Spiagge, sospesa sentenza Ue su concessioni lidi Da Catania la riscossa degli stabilimenti balneari

Le concessioni demaniali agli stabilimenti balneari siciliani non sono a rischio. Almeno fino al 31 dicembre 2020. A chiarirlo è un’ordinanza del Tar di Catania che, pronunciandosi sul ricorso di un lido di Santa Tecla (nel Comune di Acireale), stabilisce che la sentenza della Corte di giustizia europea della scorsa settimana non è in conflitto con la proroga, per i prossimi quattro anni, data ai titolari delle attività commerciali sulle spiagge isolane. La questione sulla quale fanno luce i giudici amministrativi etnei è una materia complessa, una matassa che si dipana a partire da giugno 2015 quando l’assessore al Territorio della Regione Siciliana, Maurizio Croce, ha stabilito che tutte le concessioni degli stabilimenti balneari dell’Isola dovessero considerarsi automaticamente prorogate fino alla fine del 2020. Un modo per evitare il ricorso al rinnovo annuale, una pratica alla quale dovevano sottostare la maggior parte degli imprenditori isolani. E catanesi.

«La sentenza della Corte di giustizia europea dice che per la concessione di spazi di demanio marittimo e lacustre si devono fare procedure di gara a evidenza pubblica», spiega l’avvocato Giuseppe Sciuto, legale del Sindacato italiano balneari di Catania. «Dopo questa ordinanza del Tar catanese, invece, i balneari si trovano un titolo concessorio già efficace, quindi valido per via della proroga concessa dalla Regione un anno fa e senza alcun ulteriore provvedimento applicativo». La decisione dei giudici amministrativi etnei parte dal rigetto, da parte degli uffici regionali, della richiesta di rinnovo della concessione a un operatore di Santa Tecla. L’imprenditore acese, titolare di un’autorizzazione scaduta nel 2012, aveva inoltrato la sua domanda già allora agli uffici di Palermo. Da allora, però, prima che arrivasse una risposta sono passati quattro anni. «È stata avviata un’istruttoria piuttosto complessa – dice Sciuto – Che è terminata con il diniego per via della mancata presentazione di alcuni documenti da parte del mio assistito».

I documenti in questione, però, secondo il legale non erano più necessari. Perché nel frattempo l’assessore regionale Croce aveva firmato il decreto di proroga quinquennale. «Nel frattempo, però, il mio cliente ha continuato a pagare il canone di concessione, proprio perché la Regione non aveva dato alcuna risposta». Dopo il «no» da parte degli uffici palermitani, il titolare del lido aveva fatto ricorso alla giustizia amministrativa. Il cui pronunciamento è arrivato la scorsa settimana e che sarà discusso a ottobre. I magistrati, però, vanno oltre e citano proprio la sentenza di Bruxelles, dicendo che non è un ostacolo all’applicazione della proroga decisa a Palazzo d’Orleans. «Chiaramente adesso si aprono dei margini per i tribunali italiani, nel caso in cui ci si dovesse esprimere su altri casi di gestione privata del demanio marittimo». «Questa ordinanza del Tar ci rafforza nel nostro convincimento, vale a dire che sulla decisione della Corte europea si era fatto parecchio allarmismo inutile», attacca Ignazio Ragusa, presidente del Sindacato italiano balneari.

«I giudici di Bruxelles stabilivano che serviva riassegnare le concessioni tramite gara pubblica nel caso in cui non ci fossero più spazi demaniali liberi, ma a Catania non è così», precisa Ragusa. «Di suolo pubblico aperto e senza stabilimenti nel Catanese ce n’è, eccome – continua Ragusa -. Spesso tendiamo a credere che le spiagge siano solo quei quattro chilometri di costa a cui siamo abituati, ma non è così». In altri termini: ci sono spazi liberi oltre la scogliera e ce ne sono altri ancora alla fine dei lidi della Playa. «Non ce ne accorgiamo semplicemente perché quei tratti di mare non sono fruibili o accessibili perché non ci sono interventi pubblici che li rendono tali». Vale a dire che né il Comune né la Regione hanno fatto niente per aprirli all’accesso dei cittadini. «Di spazio ce n’è un sacco e altri privati che volessero investire potrebbero certamente farlo, senza il bisogno che si intacchino le concessioni già date e sulla base delle quali gli imprenditori hanno fatto investimenti consistenti – conclude – Sapendo che la titolarità della spiaggia era confermata fino al 2020 si sono fatti lavori e si sono spesi dei soldi. Il mare è libero, ma non si dimentichi che per far sì che ci si possa andare serenamente sono i privati ad aver sostenuto il grosso delle spese».


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