Stancanelli: «Perseguitato, intervenga Csm» Attacca i giudici, ma rifiuta le domande

«Non ho commesso nessun reato, sono un perseguitato. Adesso devono dire pubblicamente che io non c’entro niente, che il mio onore è stato leso. Chiederò al Csm l’invio degli ispettori a Catania». «Sindaco, è possibile farle una domanda?». «No».

Quella che doveva essere una conferenza stampa convocata dal sindaco di Catania Raffaele Stancanelli per commentare il rinvio a giudizio per abuso d’ufficio deciso ieri dal Gup Luigi Barone, si è trasformato in un monologo con climax ascendente. Supportato da numerosi assessori, Stancanelli si è presentato nella sala giunta del Comune tranquillo. Ne è uscito visibilmente provato, arrabbiato, rosso in faccia – nonostante le domande dei cronisti siano state bloccate sul nascere – protetto dalla scorta, inseguito dai giornalisti a cui è stata sbattuta la porta in faccia.

L’inizio è conciliante. «È doveroso che io chiarisca la mia posizione davanti alla città». Si riferisce, naturalmente, al rinvio giudizio. L’accusa della Procura etnea è abuso d’ufficio nell’inchiesta sui finanziamenti per i servizi sociali di Catania, nel periodo in cui Stancanelli era assessore alla Famiglia nel governo Cuffaro. In quella veste avrebbe suggerito in modo illecito alcuni nomi da inserire nelle commissioni che dovevano decidere la gestione di ricchi appalti. Il sindaco si difende ripercorrendo le tappe di questa vicenda che inizia nel 2010. Dal primo avviso di garanzia, «in cui – spiega Stancanelli – mi veniva contestato il reato di abuso d’ufficio, articolo 323 del codice penale. Avrei cioè favorito altri soggetti». Dalla Procura arriva una richiesta di archiviazione che però il Gup Alba Sammartino respinge, ordinando l’imputazione coatta. «Ma per la violazione di una norma diversa – sottolinea il sindaco – l’articolo 97 della Costituzione, cioè per aver leso l’imparzialità della pubblica amministrazione, un reato che può essere commesso solo in specifici casi che noi non riscontriamo». Una difesa in punta di diritto dell’imputato Stancanelli che a questo punto passa all’attacco.

«Contro di me è un atto una persecuzione – denuncia – lo dimostra il fatto che secondo l’accusa, le persone che avrei suggerito non avevano i titoli per ricoprire quel ruolo, anche loro sono stati imputati per abuso d’ufficio ma, a differenza mia, sono stati prosciolti». La cosa più grave per il sindaco è «l’essere accostato a crimini odiosi, come la truffa, il peculato e il falso». Il tono di voce ha superato ormai il livello di guardia. «Questo non lo posso permettere, perché oggi non riesco a guardare più in faccia i miei concittadini sapendo che hanno letto sui giornali tutto questo fango». Ecco, dunque, la soluzione, o, a seconda dei punti di vista, l’invito rivolto «al procuratore capo, al capo del tribunale e al dottor Barone». «Da lunedì non firmerò più nessun atto – annuncia Stancanelli – senza che prima non lo abbia controllato preventivamente qualcuna di queste persone». E sempre dalla magistratura catanese, «dal presidente della Corte d’Appello o del Tribunale» il sindaco pretende le scuse. «Devono trovare un modo per spiegare alla città che io non c’entro, che è stato leso il mio onore». Intanto, per scoprire le cause della presunta persecuzione, Stancanelli ha promesso che chiederà al Consiglio superiore della magistratura «l’invio degli ispettori». Quindi il gran finale. «Anziché perseguitarmi, i magistrati dovrebbero cercare chi ci impedisce di aprire le spiagge libere, visto che un nostro dipendente è stato minacciato e ha paura di fare il suo lavoro».

Al momento di passare alla fase che permette di distinguere una conferenza stampa da un monologo, cioè le domande, il sindaco si alza seguito dalla scorta e rapidamente si chiude nella stanza accanto. Per dovere di cronaca, va detto che riesce a rispondere a un primo quesito del collega Marco Benanti. «Sindaco, posso farle una domanda?». «No», è la secca risposta. Ai giornalisti che hanno aspettato invano per oltre un’ora che Stancanelli si facesse vivo, è stato detto che il sindaco «ha avuto un malore, giramenti di testa ed è sdraiato per precauzione, risponderà alle domande in un altro momento». Chissà se avrà recuperato la forza per confrontarsi almeno con la delegazione di imprenditori giapponesi ricevuti al Comune poco prima di pranzo.


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Conferenza stampa-monologo agitata stamattina nella sala giunta del Comune di Catania. Il sindaco Raffaele Stancanelli si difende dall'accusa di abuso d'ufficio, per cui è stato rinviato ieri a giudizio. «Qualcuno deve trovare il modo per spiegare alla città che io non c'entro, leso il mio onore. Da lunedì non firmerò nessun atto». Ma al momento di rispondere ai giornalisti, si alza e se ne va

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