Statuto, i deputati siciliani a Roma si svegliano?

C’è anche un chiaro riferimento allo Statuto siciliano nella lettera che 45 deputati (e non 50 come precedentemente scritto) siciliani, che siedono tra gli scranni di Montecitorio e Palazzo Madama, hanno inviato al primo ministro, Mario Monti, su iniziativa del senatore del Pd, Enzo Bianco.  E questa è già una notizia. Nella missiva (che riportiamo sotto) i parlamentari siciliani chiedono al capo del governo italiano un incontro per mettere a punto un piano d’emergenza per rilanciare l’economia siciliana. Pochi punti, ma strategici. Tra questi, l’applicazione dell’articolo 37 dello Statuto siciliano. Si tratta, lo ricordiamo, di quella norma che affronta un tema fino ad oggi ignorato: le imposte pagate dalle aziende – in molti casi dalle grandi aziende – che hanno stabilimenti in Sicilia, ma sede sociale altrove, per lo più nel Centro Nord Italia. Ebbene, fino ad oggi, grazie a una politica siciliana di ‘ascari’ (cioè di venduti agli interessi delle aree ‘forti’ del nostro Paese), e contro le previsioni statutarie, queste imposte vengono versate nelle regioni italiane dove questi grandi gruppi economici e imprenditoriali hanno la sede sociale. Una truffa e un ladrocinio ‘legalizzato’ ai danni della Sicilia. L’esempio eclatante dell’ingiustizia lo forniscono le raffinerie presenti in Sicilia, e precisamente nell’area industriale di Siracusa (per esempio, ad Augusta). Ebbene, queste raffinerie producono circa il 50 per cento delle benzine utilizzate nel nostro Paese. Per farlo avvelenano il nostro ambiente. Mentre le imposte – sembra incredibile! – le vanno a versare in Lombardia e nelle altre regioni ricche dell’Italia. Regioni ricche che diventano ogni giorno più ricche grazie anche alla ‘scippo’ – ripetiamo, ‘legalizzato – operato ai danni della Sicilia e dei siciliani.

Non è una battaglia nuova, ma finora è stata condotta solo da poche voci fuori dal coro.  Oggi c’è di nuovo che un gruppo di parlamentari siciliani a Roma si sono impegnati, almeno formalmente, affinché l’ingiustizia abbia fine. E, al di là, della loro collocazione politica (riportiamo i nomi e i partiti d’appartenza qui sotto), in questo caso, hanno dimostrato di essere innanzitutto siciliani. Ma leggiamo la lettera a Monti:

“Signor Presidente,
il 1° marzo a Palermo una importante manifestazione promossa dalle forze produttive (in primo luogo Confindustria Sicilia) e delle principali organizzazioni sindacali ha registrato la presenza di molte migliaia di cittadini; le parole chiave erano “crisi, preoccupazione, difficoltà”, ma anche “crescita, sviluppo, responsabilità”.
Nelle settimane precedenti una serie di manifestazioni di protesta, anche estreme e assai discutibili nelle modalità, avevano portato a galla il malessere profondo dell’economia siciliana.
Signor Presidente, nei giorni scorsi parlamentari eletti in Sicilia, appartenenti ai diversi gruppi politici, si sono incontrati a Catania per mettere a fuoco i problemi di alcuni possibili iniziative utili ad affrontare in modo concreto le azioni da intraprendere.
Ci siamo confrontati sul nodo essenziale dei trasporti, da quello ferroviario a quello aereo, sino all’attraversamento dello stretto di Messina; sui problemi degli incentivi agli investimenti industriali (anzitutto il credito d’imposta); sulle accise per i derivati del petrolio e l’attuazione dell’articolo 37 dello Statuto; sull’agricoltura e la necessità di monitorare il rapporto con la grande distribuzione; sulla cultura, i beni culturali ed il turismo legato alla storia della nostra terra.
Sappiamo che le possibilità di ripresa della nostra Regione sono affidate anche ai governi regionale e locali, nonchè al livello comunitario. Ma alcune decisioni importanti appartengono ovviamente alla sfera di responsabilità del Governo.
E’ nostro desiderio, Signor Presidente, prospettarLe i problemi e le soluzioni che abbiamo individuato. E scegliere con Lei una modalità attraverso la quale seguire stabilmente ed in modo efficace i passi avanti, gli ostacoli, il completamento delle azioni avviate. Conosciamo la Sua sensibilità al tema della crescita e dello sviluppo del Mezzogiorno e alla specificità della situazione siciliana. Confidiamo di poterLa incontrare presto e intanto La ringraziamo per l’attenzione che vorrà prestare a questa nostra richiesta”.
I firmatari:
Senatori
Benedetto Adragna (Pd), Bruno Alicata (Pdl), Antonio Battaglia (Pdl), Enzo Bianco (Pd), Roberto Centaro (Grande Sud), Mirello Crisafulli (Pd), Antonio D’Alì (Pdl), Gianpiero D’Alia (Udc) , Mario Ferrara (Grande Sud), Pino Firrarello (Pdl), Salvo Fleres (Grande Sud), Costantino Garraffa (Pd), Giuseppe Lumia (Pd), Domenico Nania (Pdl), Giuseppe Palumbo (Pdl), Nino Papania (Pd), Giovanni Pistorio (Mpa), Nino Strano (Fli), Simona Vicari (Pdl), Carlo Vizzini (Psi).
Deputati
Carnelo Briguglio (Fli), Basilio Catanoso (Pdl), Daniela Cardinale (Pd), Marco Causi (Pd), Roberto Commercio (Mpa), Giuseppe Fallica (Grande Sud), Vincenzo Fontana (Pdl), Vincenzo Garofalo (Pdl), Antonino Germanà (Pdl), Pippo Gianni (Pid), Enzo Gibiino (Pdl), Fabio Giambrone (Idv), Fabio Granata (Fli), Enrico La Loggia (Pdl), Giuseppe Marinello (Pdl), Ignazio Messina (Idv), Gianfranco Miccichè (Grande Sud), Antonino Minardo (Pdl), Alessandro Pagano (Pdl), Marilena Samperi (Pd), Alessandra Siragusa (Pd), Salvo Torrisi (Pdl).
Eurodeputati
Giovanni La Via (Pdl)


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C'è anche un chiaro riferimento allo statuto siciliano nella lettera che 45 deputati (e non 50 come precedentemente scritto) siciliani, che siedono tra gli scranni di montecitorio e palazzo madama, hanno inviato al primo ministro, mario monti, su iniziativa del senatore del pd, enzo bianco. E questa è già una notizia. Nella missiva (che riportiamo sotto) i parlamentari siciliani chiedono al capo del governo italiano un incontro per mettere a punto un piano d'emergenza per rilanciare l’economia siciliana. Pochi punti, ma strategici. Tra questi, l'applicazione dell'articolo 37 dello statuto siciliano. Si tratta, lo ricordiamo, di quella norma che affronta un tema fino ad oggi ignorato: le imposte pagate dalle aziende – in molti casi dalle grandi aziende – che hanno stabilimenti in sicilia, ma sede sociale altrove, per lo più nel centro nord italia. Ebbene, fino ad oggi, grazie a una politica siciliana di ‘ascari’ (cioè di venduti agli interessi delle aree ‘forti’ del nostro paese), e contro le previsioni statutarie, queste imposte vengono versate nelle regioni italiane dove questi grandi gruppi economici e imprenditoriali hanno la sede sociale. Una truffa e un ladrocinio ‘legalizzato’ ai danni della sicilia. L’esempio eclatante dell’ingiustizia lo forniscono le raffinerie presenti in sicilia, e precisamente nell’area industriale di siracusa (per esempio, ad augusta). Ebbene, queste raffinerie producono circa il 50 per cento delle benzine utilizzate nel nostro paese. Per farlo avvelenano il nostro ambiente. Mentre le imposte – sembra incredibile! – le vanno a versare in lombardia e nelle altre regioni ricche dell’italia. Regioni ricche che diventano ogni giorno più ricche grazie anche alla ‘scippo’ – ripetiamo, ‘legalizzato – operato ai danni della sicilia e dei siciliani.

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