Cinquantaquattro ore a disposizione per sviluppare un’idea, dal progetto iniziale alla possibilità concreta di realizzarla, o quasi. Cinque minuti per raccontarla a una giuria di possibili investitori, tre per rispondere alle domande e convincerli che è la proposta vincente. Sono centocinque i partecipanti di Startup weekend 2017, che si è svolto a Catania da venerdì 27 a domenica 29 ottobre, con trentadue progetti embrionali che che sono stati smontati e riassemblati insieme fino a diventare dodici. Tutti diversi, ma legati dallo stesso filo conduttore: il concetto di smart cities. «Le città intelligenti sono quelle che non devono essere più intese come suolo da calpestare e treni da prendere – spiega a MeridioNews Bob Luizzo, coordinatore dello Ied di Milano, presente alla manifestazione in qualità di mentor – ma sono quelle che dialogano con l’essere umano, capiscono la differenza tra un ragazzo e un pensionato e si prestano al multitasking, che ancora ci fa paura anche se lo pratichiamo ogni giorno quando controlliamo un messaggio mentre chiamiamo la mamma, prendiamo l’autobus e aspettiamo di trovare l’amore della nostra vita».
In palio per i vincitori percorsi di accelerazione al #Wcap di Tim, tre mesi di coworking e dieci ore di mentorship, account Flazio, Seejay e Semrush, tre mesi di advisoring con AtFactory e biglietti per l’evento Heroes meet in Maratea. “Dall’idea all’impresa in un fine settimana” recita lo slogan dell’evento organizzato dall’associazione Youth Hub Catania che punta a promuovere innovazione e spirito imprenditoriale sul territorio ma «nella maggior parte dei casi, più che altro lo Startup weekend rappresenta un laboratorio dove poter imparare – osserva Giuseppe Coppola, presidente di Youth Hub Catania – e circa il 70 per cento delle idee nate durante il fine settimana magari non viene portato a termine – aggiunge – ma permette ai ragazzi di creare relazioni nuove e idee più strutturate e fattibili. C’è una possibilità, anche se remota, che le idee possano diventare imprese, perché qui si lavora soprattutto sulla fattibilità tecnica e di business».
La coppa stampata in bioplastica di canapa se l’è aggiudicata l’idea di Alessandro Pace, 26 anni, laureato in Architettura con il pallino per la bioedilizia. «L’anno scorso ho partecipato all’evento come fotografo e quando ho saputo il tema di quest’anno ho pensato di iscrivermi, riunendo un team di amici formato da Aldo Siragusa, Paola Costantino, Chiara Leotta e Federico Tudisco, ingegneri e restauratori, teste pensanti insomma sensibili alla questione della sostenibilità e del mercato a chilometro zero». Il gruppo ha capito subito che l’idea iniziale troppo legata alla sfera sociale non avrebbe dato profitto. «Avevamo pensato di recuperare aree verdi in città e coinvolgere i cittadini nella loro cura, premiandoli con gettoni spendibili con aziende convenzionate». Invece, il verde si è trasformato in orto urbano e gli enti pubblici da coinvolgere in soggetti privati. «Abbiamo creato la piattaforma Coorto – condividi, coltiva, consuma per mettere in relazione chi ha un terreno non produttivo e chi vorrebbe dedicarsi al giardinaggio, coltivare un orticello o mangiare un pomodoro a chilometro zero».
Cinquantaquattro ore sono davvero sufficienti per passare alla fase d’azione? «Lo spero fortemente ma dovremo sederci a tavolino per discuterne – dice il primo classificato – anche se sono convinto che il mio team abbia la voglia e la competenza per portare avanti il progetto. Siamo stanchi di studiare sui libri, vogliamo fare e sono sicuro che faremo». Dall’Accademia di belle arti di Catania, indirizzo Graphic design e comunicazione d’impresa, vengono Giuseppe Fabiano, 23 anni, e Federica Grasso, che hanno conquistato insieme ad Alessandro il terzo posto e alcuni dei premi speciali. «Siamo arrivati senza una proposta precisa spinti dal nostro professore, Ciro Esposito. Dopo la presentazione ci è venuta l’idea di TicketUp, un’applicazione pensata per il trasporto pubblico e per combattere l’evasione fiscale sui mezzi pubblici». Come? A ogni obliterazione l’utente potrà fare un giochino e vincere un premio, che sia uno sconto Spotify o un caffè al bar. «L’idea diventerà reale quando riusciremo a trovare programmatori, sponsor e partner».
Secondo posto e tre premi speciali per il team del catanese Carmelo Ventimiglia, 21 anni, studente di Informatica all’Università di Catania e membro del Gdg, comunità di sviluppatori sostenuta da Google. «Sono venuto qui con un’idea: prendere l’arte e renderla fruibile tramite la tecnologia della realtà aumentata. È stata distrutta e ricostruita ben sei volte, anche in base ai consigli dei mentor». Nel gruppo formato da Mariangela, Antonio, Samuele, Andrea, Roberto, Giuseppe, Nunzia e Loredana ognuno ha messo a disposizione le proprie competenze di sviluppatori, laureati in Archeologia, designer, laureati all’Accademia di belle arti per fare vita a ImmersivArt, una piattaforma che permette di catalogare le opere nascoste nei depositi dei musei che per motivi di spazio non vengono esposte. Se andrà in porto? «Siamo stati gli unici a portare la tecnologia già funzionante, attraverso un visore i giudici hanno visto sul palco la Monnalisa. Ci hanno dato gli strumenti per cominciare e con molta probabilità il progetto andrà avanti, partendo proprio dalla catalogazione delle opere nascoste nei magazzini dei musei catanesi».
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