Soppressioni delle sedi locali dei Tar Il legale: «L’ennesimo regalo alla mafia»

È difficile spiegare il concetto stesso di giustizia amministrativa ai non addetti ai lavori: è ancora più difficile, quindi, spiegare perché la soppressione delle sedi staccate dei Tar sia un gravissimo errore da parte del governo Renzi. Ma vale la pena provare.

A tutti noi capita, prima o dopo, di lamentarci della inefficienza della pubblica amministrazione; a tutti noi capita, prima o dopo, di sentire politici vecchi e nuovi (?) usare parole di fuoco contro il malcostume tutto italiano della corruzione. Inefficienza e corruzione hanno un tratto comune: si compiono attraverso attività amministrative illegittime. In Italia esiste un giudice dedicato a giudicare su tali attività illegittime, ed è il giudice amministrativo: i Tar, il Consiglio di Stato, il Consiglio di Giustizia Amministrativa in Sicilia. La storia della giurisdizione amministrativa è lunga, complessa e per molti versi affascinante: non è questo il luogo adatto per parlarne. Basti dire qui, tuttavia, che il processo amministrativo, rispetto a quello civile, è: molto più rapido e di conseguenza molto più efficace.

Purtroppo, l’accesso alla giurisdizione amministrativa è stato reso, nel tempo, sempre più costoso, per mezzo dell’odioso strumento fiscale del contributo unificato. Chi ci è passato lo sa: chiunque voglia proporre un ricorso al Tar deve pagare imposte di bollo per almeno 650 euro, che diventano 1.800 per certi giudizi (ad esempio quelli sulle espropriazioni: paradossalmente la vittima di un esproprio illegittimo deve pagare più della vittima di un illegittimo rigetto di un porto darmi ad uso sportivo) e addirittura seimila euro per altri (gli appalti di grande valore). Questa spesa va affrontata spesso più di una volta nel corso del singolo giudizio, perché se l’amministrazione adotta un atto prima della sentenza, quest’atto andrà impugnato e il contributo unificato andrà pagato ancora, e ancora, e ancora.

Quindici anni fa, le spese di bollo per un qualsiasi giudizio al Tar erano inferiori alle duecentomila lire. Di conseguenza, il contenzioso amministrativo è crollato verticalmente: e non certo perché la Pubblica amministrazione sia diventata più efficiente. Oggi il legislatore, a quanto pare, non ama che il cittadino onesto faccia valere i suoi diritti contro la Pa.

Perché dico il «cittadino onesto»? Perché il cittadino disonesto è quello che paga la mazzetta perché l’atto amministrativo sia illegittimo e sia a suo favore. Intendiamoci, la mazzetta si paga con strumenti sempre più fantasiosi e sempre meno tracciabili (l’assunzione del cognato, il regalo sottobanco, la prestazione sessuale, il viaggio in barca). Hai voglia a inasprire le pene sulla corruzione: se il sistema rende più economica la corruzione del giudizio al Tar, c’è poco da scoraggiarli, i criminali. Il perché è presto detto: con la Pubblica amministrazione si possono fare un sacco di soldi.

Bene, fin qui le patologie del sistema che sono già conosciute e quasi incancrenite. Oggi un giovane ed agguerrito presidente del Consiglio, dopo aver annunciato l’abolizione dei Tar tout court, passando dalle parole ai fatti, dispone per decreto legge la soppressione delle sezioni staccate. La ragione dichiarata, che in realtà è un alibi, è la spending review. Colleghi molto più autorevoli di me hanno spiegato perché la soppressione delle sedi staccate porterà più spese, e nessun risparmio. La ragione nascosta, è però evidente agli addetti ai lavori, è l’intenzione di distruggere il sistema di giustizia amministrativa così come lo si conosce.

Le conseguenze sono facili da prevedere: il contenzioso amministrativo calerà ancora. La Pubblica amministrazione, priva dello sprono del controllo giurisdizionale sulle sue scelte, sarà ancora meno efficiente. Le imprese oneste faranno più fatica. Le imprese disoneste avranno campo più libero. Guardiamoci in faccia e chiamiamo le cose col loro nome: i colpi continui alla giustizia amministrativa sono un regalo all’economia mafiosa. Un incentivo a truccare gli appalti, un incentivo a corrompere i funzionari pubblici.

Badate bene: l’asilo nido di mia figlia è una pubblica amministrazione, e i pasti che serve vanno sotto i vaglio dei Tar; le forniture ospedaliere, specie quelle piccole (aghi, prodotti consumabili, fili di sutura, pulizie, mense ecc.), vanno sotto il vaglio dei Tar; lasciamo perdere la manutenzione delle strade, delle scuole, tutta la materia urbanistica con le ripercussioni in tema di pericoli sismici e idrogeologici, i sistemi di smaltimento dei rifiuti, eccetera: se solo pensiamo al quotidiano, è evidente che il Governo (consapevolmente o meno è irrilevante) sta facendo l’ennesimo regalo alle mafie.

Mauro Di Pace

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