Gli uomini, insieme ad altri cinque, erano stati fermati dalle forze dell'ordine perché ritenuti i presunti componenti dell'equipaggio del barcone che trasportava 313 migranti e 49 cadaveri. Il peschereccio era stato soccorso nel Canale di Sicilia dalla nave militare Cigala Fulgosi
Strage di ferragosto, 20 anni di carcere a tre imputati Sentenza del gup di Catania per omicidio volontario
Vent’anni di carcere a ciascuno per omicidio volontario. È questa la sentenza emessa dal gup di Catania Giovanni Cariolo nel processo per la cosiddetta strage di migranti di ferragosto per tre degli otto presunti componenti dell’equipaggio del barcone. A bordo del quale c’erano 313 migranti e 49 corpi senza vita. Il natante era stato soccorso nel Canale di Sicilia nell’estate del 2015 dalla nave militare Cigala Fulgosi. Gli extracomunitari e le vittime erano arrivati al Porto di Catania il 17 agosto a bordo della norvegese Siem Pilot.
Gli imputati, per i quali il pubblico ministero Alessandro La Rosa aveva chiesto la condanna a vent’anni di reclusione per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e omicidio, sono il 19enne Mohamed Assayd (originario della Libia), il 24enne Mustapha Saaid (originario del Marocco) e il coetaneo Mohamed Ali Chouchane (originario della Tunisia). Quest’ultimo era accusato di essere stato il comandante del barcone che aveva viaggiato per una sola notte.
I tre imputati – assistiti dagli avvocati Francesco Giammona, Fabio Presenti e Massimo Ferrante – continuano a dichiararsi innocenti. Altri cinque presunti componenti dell’equipaggio sono a processo con rito ordinario davanti alla Corte d’Assise. Costoro sono i libici Tarek Jomaa Laamami di 20 anni, Alla F. Hamad Abdelkarim di 21, Abd Arahman Abd Al Monsiff di 19, il marocchino Isham Beddat di 31 e il siriano Mohannad Jarkess di 21 anni.
Gli otto uomini erano stati fermati dopo le indagini della polizia di Stato, della squadra mobile, della guardia di finanza e del reparto Gico delle Fiamme gialle. L’inchiesta della Procura distrettuale etnea ha collegato il decesso delle 49 persone con l’assenza di aria all’interno della stiva del peschereccio. Secondo l’accusa i presunti scafisti avrebbero «colpito con calci, pugni e l’utilizzo di cinghie ferrate» i migranti nella stiva, «bloccando con i loro corpi i boccaporti che avrebbero consentito il passaggio al ponte superiore, causando così la morte per mancanza di ossigeno».