Spiagge, concessioni salve ma poca trasparenza Croce: «Demanio marittimo può attirare la mafia»

«Non c’è motivo per cui la criminalità organizzata abbia avuto interessi nel demanio forestale e non possa averne in quello marittimo». A dichiararlo è l’assessore regionale al Territorio, Maurizio Croce. Parole che arrivano a pochi giorni dal pronunciamento del Tar, che ha accolto il ricorso di uno stabilimento balneare di Santa Tecla, in provincia di Catania, contro il mancato rinnovo dell’autorizzazione da parte della Regione e dopo la sentenza della Corte di giustizia europea sulla gestione dei litorali marini e lacustri. Il tema è quello delle concessioni demaniali e dell’esigenza di trasparenza nelle pratiche che riguardano la pubblica amministrazione, pena il rischio di trovarsi a fare da involontaria spalla per gli affari di Cosa nostra.

Poche gare e una eccessiva discrezionalità da parte dei burocrati hanno indotto l’Unione europea a rimarcare la necessità di gestire la cosa pubblica – e nello specifico i terreni che le appartengono – per ciò che è: qualcosa che appartiene a tutti e a cui tutti possono ambire avendone i requisiti. A dire il vero, nella sentenza si descrive uno scenario nel quale, accanto al già citato principio della trasparenza, si pongono condizioni per cui, tutto sommato, la situazione italiana – e quella siciliana in particolare – può fare a meno di rimettere in discussione le concessioni già stipulaterinnovate fino al 2020. Il motivo è presto detto: nel caso di presenza di litorali ancora concedibili la libertà di mercato non sarebbe messa a rischio.

Di questo avviso è lo stesso Croce. «Sul caso di Santa Tecla, aspettiamo la sentenza di merito. In ogni caso, crediamo che la Sicilia abbia condizioni tali da garantire da una parte la validità delle concessioni già in vigore e dall’altra la difesa di un mercato libero», spiega il membro della giunta Crocetta, che ribadisce come l’Isola abbia «ancora moltissimi litorali liberi». Altro punto a favore della Regione sarebbe la pubblicità delle richieste di concessione negli albi pretori dei singoli Comuni. «A nostro avviso ciò va in direzione della trasparenza, poiché facendo sapere che un privato ha interesse su un terreno si dà la possibilità ad altri di manifestare la volontà di competere, portando l’amministrazione a indire una gara», aggiunge Croce, che tuttavia non nega che tali procedure tagliano fuori realtà imprenditoriali estere «che difficilmente vanno a spulciare negli albi dei vari Comuni».

Ma è proprio la disabitudine degli uffici a bandire gare per la gestione dei siti demaniali il vero nodo della questione. Il tema è già venuto fuori nell’ultimo anno e mezzo con l’azione di denuncia fatta dal sindaco di Troina, Fabio Venezia, e dal presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci. Entrambi hanno fatto luce sulle modalità a dir poco ambigue che avrebbero permesso a personaggi legati alla criminalità di ottenere concessioni di aree boschive sui monti messinesi. Traendone importanti profitti, tra cui milioni di euro di finanziamenti comunitari. Per questo, a maggio, qualcuno ha tentato di uccidere Antoci in un agguato da cui è scampato grazie al pronto intervento degli agenti della scorta. 

Il discorso, a detta dello stesso Croce, può essere fatto anche per il demanio marittimo. «Anche se al momento non esiste un’azione di denuncia paragonabile a quella di Antoci e Venezia, è chiaro che il rischio di infiltrazioni da parte della mafia esiste anche per le concessioni dei litorali – ammette l’assessore -. Ma è per questo che abbiamo deciso di estendere il protocollo di legalità anche alle pratiche relative al demanio marittimo». Il protocollo prevede che vengano richieste le certificazioni antimafia pure per concessioni inferiori a 150mila euro. «Il censimento è già partito ed è a buon punto. Ci permetterà di revocare eventuali autorizzazioni in mano a persone vicine alla criminalità», assicura Croce. Che poi ricorda come anche in questo settore ci siano stati già casi giudiziari. «Penso alla vicenda di Cefalù, con l’arresto di un dirigente accusato di favorire un solo concessionario ostacolando gli altri, o a quanto accaduto a Furnari». 

Per il futuro, dunque, l’impegno è quello di rifarsi sempre a gare a evidenza pubblica. A chiederlo, negli scorsi mesi, è stato lo stesso governatore Rosario Crocetta con una presa di posizione decisamente più netta rispetto al recente passato. Era infatti il novembre 2012, quando il neo-governatore ricevette una relazione dall’allora dipartimento Aziende foreste demaniali in cui sottolineava l’esigenza di trasparenza nelle concessioni. Appello che però per oltre due anni – ovvero fino all’arrivo delle prime minacce ad Antoci e allo stesso Crocetta – cadde nel vuoto, con il presidente che non si pronunciò né tantomeno spinse affinché gli uffici cambiassero modalità di azione. 

Il discorso vale a maggior ragione per il demanio marittimo: nel settembre 2012 – poco prima dell’elezione di Crocetta a presidente della Regione – in una circolare a firma del dirigente Giovanni Arnone, a proposito della possibilità di concedere immobili di proprietà demaniale, si sottolineava la volontà dell’amministrazione di riservarsi «la prerogativa insindacabile di promuovere procedure a evidenza pubblica». Un proposito lodevole, più che un impegno inequivocabile.


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