secondo le testimonianze dei sopravvissuti, c’erano in totale circa 300 persone: 105 in uno, 107 nell’altro e un altro centinaio in un terzo. I migranti arrivati vivi a Lampedusa sono solo nove, originari del Mali e del Senegal. Le prime parole sono state raccolte dal alcuni operatore di Save the children.
La zona del naufragio, nonostante le proibitive condizioni del tempo, è stata perlustrata dalle unità italiane che si sono spinte fino al limite delle acque libiche e da un aereo Atr 42, ma delle altre 300 persone non è stata trovata ancora traccia.
I due gommoni rovesciati sarebbero partiti dalla Libia sabato scorso. Con loro viaggiava inizialmente anche un terzo barcone, quello soccorso da due mercantili italiani domenica sera e su cui viaggiavano 106 migranti. 29 non ce l’hanno fatta, morti per il freddo. Settantacinque sono stati condotti nel centro di accoglienza di Lampedusa, riaperto per questo sbarco inatteso. Cinque sono stati ricoverati nel poliambulatorio, uno è stato portato in elisoccorso a Trapani perché le sue condizioni di salute sono parse molto gravi. I sopravvissuti – tra i quali tre minori – stanno compilando un elenco con i loro nomi e di quelli che si trovavano sulla stessa imbarcazione. Sulla vicenda la procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta. I reati ipotizzati sono omicidio colposo plurimo e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Il viaggio dei due gommoni invece sarebbe continuato per altra mezza giornata, fino al tragico capovolgimento nelle acque gelide del canale di Sicilia che sarebbe avvenuto lunedì nel primo pomeriggio. La Guardia costiera, impegnata negli ultimi due giorni nelle ricerche, sta ora valutando il racconto dei nove superstiti. Uno dei quali ha parlato anche di un quarto gommone su cui avrebbero viaggiato altre cento persone circa, e di cui le autorità italiane non hanno al momento riscontro. «Da alcune settimane eravamo in 460 ammassati in un campo vicino Tripoli in attesa di partire. Sabato scorso i miliziani ci hanno detto di prepararci e ci hanno trasferito a Garbouli, una spiaggia non lontano dalla capitale libica. Eravamo circa 430, distribuiti su quattro gommoni con motori da 40 cavalli e con una decina di taniche di carburante», hanno raccontato due dei nove superstiti, di origine maliana. Raccontano di avere pagato per la traversata mille dinari, circa 650 euro. «Ci hanno assicurato che le condizioni del mare erano buone, ma in ogni caso nessuno avrebbe potuto rifiutarsi o tornare indietro: siamo stati costretti a forza a imbarcarci sotto la minaccia delle armi». Alcuni di loro hanno lanciato l’sos con un satellitare ed è subito scattato l’allarme. Tra i dispersi anche diversi bambini, secondo le testimonianze di un superstite raccolte sempre da Save the children: «Sul mio gommone c’erano almeno tre ragazzi della Costa d’Avorio, potevano avere non più di 13-14 anni. Anche loro sono scomparsi tra i flutti». Un dodicenne ivoriano, insieme ad altri due minori, invece ce l’hanno fatta e sono stati recuperati dai mercantili e portati a Lampedusa.
Dopo le ultime stragi di migranti si sono riaccese le critiche per l’operazione europea Triton, di vigilanza delle coste, che ha sostituito Mare Nostrum, destinando però alla missione un budget – 2,9 milioni di euro al mese – due terzi inferiore rispetto all’operazione italiana. Dalla presidente della Camera Laura Boldrini alla Croce Rossa Italiana, fino al sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini, in tanti chiedono di trovare nuove soluzioni. «Triton non serve a niente – ha affermato il primo cittadino dell’isola più esposta – Questo dispositivo deve essere sostituito. È soltanto uno spreco insopportabile di risorse economiche che non serve a difendere l’Europa, né tanto meno, come dimostrato, a salvare le vite umane».
Già a settembre Amnesty international aveva lanciato un appello Le persone prima delle frontiere. E a dicembre, quando a Sud di Lampedusa morirono 17 migranti, molte associazioni avanzarono le stesse richieste e le stesse critiche che si sono rinfocolate negli ultimi giorni. Ma nulla è cambiato.
E’ di oggi l’ultima presa di posizione del commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muiznieks: «Triton non è all’altezza – ha affermato – l’Europa ha bisogno di un sistema di ricerca e salvataggio efficace. La tragedia consumatasi nel Mediterraneo è un’altra sciagura che poteva essere evitata. Spero che l’Europa cambi approccio, dando maggiore peso ai diritti umani, e non solo alla sicurezza, e aumenti le vie legali cui le persone possono ricorrere per arrivare sul continente e chiedere asilo».
«Desidero assicurare la mia preghiera per le vittime e incoraggiare nuovamente alla solidarietà, affinché a nessuno manchi il necessario soccorso», ha commentato papa Francesco. «Da un anno e mezzo chiediamo con forza di potenziare le capacità di salvataggio di vite umane nel Mediterraneo – sottolinea Laurens Jolles, delegato Unhcr per il Sud Europa – Siamo sconvolti dalla notizia della morte di altri 203 fra migranti e rifugiati, numero che potrebbe salire ulteriormente se venisse confermata la notizia di un quarto gommone disperso. Il governo italiano con Mare Nostrum ha dimostrato l’impegno a voler trovare una soluzione, e l’Unhcr ha più volte fatto appello affinché l’operazione diventasse di gestione europea. Sorprende che non ci sia ancora la capacità di farsi carico di questo impegno data l’entità della crisi umanitaria in corso. L’operazione Triton non ha come suo mandato principale il salvataggio di vite umane e quindi non può essere la risposta di cui c’è urgente bisogno». Durissimo l’attacco di Gino Strada, fondatore di Emergency: «Mi vergogno di essere italiano, mi vergogno di far parte di questa Europa indifferente alle sofferenze e complice di stragi». E prosegue: «Sono esseri umani in pericolo, viaggiano in condizioni disastrose che spesso diventano tragedie, vanno a picco in fondo al mare. Lo sappiamo, abbiamo visto decine di volte questo film: ma questa non è fiction, è ancora una volta “cronaca di una morte annunciata”».
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