Stupro di gruppo in piazza Europa, condannati i tre imputati «Si è cercato di fare passare vittima per bugiarda patologica»

Il giudice per l’udienza preliminare Luigi Barone ha condannato con il rito abbreviato tutti e tre gli imputati poco più che ventenni per la violenza sessuale di gruppo ai danni della 19enne statunitense avvenuta la notte tra il 15 e il 16 marzo del 2019 nella zona del porticciolo Rossi in piazza Europa a Catania. Sette anni e due mesi per Roberto Mirabella e Salvatore Castrogiovanni (per cui l’accusa aveva chiesto otto anni); due mesi in più per Agatino Valentino Spampinato (la richiesta della pm Valentina Botti era stata di nove anni e quattro mesi) per cui la seconda violenza, avvenuta nell’androne della palazzina dove la vittima era ospite come ragazza alla pari, è stata ritenuta continuazione della prima. «Non poteva non essere così – commenta a MeridioNews l’avvocata Mirella Viscuso, che assiste la vittima – Siamo soddisfatti di questa sentenza che ridà dignità alla mia assistita che, dopo essere stata brutalmente violentata quella notte, è anche stata ripetutamente offesa durante il processo».

Tutti e tre gli imputati sono stati interdetti dai pubblici uffici e condannati al risarcimento dei danni morali e materiali e anche a un provvisionale di 20mila euro nei confronti della vittima e di 6mila euro per il Comune di Catania che si era costituito come parte civile nel processo. Adesso, bisognerà attendere novanta giorni per le motivazioni. «Intanto – aggiunge la legale – finalmente, abbiamo avuto una risposta da parte della giustizia. Durante il processo, la vittima è stata ingiustamente giudicata come una bugiarda patologica e anche come affetta da un disturbo della personalità borderline». Durante il procedimento, il collegio difensivo aveva richiesto di produrre delle consulenze «finalizzate a dimostrare l’incapacità di testimoniare della mia assistita», ricorda l’avvocata Viscuso. 

Nel corso delle udienze riservate alle repliche, i legali degli imputati hanno sostenuto che la vittima sarebbe stata consenziente; che il «Non voglio» pronunciato più volte in italiano sarebbe stato rivolto al video e non al rapporto; che le chiamate (al 112 e al 911, il numero per le emergenze in Usa) e le richieste di aiuto all’amico sarebbe state fatte per crearsi una prova da utilizzare in seguito e anche che la ragazza sarebbe andata a denunciare perché «si sente rifiutata da Spampinato che declina l’invito a vedersi di nuovo». Ricostruzioni che non hanno convinto il giudice che ha deciso per le condanne dei tre giovani che, da tempo, si trovano agli arresti domiciliari dopo avere trascorso un periodo in tre carceri diverse. «Noi abbiamo sempre fatto valutazioni confrontandoci solo con le prove che erano granitiche – spiega l’avvocata Viscuso – Durante il procedimento, avremmo anche auspicato una presa di coscienza e delle scuse da parte degli imputati. Non solo questo non c’è stato – conclude – ma nei confronti della mia assistita ci sono stati diversi attacchi volgari». 


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