Storia di Lea, una donna sola contro la ‘sndrangheta

UNA VITA BRUCIATA. PER UNO STATO CHE NON LO MERITA. UNA VICENDA PARADIGMATICA DEL’ITALIA DI OGGI

Lea Garofalo era nata in Calabria, a Petilia Policastro, in provincia di Crotone. Rra la sorella del boss ‘ndranghetista Floriano Garofalo. Una donna che con la ‘ndrangheta ci viveva tutti i giorni.

Era una donna coraggiosa. Una donna che, a un certo punto della propria vita, aveva deciso di raccontare tutto allo Stato. Per ché quella vita non riusciva più a sopportarla.

Lo Stato italiano le ha garantito la protezione. E lei, Lea Garofalo (foto a sinistra tratta da nanopress.it), ha svelato i retroscena delle faide interne che sconvolgevano la vita della sua famiglia e di quella del suo ex compagno Carlo Cosco.

Nel 2006 le viene revocato il programma di protezione. Motivazione: mancavano i riscontri alle sue rivelazioni. Il Consiglio di Stato ribalta questa decisione. La donna rimane protetta fino al 2009. Quando è Lea a rinunciare alla protezione dello Stato.

Qualche giorno dopo aver rinunciato alla protezione tentano di rapirla. La donna viveva a Campobasso con la figlia Denise. Chi cerca di rapirla è Massimo Sabatino, spedito a casa della donna dall’ex marito.

Lea riesce a fuggire e a raccontare tutti ai Carabinieri.

Nel novembre del 2009 avrebbe dovuto essere a Firenze. Chiamata a testimoniare in un processo che coinvolgeva il suo ex compagno.

Quest’ultimo riesce, con l’inganno, a convincere Lea ad andare a Milano.

“Lea ha sopravvalutato se stessa quando è andata a Milano con la figlia, ma immaginate voi una madre che non ha soldi per comprare un vestito alla figlia, che è terrorizzata, fragile e che sta cercando di salvarsi a suo modo dall’ex compagno. Ha agito ancora per il bene della figlia”, spiega il pm Tatangelo.

Da Milano Lea Garofano non farà più ritorno. Verrà rapita da Massimo Sabatino e Carmine Venturino e consegnata a Vito e Giuseppe Cosco. Verrà torturata e uccisa con un colpo di pistola. Il suo corpo verrà disciolto nell’acido.

Michele Santoro ha intervistato la sorella di Lea, Marisa. Un’intervista che ha fatto conoscere la storia di Lea.

Nelle parole di Marisa Garofalo lo Stato italiano esce a pezzi: mancate tutele, assenza di risposte da parte delle ‘autorità’. Il solito ‘Stato brigante’, che in Sicilia e, in generale, nel Sud conosciamo bene.

Scene di vita drammatiche. Il dolore di Marisa, che apprende dalla Tv la fine atroce della sorella.

“Perché è così importante per i familiari ottenere giustizia?”, leggiamo sul sito Dieci e Venticinque che ora è? – “Perché mia sorella ha messo a disposizione la sua vita per aiutare un Stato a sconfiggere la mafia. E’ un delitto abbandonare i collaboratori di giustizia. E’ il delitto di uno Stato che si arrende sempre più al potere mafioso”.

 


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